Eugenio Giani e il Pd trionfano in Toscana
Regionali 2020 Il successore di Enrico Rossi si afferma con un eloquente 49% e con un Pd che supera il 35% nel voto di lista, mentre l'Italia Viva di Matteo Renzi delude con il 4,5%. Susanna Ceccardi non va oltre il 40%, con la Lega ferma al 22%. M5s con il 7% dimezza i voti ma rientra in Consiglio regionale. Il "voto utile" schianta Toscana a Sinistra (2,9%) e anche la coalizione di Giani, che a parte Iv rischia di non avere rappresentanza nell'assemblea toscana.
Regionali 2020 Il successore di Enrico Rossi si afferma con un eloquente 49% e con un Pd che supera il 35% nel voto di lista, mentre l'Italia Viva di Matteo Renzi delude con il 4,5%. Susanna Ceccardi non va oltre il 40%, con la Lega ferma al 22%. M5s con il 7% dimezza i voti ma rientra in Consiglio regionale. Il "voto utile" schianta Toscana a Sinistra (2,9%) e anche la coalizione di Giani, che a parte Iv rischia di non avere rappresentanza nell'assemblea toscana.
Già alle sei del pomeriggio Eugenio Giani si affaccia sul retro di palazzo Strozzi Sacrati, sede dell’esecutivo regionale, da dove guiderà la Toscana per i prossimi cinque anni. Alla prova dei voti e non di alcuni sondaggi, che comunque sono serviti all’egemone Pd toscano per battere fino all’ultimo il tasto vincente del cosiddetto “voto utile”, il candidato dem e della renziana, assai deludente Italia Viva si afferma nettamente. Basta il 20% dei voti scrutinati per fotografare 7 punti di vantaggio sulla leghista Susanna Ceccardi. La prima proiezione di Tecnè, agenzia di rilevazione che ha sempre dato Giani avanti in sicurezza, registra Giani al 48,5% e Ceccardi al 39,8%. Anche fra le altre proiezioni, nessuna offre la benché minima chance alla pupilla di Matteo Salvini. Questo con un’affluenza, il 62,6%, superiore sia al 48,3% del 2015 quando si votava in solo giorno, che al 60,7% del 2010. Tutto lascia pensare che alla fine vada a finire come in Emilia Romagna, dove Stefano Bonaccini ha dato 8 punti alla leghista Borgonzoni. Alle nove di sera la proiezione finale Rai lo conferma: Giani 48,7% e Ceccardi 40,2%. Nel Pd, dove contavano un 44, massimo 45% (dai loro sondaggi), si fregano le mani.
All’ora dell’aperitivo un Giani raggiante si offre ai media nel quartier generale del Pd: “I toscani hanno votato per la Toscana, per la loro bellissima terra, e per i valori che le sono propri. Non ho mai avuto timori. Il vero sondaggio, che purtroppo molti commentatori nazionali hanno trascurato, è il ‘patto di San Gimignano’ che ho stretto con 186 sindaci su 273, assicurando loro, ma anche a tutti gli altri, che la Regione sarà vicina a ogni territorio, a ogni più piccolo borgo”.
Ora i ringraziamenti. Prima al Pd, che nell’autunno scorso, dopo una franca discussione interna in Toscana, lo aveva candidato ufficialmente all’unanimità, ottenendo un rapido via libera dal Nazareno: “Mi sono sentito supportato e aiutato dal mio partito e soprattutto dal suo segretario, Nicola Zingaretti, che mi è stato al fianco anche in questa campagna”. Poi l’amico Bonaccini, che ha contraccambiato a Giani la visita fatta a Bologna la sera delle elezioni emiliano romagnole. Infine alla coalizione: “ Alle sei liste che mi hanno sostenuto – chiude il neo presidente toscano – ai loro militanti che si sono dati da fare ovunque. Anche a loro va il mio sincero grazie”.
Sono parole, quelle di Giani, che sottintendono un “lavoro” politico già abbozzato per la composizione della prossima giunta. E che diventano ancor più importanti guardando ai, pur parziali, voti di lista. Infatti i numeri raccontano di un Pd macchina di consensi, in grado di arrivare al 35% complessivo con punte del 37,6% nella grande e popolosa provincia di Firenze e in quella di Prato. Poi 37,4% in quella di Siena, 35,7% in quella di Livorno, e 34,9% in quella di Pisa, lì dove la Lega si era illusa dopo la vittoria di Cascina nel 2016 e quella di Pisa nel 2018. “In Toscana il Pd va meglio dello scorso anno alle europee – chiosa la segretaria toscana Simona Bonafè – e allora con noi c’erano Leu e Iv”.
A fronte di questi gran risultati, fanno da contraltare le difficoltà delle liste collegate. In primis l’Italia Viva di Matteo Renzi, che mesi fa sognava la doppia cifra in Toscana, e invece si riduce ad un 4,5% che ridimensiona le sue chance di pesare parecchio in giunta. Quanto alle altre liste, sono sotto la soglia del 3% che garantisce la presenza in Consiglio regionale. E solo la “Sinistra civica ecologista”, che ha raccolto Mdp e parte di Sinistra italiana, cerca il fatidico 3%, ballando fino a notte sul filo dei voti.
Per Susanna Ceccardi, che aveva salutato il voto come di una “giornata storica”, la medaglietta del perdente e il biglietto già pronto per Bruxelles, dove tornerà a fare l’eurodeputata. “Ci ho creduto, i sondaggi ci davano molto più vicino”. Invece la trimurti a trazione leghista, che a metà scrutinio ha il 40,2%, (Lega al 22%, Fdi al 13,3% e Fi al 4,6%) dopo aver speso milioni, si deve consolare pensando che solo Altero Matteoli contro Claudio Martini superò il 40%. Negli anni del Berlusconi imperante.
In Consiglio regionale rientrerà, pur dimezzato, un M5s che ha preso il 7% lasciando sola in campagna elettorale la combattiva Irene Galletti: “Ha vinto la strategia della paura – commenta Galletti – polarizzando il voto su due compagini con programmi troppo simili”. Molto peggio è andata a Toscana a Sinistra, che nel voto di lista ha il 2,9% e che è stata cannibalizzata dal cosiddetto “voto utile”, almeno a vedere i sondaggi – del Pd – che a inizio settembre la davano sul 5-6%. Un colpo durissimo per la sinistra di alternativa, che pure con Tommaso Fattori aveva ben disegnato una Toscana attenta a una vera economia circolare, alla lotta alla precarietà, ad uno sviluppo in armonia con il territorio.
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