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Europarlamento: cambiare la legge Bossi-Fini

Europarlamento: cambiare la legge Bossi-Fini

Dopo Lampedusa Risoluzione di Strasburgo per il Consiglio europeo di oggi e domani: c'è il dovere di aiutare i migranti in difficoltà in mare. Allusione critica alla Bossi-Fini. L'Europarlamento invita alla solidarietà tra pesi Ue, ma suggerisce anche di rafforzare Frontex

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 24 ottobre 2013

 

Per il parlamento europeo, «Lampedusa, deve essere una svolta». A Strasburgo, la plenaria dell’europarlamento ha approvato ieri una risoluzione non legislativa che invita i capi di stato e di governo dei 28, che si riuniscono oggi e domani a Bruxelles, ad agire per evitare nuove tragedie. Per Strasburgo, devono essere fatti degli sforzi coordinati, ispirati dalla solidarietà e dalla responsabilità: per questo gli europarlamentari hanno ricordato che gli stati membri hanno il dovere giuridico di aiutare i migranti in difficoltà in mare. In sostanza, senza citarla, un riferimento alla legge italiana Bossi-Fini: è necessario che gli stati membri rispettino gli obblighi internazionali sui salvataggi in mare, per salvare vite in pericolo, mentre i paesi membri vengono invitati a modificare o a rivedere le leggi per garantire che nessuno venga punito per aver prestato aiuto in mare. Perché non si ripeta il dramma di Lampedusa, Strasburgo suggerisce di “adottare una strategia coordinata, fondata sulla solidarietà e sulla responsabilità attraverso strumenti comuni”. Andando contro le posizioni di molti stati europei, che frenano sulla solidarietà, l’europarlamento ricorda che la ripartizione dei richiedenti asilo nei 28 stati membri è “una delle forme più concrete di solidarietà e di condivisione delle responsabilità”. L’appello a salvare le vite in mare è rivolto anche ai paesi terzi, non comunitari. La strada indicata dagli eurodeputati è di arrivare ad accordi tra l’Ue e i paesi di transito, “una priorità per la Ue a breve scadenza”, abbinata ad aiuti – finanziari, umanitari e politici – ai paesi di origine dei migranti.

Nella risoluzione, l’Europarlamento sostiene le proposte della Commissione, che tramite la commissaria Cecilia Malmström aveva annunciato la volontà di mettere in opera un non meglio precisato piano di ricerca e salvataggio da Cipro alla Spagna. La Ue viene anche invitata ad organizzare, come ha proposto la Commissione, un gruppo di lavoro sui flussi migratori nel Mediterraneo, “come prima misura di un approccio più ambizioso”. Ma si sa già che i tempi saranno lunghi. Il Consiglio europeo dovrebbe decidere oggi semplicemente di rimandare le vere decisioni al vertice del giugno 2014. Per Hannes Swoboda, presidente del gruppo S&D, “rimandare il dibattito sull’immigrazione al 2014 è una vergogna”. Oggi, i 28 parleranno soprattutto di come rafforzare Frontex: l’Europarlamento suggerisce di creare un corpo di guardiacoste europeo, di aumentare i finanziamenti a Frontex e all’Ufficio europeo dell’asilo.

L’emergenza è affrontare la questione del traffico illegale e combattere le mafie che sfruttano i migranti, tramite Frontex, Eurosur (il nuovo dispositivo che entrerà in vigore il 1° dicembre) e anche con il ricorso a Europol per l’arresto dei trafficanti. Ma l’Europarlamento, un po’ in sordina, sottolinea un’ovvietà: “l’accesso lecito al territorio della Ue deve essere preferito all’accesso illecito, più pericoloso”, cioè bisogna preferire l’immigrazione legale a quella illegale, cosa che significa riaprire i canali di immigrazione, maggiore accoglienza per i rifugiati ma anche per i migranti economici. Ma su questo fronte nessun paese Ue, né del sud né del nord, ha l’intenzione di lavorare.

Oggi, i capi di stato e di governo dei 28 si troveranno sul tavolo del Consiglio a Bruxelles una proposta di sei paesi in prima linea in questo periodo per l’arrivo di migranti. Il testo è stato preparato da Italia, Malta e Grecia, e poi firmato anche da Francia, Spagna e Croazia. E’ un testo conciso, di una pagina, diviso in quattro punti, che mette in avanti protezione, prevenzione, solidarietà pratica e equa suddivisione delle responsabilità tra i 28, cioè nulla di diverso da quello che dice l’articolo 80 dei Trattati. Ma sembra che già sia troppo per i paesi più lontani dal problemi degli sbarchi. Alla fine, rischia di passare soprattutto la parte del testo che chiede specifiche misure per fermare il flusso illegale: rafforzamento di Frontex, lotta al traffico e al contrabbando, più efficienza nelle strategie di rimpatrio. Su quest’ultimo punto, anche la Francia si sta muovendo, dopo il polverone sollevato dal caso Leonarda. Il ministro degli interni, Manuel Valls, afferma di voler modificare la legge sull’asilo, per rendere più veloci i tempi della risposta dell’amministrazione: la famiglia di Leonarda, entrata clandestinamente in Francia nel 2009, aveva aspettato quasi 5 anni per ottenere le sentenze, giudiziarie e amministrative (tutte contrarie). Ma la lunga permanenza nel paese ha creato una situazione inestricabile, con la sovrapposizione di vari diritti, contraddittori tra loro.

Al quinto anno di crisi economica, l’opinione pubblica europea è a grande maggioranza ostile all’apertura verso nuova immigrazione. In Francia, per esempio, il segretario dell’Ump, Jean-François Copé, sull’onda del caso Leonarda ha annunciato che presenterà, entro la fine dell’anno, una proposta di legge per restringere lo jus soli. Da più di cent’anni, la Francia, riprendendo una norma della Rivoluzione del 1789 poi abolita da Napoleone, attribuisce automaticamente la nazionalità ad ogni bambino nato nel paese, anche se da entrambi i genitori stranieri (con più o meno velocità e semplicità, a seconda dei governi). Solo Pétain aveva abolito questo diritto. Ora Copé vorrebbe tornare alla legge del ’93, che imponeva un atto volontario, una richiesta specifica e formale all’amministrazione, per ottenere la nazionalità e che ne escludeva chi aveva avuto problemi con la giustizia.

 

 

 

 

 

 

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