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Etruria al setaccio dei pm

Etruria al setaccio dei pmLa sede centrale della Bpel

Banche Sulla base delle ispezioni di Bankitalia, e degli esposti degli obbligazionisti tramite Adusbef e Federconsumatori, un pool di quattro magistrati lavora sull'ipotesi di truffa, e il procuratore capo Rossi coordina i finanzieri su altri tre, quattro fronti.

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 23 dicembre 2015

Il lavoro non manca alla procura di Arezzo, impegnata su quattro, cinque fronti tutti legati alla discesa e caduta della Banca popolare dell’Etruria e del Lazio. Il procuratore capo Roberto Rossi non appare preoccupato dall’audizione che lunedì prossimo lo vedrà davanti alla prima commissione del Csm, con all’ordine del giorno la verifica di eventuali profili di incompatibilità tra il suo incarico di consulente del governo per il Dipartimento affari giuridici e legislativi, e il suo ruolo di magistrato requirente nelle inchieste sul dissesto della Bpel. “L’incarico era legittimo – ha ribadito anche ieri il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini – solo di recente il procuratore Rossi poteva porsi il problema della compatibilità. Ora è tutto da verificare se vi sia stata incompatibilità”.
Intanto si va avanti. Di fronte alle denunce presentate da un migliaio di correntisti, tramite Adusbef e Federconsumatori, per la vendita delle obbligazioni subordinate, Rossi indaga per truffa e ha organizzato un pool di quattro magistrati, che con la Guardia di finanza avranno il compito di esaminare tutte le documentazioni presentate in allegato alle denunce. Un lavoro faticoso, che in teoria potrebbe portare ad allargare il raggio di azione delle indagini a tutte le filiali della Bpel che hanno “piazzato” alla clientela i titoli a rischio, remunerati all’epoca (fra l’estate e l’autunno 2013) dal 3,5% al 5%.
Per fortuna degli uffici giudiziari aretini, già oberati, l’inchiesta più intrigante sui presunti mancati controlli di Bankitalia e Consob è già alla procura di Roma, impegnata anche sulle presunte speculazioni sui titoli di Bpel, e di altre banche popolari, fino alla vigilia del decreto “salvabanche” del 22 gennaio scorso che ha abbattuto il valore delle azioni di Bpel, CariFerrara, CariChieti e Banca Marche.
Nelle mani di Rossi e dei finanzieri restano però i verbali delle ripetute ispezioni fatte dagli ispettori di Bankitalia negli ultimi anni. Compresa quella del 2014 che ha portato al commissariamento della Bpel, ispezione sulla quale si attendono le nuove sanzioni di palazzo Koch agli ultimi amministratori della banca, e che tratteggia comunque uno scenario disarmante: in uno dei verbali si definisce il cda, quello presieduto da Lorenzo Rosi con Pierluigi Boschi vice, “inadeguato, composto da persone che non sanno di tecnica bancaria”.
Niente di nuovo sotto il sole peraltro, visto che già nel 2013 gli ispettori segnalavano che il precedente cda accettava “in modo acritico” le decisioni del dg Luca Bronchi, sotto inchiesta per ostacolo alla vigilanza insieme all’ex presidente Giuseppe Fornasari e al dirigente David Canestri. Un triumvirato cui si deve, ad esempio, il riacquisto da parte di Banca Etruria nell’ottobre 2013 degli immobili in cui avevano sede la controllata Banca Federico Del Vecchio e due filiali, per 29 milioni di euro. Gli immobili erano stati ceduti nel 2010, e nell’operazione il cda sostiene di aver guadagnato 3 milioni. Ma la dirigenza, replicano gli ispettori, omise di segnalare consulenze per 625mila euro; non furono approfondite le ricadute sulla liquidità della banca; e Bpel rinunciò a un milione di deposito cauzionale.
Anche nel 2014 gli ispettori rilevano che si era creato una sorta di direttorio “poco trasparente” con Lorenzo Rosi e i suoi vice, Alfredo Berni e Pierluigi Boschi. All’intero cda comunque vanno ascritte l’opaca operazione immobiliare “Palazzo della Fonte”, e la decisione di lasciare cadere l’opa lanciata dalla Banca popolare di Vicenza. Decisione in contrasto con il monito di Bankitalia, che aveva chiesto una fusione per togliere Banca Etruria dalle sabbie mobili.
Curiosità finale. Nonostante i guai con la giustizia, Lorenzo Rosi continua a darsi da fare: i due consiglieri fiorentini Tommaso Grassi (Sinistra) e Francesco Torselli (Fdi) raccontano che l’ex Teatro Comunale nella cui area sono previsti palazzi di lusso, non è stato venduto dalla Cassa depositi e prestiti a Nikila Invest srl, ma la Cdp ha autorizzato la controllata di Nikila, Corso Italia srl, a presentare i progetti al comune. E Rosi di Corso Italia srl è l’amministratore.

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