Esposto Fiat contro il picchetto
Pomigliano d'Arco L’azienda ricorre alla Procura. Lo Slai Cobas: manifestare non è vietato
Pomigliano d'Arco L’azienda ricorre alla Procura. Lo Slai Cobas: manifestare non è vietato
La protesta ai cancelli dello stabilimento di Pomigliano d’Arco indetta per stamattina dà molto fastidio al Lingotto, che dopo giorni di comunicati stampa sempre più duri ieri ha giocato la carta della denuncia. Fiat Group Automobiles ha presentato un esposto alla Procura di Nola, oggetto quello che l’azienda definisce dichiarazioni minacciose e promesse di sabotaggio in occasione del primo dei due sabati lavorativi con recupero, previsti per oggi e il 22 giugno, frutto dell’accordo siglato il 23 maggio scorso con le Rsa. La manifestazione, scrive la Fiat, «è stata promossa con lo scopo di impedire, attraverso un’attività di picchettaggio davanti agli ingressi dell’impianto, l’entrata dei lavoratori». Il blocco, se attuato, provocherebbe gravi danni patrimoniali (che è poi il motivo per cui si fa sciopero). Infine, «l’azienda auspica che le autorità competenti, che in questi anni con rigoroso zelo si sono occupate delle modalità con le quali è stato realizzato l’investimento, assicurino le condizioni per il regolare sviluppo del lavoro». Un invito neanche tanto velato a tenere pronti i manganelli contro gli operai, come successo recentemente a Terni.
«Non mi risulta che i presidi e le manifestazioni sindacali siano vietati dalla legge, né tantomeno c’è una legislazione che vieta gli scioperi» è il commento di Vittorio Granillo, del coordinamento nazionale dello Slai Cobas. La protesta è cominciata ieri notte dalle 22: con i lavoratori in cig il sindacato di base, la Fiom e il Comitato di lotta cassaintegrati. Oggi dovrebbero arrivare politici e parlamentari di Sel, M5S, Azione Civile, qualche rappresentante del Pd locale; collettivi e realtà di movimento; gli artisti vicini alla lotta di Pomigliano come E’ Zezi, Daniele Sepe, James Senese. Ci sarà anche il parroco don Peppino Gambardella, il vescovo di Nola Beniamino Depalma e il responsabile dell’ufficio Problemi sociali e lavoro della Curia, don Aniello Tortora: «Come Chiesa condividiamo la loro lotta – ha detto don Aniello – perché la Fiat, invece di dare un po’ di lavoro in più a chi già ce l’ha, dovrebbe richiamare chi è da tanto tempo in cassa integrazione».
«La questura ci ha fatto sapere che non sarà una passeggiata, il clima è questo – spiega Aniello Niglio, operaio in cig – Niente automobili di traverso, non possiamo bruciare i copertoni, anche cose che di solito fanno parte di questo tipo di manifestazioni possono innescare una carica della polizia». Il presidio dovrebbe servire a riconnettere la rabbia di chi sta dentro con quella di chi sta fuori dalla produzione. Di chi rinuncia a due sabati di riposo in cambio di due giorni di ferie, lo straordinario non è retribuito. Di chi non lavora dal 2010 (oltre duemila persone) e neppure può sperare di farlo con un picco produttivo, per quanto generato esclusivamente dalle richieste del mercato dell’autonoleggio.
«Chiediamo i contratti di solidarietà – spiega la Fiom – per permettere il rientro di tutti i lavoratori in fabbrica e nuovi modelli che possano rilanciare l’automotive in Campania». Quello che Sergio Marchionne non racconta è che un modello ha una vita media di sei, sette anni con i picchi maggiori nella prima fase. La nuova Panda ha già tre anni di vita e non è riuscita ad assorbire meno della metà degli operai, che una volta producevano due modelli Alfa. «Chi lavora sulle linee viene spremuto come un limone – conclude Niglio – senza avere certezze sul futuro perché con la sola utilitaria non si va molto avanti. La Fiat giovedì ha detto che tra quattro anni forse arriverà la piena occupazione, per ora investe in Brasile, Serbia, Turchia mentre a Pomigliano e Mirafiori non resta quasi niente».
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