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Esercito Israele sgombera Ein Hijleh, decine i feriti

Esercito Israele sgombera Ein Hijleh, decine i feritiUn palestinese piange sulle macerie della sua abitazione demolita dalle ruspe israeliane – Afp - Ahmad Gharabli

Valle del Giordano Raid dei soldati contro il villaggio "rioccupato" dai palestinesi una settimana fa. La lotta dei comitati popolari non si ferma. Nasce un nuovo accampamento ad al Joula. Il dramma delle demolizioni delle case denunciato dalla Croce Rossa

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 8 febbraio 2014
Michele GiorgioGERUSALEMME

«La prossima volta saremo ancora più forti». Il tweet di Diana Azeer è, allo stesso tempo, un incoraggiamento e un ammonimento. Ein Hijleh è stato sgomberato nella notte tra giovedì e venerdì da ingenti forze militari israeliane. Eppure la giovane palestinese, che della rinascita di questo villaggio abbandonato nella Valle del Giordano è stata una protagonista, avverte che i comitati popolari non rinunceranno alla loro lotta. Incuranti dei raid dell’esercito israeliano. Parole che diventano un annuncio quando nel corso della giornata di ieri altre decine di palestinesi, accompagnati da diversi attivisti internazionali, fanno sapere di aver dato vita a un altro villaggio di tende, al Joula, vicino Jiftlik, sempre nella Valle del Giordano. L’intento è ancora quello di riaffermare il diritto dei palestinesi sulla loro terra e di ripopolare la Valle del Giordano, porzione strategica della Cisgiordania occupata, soggetta a una intensa colonizzazione israeliana, che il governo Netanyahu non intende restituire alla piena sovranità palestinese. Al Joula è stato simbolicamente eretto vicino al “cimitero dei numeri”, così come è noto il luogo dove sono sepolti diversi palestinesi morti in azioni armate e attentati, identificati solo con un numero delle autorità israeliane.

Anche lo sgombero di Ein Hijleh è stato “simbolico”. L’esercito è intervenuto con forza nel momento in cui i palestinesi si preparavano a consolidare l’azione compiuta, a un settimana esatta dal “rientro” nel villaggio abbandonato. Per giorni si erano dati da fare ripulendo tutta la zona. Avevano riparato, almeno in parte, alcune abitazioni. Allestito una mensa, un luogo di dibattito, e una sorta di “sala” per proiezioni di film. Più di tutto Ein Hijleh era diventato il riferimento per tutto l’attivismo palestinese in Cisgiordania ed era stato visitato da diverse personalità palestinesi, come il deputato Mustafa Barghouti, da sempre vicino ai comitati popolari. «Il raid israeliano è scattato intorno all’una e trenta – racconta Luca Magno, un fotoreporter italiano –, i presenti si eravano preparati allo sgombero già qualche ora prima perchè la presenza dei militari si era fatta imponente e la strada statale era stata chiusa su ordine militare». Al momento dell’incursione, a Ein Hijleh erano presenti centinaia di palestinesi arrivati nel pomeriggio di giovedì con gli autobus da Nabi Saleh e altri villaggi teatro il venerdì delle proteste contro il Muro costruito in Cisgiordania. A Ein Hijleh ieri era prevista una sorta di manifestazione “nazionale” di tutte le realtà popolari impegnate contro l’occupazione e la barriera israeliana. «I militari sono intervenuti subito con forza – prosegue Luca Magno – hanno lanciato numerose granate assordanti per dividerci, poi hanno cominciato a spingere fuori chi era nel villaggio. Non pochi sono caduti sui falò accesi rischiando ustioni gravi. Poi ci hanno caricato sugli autobus e portato all’ingresso di Gerico, dove siamo stati liberati». Si parla di un bilancio di feriti tra 35 e 41 (video https://www.facebook.com/photo.php?v=10202374467595724).

Ein Hiljeh è stato sgomberato e i militari ieri hanno distrutto tutto ciò che vi era stato ricostruito. La Valle del Giordano resta al centro dei riflettori e non può passare inosservata la protesta della Croce Rossa internazionale che giovedì ha annunciato la sospensione della consegna di tende per i palestinesi divenuti sfollati per le demolizioni di case e le confische di terre da parte delle autorità israeliane. Un portavoce ha spiegato che nelle ultime 16 missioni della Croce Rossa, le autorità israeliane sono intervenute sei volte per “prevenire” la distribuzione di aiuti, colpendo 200 persone in difficoltà. Secondo i dati del centro per i diritti umani B’Tselem, a gennaio sono state distrutte 27 case e 147 civili palestinesi, tra cui 63 bambini e ragazzi, sono rimasti senza casa. Nel 2013 sono state distrutte 124 case, spesso di beduini. E’ una strategia, denunciano i palestinesi, che mira a svuotare il territorio dei residenti indigeni per semplificare l’annessione a Israele della Valle del Giordano.

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