Senza sorprese, il premier Tayyip Erdogan diventa il dodicesimo presidente della repubblica in Turchia. Eletto al primo turno con il 51,79% dei voti, sarà il primo capo di stato scelto a suffraggio universale.
Nella sera di domenica, appena ottenuti i risultati non ufficiali che lo indicavano vincitore, il primo ministro ha tenuto un breve discorso a Istanbul per poi recarsi alla Moschea di Eyüp, dove pure i sultani ottomani si recavano prima dell’incoronazione, a pregare.

Più tardi ad Ankara, di fronte alla folla venuta ad acclamarlo sotto il balcone della sede del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp), ha detto che «oggi è il giorno in cui viene fondata la nuova Turchia ed anche il giorno in cui bisogna socchiudere la porta a nuovi compromessi». Un discorso conciliante e teso ad «abbracciare con amore i 77 milioni» di abitanti e molto differente rispetto ai toni aggressivi usati durante la campagna elettorale.

L’affluenza, registrata al 74%, è stata la più bassa degli ultimi anni. Numerosi gli elettori, sia tra le fila dell’Akp che tra quelli dell’opposizione del Chp (Partito repubblicano del popolo) hanno disertato il voto. Il principale rivale Ekmeleddin Ihsanoglu è uscito con una percentuale di preferenze del 38,44%,mentre si stima che circa un milione e mezzo di elettori del Mhp (Partito di azione nazionalista), abbiano votato Erdogan anziché il candidato Ihsanoglu, presentato assieme al Chp.

La vera rivelazione delle elezioni è stato invece il co-leader dell’Hdp Selahattin Demirtas, che si è attestato al 9,76%. Ha incrementato di 4 punti i voti delle amministrative dello scorso marzo, presentandosi per la prima volta come partito che unifica le istanze del movimento politico curdo e della sinistra turca. I voti raddoppiati nella grandi metropoli come Istanbul e Izmir lo segnala come un partito d’opposizione in ascesa, non più legato unicamente all’identità etnica, in grado di dare voce a diversi settori della società(dai giovani al movimento Lgbt, dalle associazioni delle donne agli ambientalisti).
A risultato elettorale acquisito, l’agitazione che da qualche settimana anima l’Akp sul nome che andrà a sostituire quello di Erdogan si è intensificata. Il 27 agosto(un giorno prima della data in cui l’attuale capo di stato Abdullah Gül terminerà ufficialmente l’incarico) è stato convocato un congresso straordinario per decidere il nuovo segretario.

Il premier uscente ha precedentemente reso noto che intende continuare a guidare la Turchia, anche dopo essere eletto presidente della repubblica. Una carica che secondo la costituzione è essenzialmente rappresentativa, ma essendo stata redatta in seguito al golpe militare del 1980, attribuisce al capo di stato anche poteri da utilizzare in circostanze eccezionali. Tra questi, convocare e presiedere le riunioni del consiglio dei ministri e quelle del consiglio di sicurezza. Ed è proprio utilizzando questi poteri che il neo-eletto Erdogan intenderebbe continuare ad esercitare il potere esecutivo.

All’interno del partito ci sarebbero voci discordanti su chi guiderà l’Akp. Affinché il progetto presidenziale di Erdogan abbia successo il suo “erede” deve seguire alla lettera le sue indicazioni. Allo stesso tempo, in occasione delle Politiche 2015, deve anche essere in grado di ottenere una maggioranza parlamentare che possa modificare la costituzione e approvare una volta per tutte il sistema presidenziale.