Europa

Europa amara per i rifugiati

Europa amara per i rifugiati/var/www/ilmanifesto/data/wordpress/wp content/uploads/2014/09/09/10soc1f01 asilo 917059

Richiedenti asilo La denuncia del Consiglio europeo sui rifugiati: chi non muore in mare, in alcuni Paesi è detenuto come un criminale. E le politiche di chiusura arricchiscono i trafficanti

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 10 settembre 2014

Le politiche europee sull’immigrazione mettono in pericolo le vite dei migranti e arricchiscono i trafficanti di uomini. Senza contare che troppo spesso l’Europa è tutt’altro che ospitale con quanti cercano rifugio e protezione tra i suoi confini. Sono i risultati raggiunti da una ricerca condotta dal Consiglio europeo sui rifugiati e gli esuli (Ecre) – intitolata «Mind the gap: una prospettiva delle Ong sulle sfide dell’accesso alla protezione del sistema comune di asilo» -, sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in 15 Paesi dell’Unione europea presi a campione. E i risultati non sono certo incoraggianti: uomini, donne e bambini in fuga dalle guerre vengono trattati come criminali dal alcuni governi, e per questo rinchiusi in strutture che nulla hanno da invidiare a delle prigioni . E chi non finisce ammanettato si ritrova «ospite» in centri di accoglienza che hanno davvero poco di umano. Senza contare le politiche nazionali che rendono sempre più difficile l’accesso nei vari Paesi. «Creare più ostacoli ai rifugiati per raggiungere l’Unione europea serve solo ai trafficanti», denuncia Michael Diedring, segretario generale dell’Ecre che ieri ha presentato a Bruxelles il rapporto. «E’ assurdo che i rifugiati siano costretti a pagare migliaia di euro per raggiungere l’Europa a causa delle politiche restrittive dei visti, di sanzioni e controlli ai confini che impediscono loro di viaggiare legalmente. Per quanto tempo ancora le politiche europee e la non-volontà di creare canali di accesso protetto e legale per i rifugiati obbligheranno le persone a mettere in pericolo le loro vite e arricchiranno i trafficanti?».
I quindici Paesi dell’Ue presi in esame dalla ricerca sono Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Francia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Malta, Olanda, Polonia, Svezia e Regno unito e presentano condizioni di accoglienza fortemente diverse tra loro. Ma prima di metterle a confronto, la ricerca ricorda come nel solo 2014 siano ben 2.000 le persone morte nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Italia. Un bilancio che avrebbe potuto essere molto più pesante se il precedente governo Letta non avesse varato, dopo la strage del 3 ottobre scorso a Lampedusa in cui morirono 360 migranti, l’operazione Mare nostrum che in poco più di dieci mesi ha permesso di salvare oltre 100.000 persone. «Dopo quella strage – ricorda la ricerca – i leader europei si sono affrettati a deplorare la perdita di vite e preso l’impegno solenne a fare in modo che stragi simili non si ripetessero più». Un anno dopo, però, nulla è cambiato. E l’Italia, ricorda il Consiglio europeo dei rifugiati, è rimasta sola nell’opera di soccorso delle decine di migliaia di persone in fuga.
Premessa obbligatoria. Fatta la quale, però, resta da capire cosa avviene per quanti ce la fanno ad arrivare vivi in Europa. Per loro, spiega la ricerca, le difficoltà non sono ancora finite. «In Ungheria il 26% di tutti i richiedenti asilo e quasi la metà (42%) degli uomini soli sono detenuti per lunghi periodi, e come loro anche i minori non accompagnati». Un trattamento messo in atto nonostante la legge lo vieti e che si ripete anche a Cipro, Malta, Grecia, e Bulgaria, Paesi nei quali a essere detenute sono intere famiglie. «A Cipro – spiega la ricerca – dove la detenzione riguarda un numero minore di persone, le condizioni sono simili a quelle di una vera e propria prigione: le persone sono detenute in celle sotto uno stretto sistema di sorveglianza, possono trascorrere in luoghi comuni solo poche ore al giorno e vengono ammanettate per trasferimenti all’interno o fuori dal centro».
Fortunatamente la situazione è diversa in Italia, anche se non mancano certo situazioni di difficoltà. Da noi chi richiede asilo è infatti libero di uscire dai centri di accoglienza e di muoversi sul tutto il territorio nazionale. Le difficoltà nascono dall’elevato numero di sbarchi registrato nel 2014. e dalla conseguente numero di richieste di asilo: 36 mila, numero che – spiega sempre la ricerca – è elevato se si pensa al numero totale di domande di asilo presentate lo scorso anno (27.930) ma notevolmente basso se si pensa che sono arrivate più di 106 mila persone., in maggioranza famiglie con bambini. Davanti a queste cifre, l’Italia ha fatto il possibile per trovare alloggi adeguati per tutti aumentando il numero dei posti letto o adibendo nuove strutture. «Tuttavia gli standard ricettivi non sono omogenei sul territorio e i centri di accoglienza sono al collasso», prosegue la ricerca. Una situazione particolarmente difficile al Sud, dove si concentra il maggior numero di richiedenti asilo.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento