Visioni

Estranei, i contorni incerti dell’amore e della ricerca di sé

Estranei, i contorni incerti dell’amore e della ricerca di séAndrew Scott e Paul Mescal in Estranei di Andrew Haigh

Al cinema Il nuovo film di Andrew Haigh, in sala, un melodramma sospeso tra realtà, sogno, alchimie sensuali, memoria. Protagonisti Andrew Scott e Paul Mescal

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 3 marzo 2024

Tra un lussuoso appartamento in un grattacielo londinese con ampie finestre con vista e il villaggio di campagna d’infanzia. Tra la sua vita attuale, di sceneggiatore quarantenne per cinema e televisione e giornate trascorse in solitudine e senza troppa ispirazione, e le memorie che riaffiorano da una scatola di ricordi e dicono di un’infanzia traumatizzata dalla morte dei genitori in un incidente d’auto quando aveva dodici anni. Tra un nuovo incontro con un vicino di casa sconosciuto, Harry, che sfocerà in un’intensa e romantica storia d’amore, e gli incontri «impossibili» con i genitori scomparsi che ritrova nella loro casa di campagna e che gli si ripresentano giovani, all’età che avevano prima di morire, e con i quali avvia un dialogo mettendoli al corrente della sua storia che loro non hanno potuto conoscere. Tra la metropoli e quel piccolo paese da raggiungere in treno, avanti e indietro più volte, cominciando un viaggio nello spazio e nel tempo del quale non può fare a meno. In questo doppio livello, inizialmente separato e poi sempre più intrecciato (anche dall’uso delle dissolvenze incrociate, segno grafico rilevante ma mai abusato), si muovono le giornate di Adam, protagonista di Estranei (All of Us Strangers), quinto lungometraggio di Andrew Haigh che conferma il valore del cineasta inglese già espresso in Weekend (2011) e 45 anni (2015).

Estranei è un testo ad alto tasso di melodramma, seppure contenuto, con una gamma di emozioni che lo sguardo di Haigh tiene compatta costruendo scene avvolgenti per movimenti di macchina da presa e densità cromatiche calde, notturne, sensuali (con la complicità del direttore della fotografia, il sudafricano-britannico Jamie D. Ramsay), stando accanto ai corpi di attori magnifici (Adam è interpretato superbamente dall’irlandese Andrew Scott cui fa da sensibile e al tempo inquietante e tormentata «spalla», nel ruolo di Harry, Paul Mescal, anch’egli irlandese e uno dei nomi più richiesti dal cinema d’oggi, mentre al padre e alla madre di Adam danno coerenza Jamie Bell e Claire Foy) che interagiscono fluidamente tanto nelle alchimie fisiche quanto nel sostenere lunghi e profondi dialoghi attraverso i quali riemergono stati d’animo e cose non dette, o non potute dire, del passato e del presente.

L’ELEMENTO soprannaturale si inscrive «naturalmente» nel realismo, non c’è separazione tra realtà e sogno (si pensi anche agli incubi cui è soggetto Adam), tra qui e altrove, ovvero aldiqua e aldilà, vita terrena e ultraterrena. Adam attraversa le due dimensioni senza discontinuità rendendo, lentamente, partecipe Harry di quel che gli sta accadendo nel momento in cui la loro storia d’amore cresce, si fa intima condivisione di spazi, vita in comune, serate in club lgbtq (ma in un dialogo tra i due amanti Adam differenzia tra essere queer e essere gay, riconoscendosi in quest’ultima appartenenza), gesti quotidiani da compiere insieme. I confini si sfagliano, le pareti svaniscono, l’adesso e il prima si alternano o, meglio, sovrappongono. E tutte le scene con Adam e i genitori (dove si trattano tanti temi, dal bullismo che Adam subì da bambino di fronte al silenzio del padre alla spiegazione a padre e madre che ora essere gay è diverso da trent’anni fa, ci si può sposare e avere figli), in un crescendo di atmosfere «spielberghiane» (Always – Per sempre), sembrano – alla luce dell’epilogo – come un «prologo» espanso a quanto Adam dovrà fronteggiare tornato a casa dopo l’ultimo incontro con loro (perché bisogna separarsi per stare ancora insieme).

SI TRATTERÀ di «rinnovare» quell’esperienza al cospetto di una nuova perdita. Di rendere, ancora una volta, credibile l’incredibile, viva la presenza di qualcuno che non c’è più, trattenerlo ancora un po’, magari sulle note e le parole di The Power of Love dei Frankie Goes to Hollywood (che per la terza volta sono convocati nel film, le due precedenti in un video della stessa canzone che in una delle prime scene Adam guarda da solo per poi farlo con Harry). Corpi e fantasmi il cui amore non ha fine e che si diffonde nel firmamento, loro due un’unica stella tra tante altre.

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