Eurogruppo: prendere o lasciare
Riunione decisiva La lettera di Varoufakis fa molte concessioni ma irrita la Germania e gli ortodossi: fa riferimento all'accordo-quadro tra Grecia e Fesf, ma ignora il Memorandum. Lunedi' 16 è stato sfiorato lo scontro fisico da il ministro delle finanze greco e il presidente dell'Eurogruppo, Dijesselbloem. La Grecia è isolata, puo' contare solo sulla mediazione di Commissione, Italia e Francia. Ma, come Renzi, Valls ha fatto passare di forza la legge Macron, liberalizzazioni a vasto raggio come obolo a Bruxelles per evitare la "sanzione" a marzo.
Riunione decisiva La lettera di Varoufakis fa molte concessioni ma irrita la Germania e gli ortodossi: fa riferimento all'accordo-quadro tra Grecia e Fesf, ma ignora il Memorandum. Lunedi' 16 è stato sfiorato lo scontro fisico da il ministro delle finanze greco e il presidente dell'Eurogruppo, Dijesselbloem. La Grecia è isolata, puo' contare solo sulla mediazione di Commissione, Italia e Francia. Ma, come Renzi, Valls ha fatto passare di forza la legge Macron, liberalizzazioni a vasto raggio come obolo a Bruxelles per evitare la "sanzione" a marzo.
Gli schieramenti sono in posizione di battaglia, in vista dell’Eurogruppo “decisivo” di oggi. Sul tavolo dei partner della zona euro, c’è la lettera di Yanis Varoufakis, che accetta l’ “estensione” del piano, ma la presenta in una forma di ingegneria linguistica che ieri sera ancora aveva suscitato un chiaro “nein” del governo tedesco (anche se, qualche fissura è apparsa a Berlino, con Sigmar Gabriel, vice-cancelliere Spd, che afferma: “riprendiamo immediatamente la discussione con la Grecia”). Varoufakis cita il piano con l’acronimo inglese, Mfafa, accetta anche l’articolo 10-1, che ammette “controlli” da parte dei creditori, che ormai non si chiamano più “trojka” – parola invisa, non solo ai greci – ma “istituzioni” o “trio” (sono sempre Bce, Ue e Fmi). Per la Commissione è “un segnale positivo”, che “apre la strada al compromesso”. Lunedi’ 16, l’Eurogruppo straordinario è finito quasi con uno scontro fisico, tra l’imponente Varoufakis, ormai paragonato a Bruce Willis, e Joeren Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo (olandese, social-democratico), con Wolfgand Schäuble che schiumava nervosismo e che palesemente non vuole più ritrovarsi nella stessa stanza con il suo collega greco delle finanze. Il malinteso, su cui insiste l’ala rigorista del governo tedesco guidata da Schäuble, è che il Mfafa è l’accordo-quadro di assistenza finanziaria e che la Grecia vuole limitare l’impegno a questo aspetto, mentre la Germania e Bruxelles quando si riferiscono agli “impegni” presi da Atene pensano al Memorandum in tutti i suoi dettagli. La lettera di Varoufakis va comunque al di là del compromesso proposto dal commissario Pierre Moscovici lunedi’, testo poi sostituito con una presa di posizione più dura da Dijsselbloem, che ha esasperato Varoufakis e ha rischiato di finire in rissa, anche fisica, quando il ministro greco ha urlato un faccio all’olandese “bugiardo, bugiardo”, mostrando il pugno e sconvolgendo la prassi ovattata delle riunioni dei 19 ministri delle finanze della zona euro.
“Prendere o lasciare” ha fatto sapere il governo greco a Bruxelles alla vigilia dell’Eurogruppo dell’ultima chance. Per Varoufakis oggi “si vedrà chi vuole una soluzione e chi no”. La Germania arriva forte del suo schieramento dei rigoristi: al suo fianco schiera la Slovacchia, i Baltici, la Finlandia, l’Olanda, la Slovenia e Spagna, Portogallo e Irlanda, paesi che hanno subito la mano di ferro della trojka e i cui governi ora temono la rivolta degli elettori sul modello greco. Tsipras puo’ contare solo su uno sguardo non troppo arcigno della Commissione Juncker, che ha promesso all’insediamento nel novembre scorso di rilanciare l’economia (con il programma ancora fantasma dei 315 miliardi). Francia e Italia fanno la parte dei mediatori, ma Matteo Renzi con il Jobs Act e François Hollande con la legge Macron, hanno ormai piegato la testa, con l’obiettivo di evitare la “sanzione” Ue – cioè una multa salata – a marzo, per non rispetto degli impegni di riforma. Ieri, il primo ministro francese, Manuel Valls, ha affermato che “la Francia farà di tutto perché la Grecia resti nell’euro”. Lo ha detto di fronte a un’Assemblea infuocata, al momento del voto della “censura” al suo governo, presentata, senza speranze di vittoria, dalla destra Ump e Udi dopo che l’esecutivo aveva deciso di far passare con la forza, ricorrendo al 49-3 (una fiducia rovesciata), la legge Macron, che rischiava una bocciatura al parlamento. La legge Macron è un’accozzaglia di circa 300 articoli, che vanno dalla liberalizzazione del trasporto su autobus a delle piccole limitazioni per corporazioni potenti come quella dei notai, ma soprattutto legalizza il lavoro la domenica e riduce ancora il diritto del lavoro rendendo più facili i licenziamenti. La sinistra del Ps, la cosiddetta “fronda”, si sarebbe astenuta e alcuni avrebbero votato contro: la legge sarebbe passata con il voto del centro-destra, cosa che Valls ha voluto evitare. Al prezzo, pero’ di lasciare un campo di rovine a sinistra: Ps diviso, maggioranza inesistente, mentre alcuni del Front de gauche hanno accettato di votare la censura assieme non solo all’Ump di Sarkozy ma anche ai tre deputati del Fronte nazionale.
E’ con questi alleati pusillanimi che Varoufakis che oggi si presenta al verdetto dell’Eurogruppo, con importanti concessioni, come il mantenimento dell’equilibrio di bilancio, l’accettazione della “supervisione” delle “istituzioni” e la promessa di non prendere decisioni “unilaterali”. In Germania, il fronte intransigente ha la tentazione di schiacciare Atene con una sconfitta senza condizioni (a Berlino, come in Finlandia, Olanda e Austria, c’è il ricatto che anche l’ “estensione” di sei mesi del piano greco deve essere approvata dal parlamento e il voto è a rischio). Per l’Ifo (Istituto di congiuntura tedesco) e per l’agenzia di rating S&P un Grexit “dolce” (sostenuto anche da Valéry Giscard d’Estaing) sarebbe indolore per la Germania.
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