Cultura

Europa, il suo destino nel corpo ribelle della principessa fenicia

Europa, il suo destino nel corpo ribelle della principessa feniciaMounira Al Sohl, «A Dance with her Myth», padiglione Libano, per la 60/a Biennale d’arte di Venezia (particolare installazione)

Geografie L'artista Mounira Al Sohl e la curatrice Nada Ghandour raccontano l'installazione «A Dance with her Myth», che rappresenta il padiglione libanese alla 60/a Biennale di Venezia. «L’idea che 'l’Occidente' provenga solo dalla cultura greco-romana è ancora molto radicata. Tuttavia, la storia dimostra che nulla nasce in modo isolato»

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 6 giugno 2024

La principessa fenicia Europa fu rapita da un toro bianco (alzatosi in volo), animale che mandò – o di cui addirittura prese le fattezze – Zeus, invaghitosi della fanciulla. Il dio protervo la conquistò con il dolo, facendola salire in groppa alla magnifica bestia, assai docile all’apparenza. Precipitati in mare e nuotando, finirono a Creta, dove – a seguito di stupro – nacquero tre figli, tra i quali Minosse.
Fin qui, quel che tramandala leggenda. Ma Mounira Al Solh, artista libanese chiamata a rappresentare il suo paese alla 60/a Mostra internazionale di Venezia, sfoderando una buona dose di ironia, ha deciso di cambiare il destino della sua principessa. «Il mio intento è stato quello di consegnare una possibilità di scelta: se Europa vuole baciare Zeus, lo farà e non per obbligo. Non è una vittima». Intrisa di fili concettuali che riportano ai rovesciamenti dei rapporti fra i generi, oltre che alla rete «globale» che interessò l’Europa ai suoi albori, l’installazione multimediale A Dance with her Myth è composta da disegni dipinti, sculture, ricami e video. Poeticamente, ri-narrano il mito in una nuova prospettiva allegorica, immergendolo negli umori del presente. A cura di Nada Ghandour e con la scenografia di Karim Bekdache (che non suddivide lo spazio, invitando a una immersione totale il pubblico), il padiglione allestito all’Arsenale per la Biennale è anche popolato da una teatralità a tratti comica, che intrattiene un dialogo aperto con gli archetipi.

Il mito scelto come focus della sua mostra è anche un racconto sulle origini e sugli spostamenti dei popoli tra Oriente e Occidente…
Mounira Al Solh: Il mio progetto si concentra sul mito d’Europa, che necessariamente porta con sé il tema delle migrazioni e delle relazioni tra popoli diversi. Al tempo dei Fenici ci fu un fitto confronto fra potenti imperi, che si influenzarono a vicenda. L’idea che «l’Occidente» provenga solo dalla cultura greco-romana è ancora molto radicata. È percepito separato dall’«Oriente». Tuttavia, la storia dimostra che nulla nasce in modo isolato. Se Roma e l’antica Grecia furono grandi civiltà, lo devono anche al fatto che avevano adottato l’alfabeto dell’altra sponda del Mediterraneo e grazie a ciò che avevano assimilato da altre civiltà come quelle dei Fenici, Cananei, Egizi, Assiri, Babilonesi, Mesopotamici… La storia dell’Europa dimostra che furono proprio quegli incontri – tra «Occidente» e «Oriente» – a imbastire interessanti trame. Nel padiglione del Libano, si vede chiaramente come tutte queste antiche culture si siano nutrite reciprocamente e come Europa, spesso raffigurata come una vittima femminile, orientalizzata da molti pittori, sia stata invece in grado di affermare la sua volontà. Il suo nome non ha finito per designare un intero continente? È la prova che le civiltà non sono mai state isolate e che la gerarchia tra civiltà e, quindi, tra culture e sessi è sempre una «costruzione artificiale». Cerco di recuperare questa storia plurale.

Al centro dell’installazione c’è una barca: cosa narra il suo viaggio?
Nada Ghandour: È parte della reinterpretazione del mito. Evoca il viaggio dei fratelli che cercarono Europa dopo il suo rapimento, ma soprattutto invita a un tragitto simbolico, quello dell’uguaglianza di genere non ancora raggiunta, come dimostra la struttura incompiuta dell’opera. Nel mondo contemporaneo questo divario persiste; ad esempio, riguarda salari e posizioni di responsabilità. Una situazione nel nostro paese aggravata dal fatto che le donne libanesi non possono trasmettere la nazionalità ai propri figli. La barca richiama alla mente anche il commercio che rese celebri i Fenici; inoltre, fu il mezzo di trasporto che servì ai libanesi per fuggire durante la guerra civile e che, ancora oggi, si rivela fondamentale per molti popoli nei loro tentativi di raggiungere l’Europa.
Mounira Al Solh: Allo stesso tempo, evoca la disparità sociale, a più livelli. Chi merita di sopravvivere e chi no? Indica le gerarchie tra i paesi europei, tra le persone che lì vivono e anche quelle che il Vecchio Continente mette in atto per controllare le relazioni con i territori extraeuropei… La barca è uno scrigno di storie di donne. Ad esempio, la madre d’Europa muore in esilio mentre è alla ricerca di sua figlia. Nel video vediamo come sia stata lei, e non il figlio Cadmo, a trasmettere l’alfabeto ai Greci. Non è una donna che capitola. Vorrei anche continuare con un secondo capitolo, aggiungendo la biografia di Elissa (Didone), la regina che colonizzò e creò Cartagine, allontanandosi dal fratello che aveva ucciso suo marito.

Il mito di Europa, nella sua lettura, permette di invertire i ruoli tra dominanti e dominati. Cosa ci dice sui rapporti di genere, oggi?
Mounira Al Solh: Il mio lavoro è disseminato di umorismo; senza umorismo, non possiamo cambiare né imparare nulla. È importante ascoltarci vicendevolmente e riformulare le nostre relazioni al fine di stabilire una meritata similarità tra i diversi sessi.

Il Libano, dopo una storia difficile, è ancora una volta al centro di una tragedia con il conflitto mediorientale. Che voce possono avere la cultura o l’arte in questa situazione?
Nada Ghandour: Stiamo attraversando un periodo tumultuoso, ma il padiglione vuole testimoniare la perseveranza, la speranza e la vitalità della scena artistica libanese. Siamo stati cullati dall’antichità e alcuni miti risalgono all’epoca dei Fenici. Compongono la storia, la cultura e il paesaggio del paese. A volte, se ne dimentica l’origine, ma i miti fenici entrarono a far parte del pantheon greco-romano in seguito alle guerre e alla dominazione di questa regione, prima con Alessandro Magno e poi con l’Impero Romano. Pertanto, è molto importante essere presenti per difendere la nostra storia attraverso l’energia prorompente dell’arte, che sa anche affrontare questioni attuali.
Mounira Al Solh: La guerra a Gaza, in Libano (e in tutto il territorio) ci impedisce di respirare. A Dance with her Myth è nato per alleviare tutte le atrocità che abbiamo vissuto in Libano. Da ottobre, è iniziato un nuovo episodio di dolore, un capitolo di terrore senza precedenti che ha dimostrato quanto sia diviso il nostro mondo, quanto non siamo umani. La cultura e l’arte sono il segno della resistenza. Senza, saremmo tutti dei morti viventi. Distruggere i segni vitali di una società significa ucciderla. Nel nostro caso, il padiglione del Libano è la prova che siamo qui. Perché, alla fine, i politici scompaiono, mentre l’arte resta e trasmette qualcosa.

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