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Esplode la rabbia degli schiavi del tessile

Esplode la rabbia degli schiavi del tessileTumulti a Dacca, gli operai del settore tessile chiedono giustizia – Reuters

Bangladesh Si continuano a estrarre vittime e sopravvissuti dalle macerie dell'edificio che ospitava una miriade di aziende al servizio dei grandi marchi occidentali dell'abbigliamento. La conta dei morti oltre quota 300. Alla vigilia del crollo le autorità avevano ordinato l'evacuazione, ma i dirigenti hanno ordinato agli operai di presentarsi al lavoro

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 27 aprile 2013

È salito ieri a 304 morti e mille feriti il bilancio del crollo a Dacca del Rana Plaza, un edificio di otto piani che ospitava diverse fabbriche di vestiti. Si teme siano ancora centinaia i corpi sotto le macerie e le persone intrappolate. Ieri in cinquanta sono stati individuati ancora vivi in quel che resta del terzo piano: i soccorritori hanno scavato un tunnel per trarli in salvo.

Nelle strade della capitale, intanto, sono continuate le proteste, anche violente: migliaia di operai tessili sono scesi in piazza per chiedere che vengano puniti i responsabili (alla vigilia del crollo le autorità avevano ordinato l’evacuazione dell’edificio, sulle cui pareti erano visibili ampie crepe, ma il giorno dopo le fabbriche avevano ordinato agli operai di presentarsi al lavoro). Ci sono stati scontri con la polizia – che ha sparato lacrimogeni e proiettili di gomma -, auto devastate e assalti a diverse fabbriche del settore, che sono state costrette a chiudere. Bloccata anche l’autostrada a nord di Dacca. Due aziende sono state date alle fiamme a Gazipur, vicino al polo industriale di Savar dove è avvenuta la tragedia. Tra i manifestanti si registrano feriti e arresti.

[do action=”citazione”]Human Rights Watch denuncia la mancanza di controlli da parte del governo e l’assenza di sindacati che fa sì che tragedie di questo genere si ripetano[/do]

Intanto al Rana Plaza da mercoledì sono state tratte in salvo più di 2.300 persone. In larga maggioranza, come le vittime, si tratta di operaie e operai, spesso minorenni, costretti a turni massacranti per circa 28 euro al mese. Le fabbriche low-cost ospitate nel palazzo producevano anche per noti marchi americani ed europei (tra le italiane è stato fatto il nome di Benetton, ma l’azienda smentisce).

Secondo Terre des Hommes Italia, che dal 1996 lavora in Bangladesh contro gli abusi sui bambini, la tragedia riporta drammaticamente all`attenzione del mondo la piaga del lavoro minorile. Human Rights Watch denuncia la mancanza di controlli da parte del governo e l’assenza di sindacati che fa sì che tragedie di questo genere si ripetano.

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