Se i campioni di frutta contaminata da residui di pesticidi in Europa sono aumentati nell’ultimo decennio lo dobbiamo al fatto che a Bruxelles le regole le scrivono i giganti della chimica. A denunciarlo un rapporto pubblicato da PAN Europe (Pesticide Action Network) che ha analizzato 44.137 campioni di frutta coltivata nell’Ue testati dalle autorità pubbliche degli stati membri dal 2011 al 2020, attività di controllo che viene regolarmente eseguita sulla frutta posta in vendita nei negozi.

L’ANALISI HA RIGUARDATO una categoria di pesticidi che utilizzano 53 composti chimici denominati «candidati per la sostituzione», elegante locuzione per indicare una lista di sostanze note per gli effetti avversi che possono provocare su uomini, animali e ambiente: si tratta di composti che, per quanto approvati e considerati «sicuri» dalle autorità Ue, per legge gli stati membri sono tenuti a sostituire con alternative più sicure (chimiche o non) a partire dal 2011.

SECONDO PAN, LA SOSTITUZIONE non solo non è avvenuta, ma in particolare su mele, pere, prugne e uva le tracce di tali pesticidi sono in vistoso aumento. I campioni di mele su cui sono stati rinvenuti residui sono addirittura raddoppiati, dal 17% nel 2011 al 34% nel 2020. Non va meglio alle pere contaminate, passate dal 26% al 49%, né per le prugne (dal 21% al 26%) e nemmeno per l’uva (dal 31% al 46%) mentre i residui trovati nei lamponi sono risultati stabili (dal 23 al 25%).

I DATI SONO CONTENUTI NEL RAPPORTO dal titolo Pesticide Paradise o Il paradiso dei pesticidi: come l’industria e le autorità hanno protetto i pesticidi più tossici da una spinta politica per un’agricoltura sostenibile pubblicato in occasione del 60° anniversario dell’uscita di Primavera Silenziosa (Silent Spring) della biologa americana Rachel Carson, il libro che ha denunciato per la prima volta i rischi dell’uso massiccio dei pesticidi in agricoltura.

IL RAPPORTO SPIEGA PERCHE’ L’IMPIEGO di pesticidi peggiori sia aumentato invece che ridursi, nonostante due provvedimenti di legge varati dall’Ue nel 2009 finalizzati alla graduale eliminazione delle categorie di composti più tossici qualora fossero disponibili alternative più sicure e all’impiego di tecniche di utilizzo meno pericolose da parte degli agricoltori, i più esposti agli effetti nocivi di queste sostanze. Secondo l’analisi di PAN la ragione principale per cui l’eliminazione dei pesticidi è fallita non sta nella mancanza di alternative valide, come sostenuto da industria e dalla autorità, ma si spiega con il fatto che «i governi stanno seguendo linee guida scritte in stretta collaborazione con i giganti della chimica Basf, Du Pont (rinominata Corteva) e Syngenta». Invece di guidare alla sostituzione dei prodotti più tossici, tali indicazioni «incoraggiano l’autorizzazione di pesticidi ancora più tossici per il fatto che costituiscono la via migliore per combattere la resistenza dai pesticidi» si legge in Pesticide Paradise. Un circolo vizioso costruito ad arte dall’agri-business.

EPPURE “ESISTE UNA VASTA GAMMA di soluzioni non basate sulla chimica di sintesi che possono essere utilizzate come parte dei sistemi di lotta integrata per proteggere le piante – spiega Felix Wäckers, entomologo specialista dell’interazione tra piante e insetti dell’Università di Lancaster – Quando si considerano le alternative a un determinato pesticida, non vanno ristette solamente a classi di sostanze chimiche, ma si devono includere anche alternative non-chimiche».

«QUESTE LINEE GUIDA, SCRITTE da un’organizzazione denominata EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization), estranea all’Ue, con chiari legami all’industria, danno un’interpretazione errata del Regolamento Ue sui pesticidi nr 1107/2009 – si legge nel Paradiso dei pesticidi – Rispecchiano fedelmente la posizione dell’industria chimica che ha contribuito a scriverle, mantenendo in vendita sul mercato europeo i prodotti tossici. Mentre le autorità europee avrebbero dovuto non accettare queste linee guida, l’Ue le ha invece adottate come parte del suo corpus di soft law sui pesticidi. Tutti gli stati membri seguono le sue indicazioni ed evitano di operare le sostituzioni sulla base delle considerazioni agronomiche di EPPO».

VALE LA PENA SOFFERMARSI SU EPPO: nel suo gruppo di lavoro sulla resistenza ai prodotti fito-sanitari, che ha scritto gli standards contestati da PAN, figurano ben 4 rappresentanti dell’industria agri-chimica (2 sono di Syngenta e 2 di Du Pont), su un totale di 20 membri. Il conflitto di interessi è evidente, dal momento che sono proprio queste aziende a produrre pesticidi che contengono i candidati per la sostituzione. Qualche esempio, Syngenta produce, tra gli altri, i funghicidi Celest e Geoxe, a base del principio attivo Fludioxonil, che risulta il candidato per la sostituzione rinvenuto più di frequente sui campioni di frutta analizzati. DuPont (oggi Corteva) commercializza un nematocida a base di Oxamyl, classificato come «molto tossico per la vita acquatica, con effetti a lungo termine».

SECONDO I PARLAMENTARI EUROPEI Éric Andrieu (Socialists&Democrats), Anja Hazekamp (Left), Frédérique Ries (Renew Europe) e Thomas Waitz (Verdi/EFA), tra i più impegnati sul tema, «il fatto che l’industria dei pesticidi sia riuscita a cambiare a suo vantaggio la legge che abbiamo varato è scioccante e imbarazzante. Dopo che, per quattro anni, una larga maggioranza di parlamentari europei ha appoggiato le raccomandazioni di una commissione speciale sulle procedure di autorizzazioni dei pesticidi (PEST), non possiamo far finta di niente. Come ex membri di PEST, chiederemo spiegazioni alla Commissione e agli stati membri, a partire da ora. Queste linee guida compiacenti devono essere riscritte per promuovere la sostenibilità».

LA COMMISSIONE EUROPEA SAPEVA del fallimento della sostituzione dei pesticidi pericolosi dal 2018, ma non ha preso nessun provvedimento, denuncia PAN.