Nel 1896 usciva a stampa l’edizione critica del De vulgari eloquentia curata dal sommo filologo Pio Rajna. Ernesto Giacomo Parodi, giovane burbero e talentuoso piovuto da Genova a Firenze a fine anni Ottanta e tra i pochissimi a poter guardare Rajna negli occhi, sentenziò che in quel libro «il metodo lachmanniano, squisitamente logico per sua natura, ebbe una delle sue applicazioni più perfette e, sicuro, più originali». L’approdo del metodo filologico in Italia – è sempre Parodi a guidarci tra le pagine della sua godibile raccolta Il dare e l’avere fra pedanti e geniali (1923) – si colloca nella seconda...