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Ernesto Assante, la vitalità della musica

Ernesto AssanteErnesto Assante

Lutti Se ne è andato a 66 anni uno dei nomi più noti della critica musicale pop e rock nel nostro paese

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 28 febbraio 2024

Ernesto Assante se ne è andato lunedì, a 66 anni in seguito a un ictus; è stato tra i nomi di riferimento del giornalismo/della critica musicale pop e rock nel nostro paese, in particolare dalle pagine di Repubblica; aveva cominciato scrivendo sul manifesto; chi fa questo mestiere – come avviene più o meno in tutti i mestieri – uno come Ernesto in un modo o nell’altro lo aveva incrociato; perché era una macchina sempre accesa, inarrestabile, vitalissima, ti raccontava che stava facendo l’autore o il conduttore per quel programma tv o quel programma radio, poi le lezioni all’università, poi i tour con il collega Gino Castaldo sulla storia del rock, poi i viaggi organizzati a Liverpool per i fan dei Beatles e le canzoni del quartetto suonate dal vivo con una band e lui che le raccontava, e infine l’Enciclopedia della musica contemporanea per la Treccani, l’ultimo, grande impegno, una roba immane se uno ci pensa e per di più solo cartacea; per quest’ultimo lavoro aveva coinvolto di recente tanti colleghi, incluso chi scrive, assegnando le singole voci, parlando con ognuno, ascoltando; Ernesto sapeva ascoltare e questo è un pregio enorme, soprattutto se c’era di mezzo una collaborazione e come hanno ricordato in tanti in queste ore, era sempre affabile, misurato; aveva mescolato critica e cronaca pop intervistando indifferentemente Roby Facchinetti e Patti Smith, Lou Reed e Angelina Mango, intrecciando stili e livelli, e non a caso alla notizia della morte sono stati tanti i messaggi di cordoglio arrivati da Subsonica, Ligabue, Raf, Francesca Michielin, Pelù o Cremonini; nei nostri incontri due cose uscivano sempre e da anni ci ridevamo sopra: Pretty Vacant, il singolo dei Sex Pistols che in qualsiasi classifica anche lui metteva al primo posto, e questo qualcosa vuol dire, e il giorno in cui ricevette la prima telefonata da Repubblica a fine anni Settanta quando ancora scriveva per il manifesto; gli spiegavano che avevano bisogno di un critico musicale, lui aveva declinato l’offerta e riattaccato, stava bene come stava; ricordava che poi era uscito, aveva chiuso la porta di casa e un secondo dopo, all’improvviso, un lampo; ci aveva ripensato, hai visto mai, era tornato indietro e li aveva richiamati dicendo che se ne poteva parlare: la considerava una delle sue più belle intuizioni; me lo sarò fatto raccontare mille volte; nel suo curriculum sterminato c’è un evento che non ho mai dimenticato, quello che aveva organizzato nell’83 al Teatro Tenda di Roma: Progetto Germania; in quell’occasione la nuova scena gotico rumorista tedesca era sbarcata per la prima volta nella capitale, in particolare le Xmal Deutschland e gli Einstürzende Neubauten. Che momenti. Tra le varie curatele, una (con Enzo Capua) ha lasciato sicuramente il segno: la collana “La vera storia del rock” uscita nell’81 da Savelli, tanti volumi ognuno dedicato a un genere con contributi di Alessandro Portelli, Giovanna Marini e tanti altri, ancora li sfoglio e continuo a sorprendermi.

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