Eugene P. Wigner, il mistero dei numeri
SCAFFALE «L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali», per Adelphi
SCAFFALE «L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali», per Adelphi
Nella situazione del personaggio kafkiano fermato da un guardiano sul limite di un portone spalancato, l’assenza di mistero sembra la cosa incomprensibile. Se è inaccessibile, perché la porta rimane aperta, tanto che sporgendosi si può osservare quello che c’è oltre? A un certo punto, il personaggio è addirittura informato che soltanto lui poteva entrare. Troppo tardi però, dopo tanta attesa, ora che sta per morire e non può varcare la soglia, la porta viene richiusa.
Per non rimanere irretiti, come il personaggio di Kafka nel racconto Davanti alla legge, si potrebbe considerare ciò che è misterioso non come quello che dobbiamo demistificare, ma come un codice da utilizzare per accedere a realtà alle quali siamo esterni. Non è forse questo ciò che tutti facciamo quando digitiamo un pin?
TRATTIAMO L’ENIGMATICA sequenza alfanumerica non come qualcosa da decodificare, ma come un linguaggio che, seppur non comprendiamo, adoperiamo per accedere a ciò che ci sta davanti. Tuttavia, utilizzare qualcosa che non si comprende per far funzionare qualcos’altro implica un atto di fede, una sorta di immotivata legittimazione epistemologica, il cui mistero può rafforzarsi dall’ottenimento di risultati precisi, coerenti, invariabili. «Eppur funziona!», forse direbbe, un odierno pseudo-Galileo.
È uno scandalo o un miracolo che quello che non riusciamo adeguatamente a spiegare ci permetta una comprensione precisa dei fenomeni fisici, fino a legittimare la costruzione di teorie generali come quella quantistica o della relatività? È ciò che si chiedeva, riguardo la matematica, il fisico Eugene P. Wigner nella conferenza del 1959, L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali (a cura di Mauro Sellitto, Adelphi, pp. 63, euro 7). Paradossalmente Wigner riceverà il premio Nobel per la fisica nel 1963 per aver contribuito alla teoria dei nuclei atomici e delle particelle elementari, proprio attraverso la modellizzazione e applicazione dei principi matematici di simmetria e invarianza che però, in sé considerati, non sono sempre simmetrici e invariabili.
Ad esempio, né simmetrica né invariabile è la sequenza dei numeri primi, risultando perciò non preventivabile da modelli. All’eleganza delle ricorrenze, i numeri si possono anche «ribellare», come sostiene Zellini, alterando il ritmo della loro progressione con aritmie.
PER WIGNER l’irragionevolezza dell’efficacia della matematica sta nella sproporzione tra risultati ottenuti dalle sue modellizzazioni e la precaria forza che a volte queste in sé presentano. La questione della legittimazione dei modelli si complica ulteriormente se poi si mettono a confronto teorie fisiche internamente coerenti, ma fra loro per molti aspetti incompatibili, come per Wigner avviene tra teorie della relatività e quantistica. Ciò nonostante Wigner non esita a parlare di «miracolo» anche quando la matematica mette in grado la fisica di predire fenomeni che riceveranno soltanto dopo una verifica sperimentale. Un odierno esempio di quella che è stata una predizione teorico-matematica, miracolosamente provata, sono le onde gravitazionali.
Nelle battute finali della conferenza, Wigner auspica che, nonostante i suoi aspetti enigmatici, il miracoloso «dono del linguaggio della matematica» continui a funzionare e non ci fermi sconfortati sulla soglia della possibilità di decifrare la realtà. Tuttavia, gettando uno sguardo su tempi più vicini a noi, si ha l’impressione che l’auspicio di Wigner per una matematica operativa sia andato ben oltre le sue aspettative. Il mistero dell’analogia fra modellizzazione e dato, in Wigner ancora in grado di interrogare e suscitare stupore, appare oggi per lo più rimosso, al fine di rendere più efficace e meno problematica l’applicazione dei modelli – è significativo che questi siano quasi sempre algoritmi. In relazione a ciò, la rilevanza non solo scientifica, ma anche politica dello scritto di Wigner continua a essere direttamente proporzionale alla sua inattualità, in un’epoca dove l’unica ammissibile epistemologia pare quella di un inutile epifenomeno senza meraviglia sepolto nella produzione di dati. Un’epoca che anche a causa di ciò, forse ha più che mai bisogno, oltre che della riflessione di Wigner, anche di Kafka.
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