A Marino Magliani, entrato in dozzina all’ultimo Strega con Il cannocchiale del tenente Dumont (L’orma 2021), piace chiamare «regale marginalità» una certa scrittura in cui riconosce modelli e affini. In compenso la sua prosa ha un che, si sarebbe detto un tempo, di universale. Chi ha letto il romanzo in questione ha potuto conoscere cosa significhi impiantare una storia sulla condizione randagia, in questo caso incarnata da tre disertori dell’esercito napoleonico sfuggiti alla battaglia di Marengo e braccati dalla polizia segreta, per poi osarvi una scrittura del paesaggio fra il terragno e il visionario, materiale e assoluta al contempo. Ecco,...