Lavoro

Erano operai esperti ma senza dispositivi: rebus a Casteldaccia

Erano operai esperti ma senza dispositivi: rebus a CasteldacciaIl presidio dei sindacati a Casteldaccia, il giorno dopo la strage con cinque vittime – foto Ansa

Strage Senza Fine Inquirenti a caccia delle motivazioni per cui sono scesi nelle fogne «Volevano sbloccare una sonda, l’idrogeno solforato li ha sorpresi». Le cinque vittime investite dalla reazione chimica: «Sono scesi per salvare i colleghi»

Pubblicato 6 mesi faEdizione del 8 maggio 2024

Si cominciano a delineare alcuni aspetti del drammatico incidente costato la vita a cinque operai mentre stavano lavorando alla rete fognaria di Casteldaccia, cittadina a 25 chilometri da Palermo. A ucciderli sono stati i liquami e l’idrogeno solforato sprigionato dalla vasca. Le vittime sono Epifanio Alsazia, 71 anni di Partinico, contitolare della ditta Quadrifoglio group srl che stava effettuando i lavori; Giuseppe Miraglia, 47 anni originario di San Cipirrello; Roberto Raneri, 51 anni di Alcamo), Ignazio Giordano di 59 anni e Giuseppe La Barbera, lavoratore interinale di 26 anni, il più giovane.
DALLE INDAGINI, COORDINATE dalla Procura di Termini Imerese che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo, sono emersi alcuni punti fermi.

PRIMO: LA QUADRIFOGLIO group, di cui erano dipendenti quattro degli operai morti non si era aggiudicata direttamente i lavori ma stava operando in sub appalto; l’Amap, azienda ex municipalizzata di Palermo, aveva assegnato la gara per la manutenzione alla Tek infrastrutture, un’azienda di San Cipirrello che poi aveva incaricato la Quadrifoglio. Secondo: gli operai non erano degli sprovveduti, anzi alcuni di loro sarebbero specializzati e ben formati, per cui la polizia sta cercando risposte al perché fossero senza dispositivi di sicurezza. Terzo: è certo che tre di loro siano scesi nella prima stanza dell’impianto fognario ma non per operare dall’interno in modo superficiale e senza rispettare il capitolato che imponeva lavori in superficie, bensì per cercare di sbloccare la sonda di spurgo che era rimasta bloccata.

Dopo ore di tentativi, all’improvviso, il tappo di liquami che impediva il lavoro sarebbe saltato e una massa di gas li avrebbe investiti facendogli perdere i sensi. Hanno fatto un volo di tre metri, finendo giù nella vasca con 80 centimetri di melma. Gli altri tre colleghi si sono precipitati per soccorrerli, tra loro anche l’interinale Giuseppe La Barbera, che in base ai compiti stava vigilando sulle transenne piazzate in strada. Il gas killer però era risalito e ha investito anche loro. Due sono stati trovati morti, il terzo, Domenico Viola di 62 anni, è in fin di vita al Policlinico di Palermo.

IN BASE ALLE TESTIMONIANZE raccolte tra i tre operai sopravvissuti (Domenico D’Aleo di 44 anni, Giuseppe Scavuzzo di 39 anni e Paolo Sciortino di 35), gli operai avrebbero chiesto l’autorizzazione a lavorare all’interno dell’impianto al capo squadra Epifanio Alsazia, contitolare della ditta. «È stato proprio lui il primo a scendere, si poteva godere la pensione e invece era sempre il primo a intervenire», ha riferito Sciortino.

«Ho lavorato fino alle 10 nella vasca e tutto è filato liscio. Mi ha dato il cambio mio cugino Giuseppe Miraglia (una delle vittime). Poi è successo qualcosa d’imprevisto – ha spiegato D’Aleo – . Ho capito subito che era accaduto qualcosa di grave e ho dato l’allarme».

Gli inquirenti hanno sequestrato la sede della Quadrifoglio group, in via Milano a Partinico. Dagli uffici la polizia ha prelevato documenti, contratti di appalto e le schede degli operai.

«DA DIVERSI ANNI lavoriamo nel settore, sia per quanto riguarda le fognature sia gli acquedotti. Quello effettuato a Casteldaccia è una tipologia di lavoro abbastanza frequente. Rientra nella routine», racconta Alfredo Partecano, uno dei dipendenti. «Noi compriamo regolarmente i dispositivi di sicurezza che vengono utilizzati negli interventi. Le indagini accerteranno se i colleghi li indossavano oppure no. La nostra è una ditta specializzata e la squadra intervenuta a Casteldaccia era esperta. La nostra azienda tiene molto alla sicurezza. Mi sorprenderei se venisse accertato che non avevano i dispositivi di protezione».

OLTRE A NON AVERE LE MASCHERE, come rilevato dai vigili del fuoco, che hanno recuperato i cadaveri, i cinque operai erano sprovvisti di tutti gli altri dispositivi di sicurezza obbligatori per legge quando si agisce in un ambiente confinato. Per operare in questi spazi è necessario utilizzare, prima di addentrarsi, il gas alert, un dispositivo che permette di rilevare inquinanti, quello che è stato utilizzato dai pompieri prima di intervenire nella fogna. Proprio questo strumento ha rilevato la presenza di idrogeno solforato in quantità dieci volte superiore al limite di sicurezza: è un gas prodotto dalla degradazione batterica, incolore ed estremamente tossico poiché irritante e asfissiante. Gli investigatori hanno tenuto sotto torchio per diverse ore il direttore dei lavori che doveva controllare l’intervento che gli operai stavano svolgendo alla rete fognaria.

«Chiediamo giustizia e vogliamo sapere cosa è accaduto», dicono i tre figli di Ignazio Giordano. L’operaio era specializzato, svolgeva regolarmente corsi di aggiornamento e aveva prestato il servizio militare nei vigili del fuoco. Da sette anni lavorava per la Quadrifoglio. «Operava nelle fognature, negli acquedotti e nello smaltimento dell’amianto ed era cosciente – sottolineano i tre figli – che il suo lavoro era rischioso».

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