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Ermal Meta e «Il dolore dei migranti»

Ermal Meta e «Il dolore dei migranti»Ermal Meta sul palco dell'Ariston – foto La Presse

Sanremo 67 L'artista di origini albanesi ha vinto la serata delle cover grazie alla intensa interpretazione di «Amara terra mia» portata al successo da Domenico Modugno nel 1971. «La mia intenzione era quella di esprimere la vicinanza con chi è costretto ad abbandonare il proprio paese»

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 11 febbraio 2017

«Ho sentito l’urgenza di cantare questa canzone. Una necessità sociale, e dunque politica, visto che la politica non dovrebbe fare altro che riflettere il grido della società, anche se molto spesso non è così». Parole di Ermal Meta, a poche ore dalla vittoria nella serata delle cover con una bella versione di Amara terra mia, un brano che secondo l’artista di origini albanesi: «Porta con sé, da quando è stata scritta, un canto di dolore che ancora non si è spento». Il pezzo infatti, riadattato da un’antica ballata abruzzese (e con le liriche scritte da una giovanissima Enrica Bonaccorti…), è uno dei brani più struggenti di Domenico Modugno e a torto uno dei meno celebrati (nonostante una folgorante «apparizione» in discoteca in una scena de Il mondo sul filo di R.W. Fassbinder).

Ed è quasi sembrato  un ponte metaforico, per temi e suggestioni, con Ciao amore ciao di Luigi Tenco, proprio nel cinquantennale della sua scomparsa, anche se Meta spiega: «La mia intenzione era quella di esprimere la vicinanza con chi è costretto ad abbandonare la propria terra». Per Ermal, nel suo curriculum numerose collaborazioni e brani scritti fra gli altri per Patty Pravo, Marco Mengoni, Francesco Renga: «Siamo tutti viaggiatori del nostro tempo ma non appena superi un confine, da viaggiatore ti trasformi subito in migrante, a causa delle limitazioni che ci sono state imposte dagli uomini. Ma la vita non funziona così… Amara terra mia l’ho scelta anche per ricordare che tutto quello che viviamo oggi in realtà è già accaduto. Non avrei potuto scegliere un’altra cover. Si poteva giocare facile, con tutti i capolavori di Modugno, ma non ho voluto farlo». La riuscita della performance, deriva anche dalla scelta di «sdoppiare» la voce e di declinarla al femminile attraverso un perfetto falsetto: «Ho deciso di creare questa donna fantasma di nome Maria, il nome più italiano che esista. Credo che abbia funzionato anche per questo, oltre all’effetto sorpresa».

Spazio anche a Vietato morire, il doppio album uscito ieri che contiene, oltre a nuovi brani, il lavoro precedente Umano, una scelta che Ermal spiega così: «Volevo fare un regalo a chi comprerà il disco. Uno scambio equo, come a Natale, per instaurare un discorso di continuità e far comprendere da dove sono partito e la direzione che sto prendendo».

Tutto questo alla vigilia della finale dove ormai è considerato uno dei favoriti con la sua Vietato morire, che per Ermal significa moltissimo: «Avevo voglia di condividere un abbraccio universale. La canzone non parla di violenza domestica, ma piuttosto di disobbedienza alla violenza. Vorrei che ci fosse più educazione insegnata nelle scuole, perché poi i primi semi che germogliano in quel campo sono nelle famiglie e nelle scuole. La nostra società è violenta, è violenta nei modi e imparare a disobbedire – dal mio punto di vista – è il primo passo verso la serenità. La vita è nostra e nessuno può comandarla».

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