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Equo, solidale e con un occhio al clima

Equo, solidale e con un occhio al clima

Alternative Le storie dei produttori del fair trade attenti ai cambiamenti climatici. Dai thailandesi di Green Net all’italiana Girolomoni

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 10 ottobre 2019

«Lavoratori e agricoltori, artigiani e consumatori sono solidali per lottare contro la crisi climatica». A parlare è Roopa Mehta, presidentessa della Wfto, World Fair Trade Organisation. La massima autorità mondiale del commercio equo e solidale si è espressa in materia nella recente Conferenza Internazionale di Lima (16-19 ottobre). I 412 membri Wfto – tra i quali l’italiana Altromercato – hanno votato una storica decisione: cambiare il principio 10 del fair trade «Rispetto per l’ambiente» e rinominarlo con il nuovo titolo «Crisi climatica e protezione del pianeta». Di questo si parlerà il 12 ottobre a Verona ad Altromercato Campus, evento alla terza edizione che vedrà presenti i protagonisti del contrasto al climate change, i produttori del Sud del mondo e italiani e che avrà per titolo «Maneggiare con cura. Riscaldamento climatico e fair trade». Del resto era già conclamato che il Commercio equo e solidale fosse un attore protagonista per contribuire a raggiungere alcuni degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile Onu, tra cui spiccava il n. 13, «Buone azioni per il clima». Rincara la dose Roopa Mehta: «Le organizzazioni di Commercio equo e solidale in tutto il mondo intensificheranno gli sforzi per ripensare la progettazione, la produzione e gli imballaggi».

MA FACCIAMO UN PASSO INDIETRO. Il cambiamento climatico non è affatto democratico. I suoi effetti colpiscono in maniera iniqua. Proprio i popoli del Sud del Mondo, che hanno la minor responsabilità del problema, ne soffrono le maggiori conseguenze, tra cui danni all’agricoltura, migranti climatici e conflitti per l’uso delle terre, come afferma il dossier che sarà presentato in occasione di Altromercato Campus. I produttori delle filiere di Commercio equo e solidale in Africa, Asia, America Latina ma anche in Europa sono al centro degli effetti del cambiamento climatico perché devono far fronte agli eventi climatici e a nuove criticità produttive, come piogge torrenziali, siccità, venti impetuosi, stagioni prolungate oppure troppo brevi. Ma anche perché scelgono in modo proattivo metodi agricoli sostenibili per influire positivamente sull’ambiente e le coltivazioni.
«Nei prossimi trent’anni – spiega il presidente di Altromercato Cristiano Calvi – migliaia di produttori potrebbero dover abbandonare le loro terre perché non riusciranno più a produrre. Altromercato Campus dà voce ai più fragili, i piccoli produttori appunto, che racconteranno le loro storie originali di resilienza e contrasto al cambiamento climatico. Questo appuntamento ci restituisce l’opportunità di amplificare la voce dei nostri partner e di assumerci ancora, insieme a loro, la responsabilità del cambiamento». Ne anticipiamo alcune.

PARADIGMATICA È L’ESPERIENZA DI GREEN NET, una realtà thailandese produttrice di riso thai, aloe vera, latte di cocco, pioniera dell’agricoltura biologica e che da tempo si impegna sul fronte della salvaguardia dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici. Vitoon R. Panyakul è un agronomo esperto di agricoltura biologica: «I piccoli contadini marginalizzati sono gli ultimi responsabili dell’emissione dei gas serra, ma quelli che ne pagano il prezzo più alto – ribadisce – A causa degli eventi atmosferici estremi, quali caldo sempre più intenso e piogge irregolari, i raccolti di riso biologico, la coltura principale sono sempre più scarsi». Green Net e l’organizzazione sorella Earth Net Foundation portano avanti un programma di adattamento ai cambiamenti climatici, fornendo supporto tecnico e aiuti finanziari ai contadini soci delle cooperative per migliorare la gestione delle preziose risorse idriche e diversificare le colture. Un altro passo importante è preparare i contadini all’utilizzo del biochar, il cosiddetto carbone vegetale, che si ottiene tramite degradazione termica dei gusci delle noci di cocco. «È un ottimo fertilizzante per il suolo e permette il riutilizzo dei gusci delle noci di cocco, che altrimenti costituirebbero rifiuti che i villaggi dovrebbero smaltire».

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO COLPISCE anche alcuni dei prodotti simbolo del Commercio equo, come il caffè. Ad Altromercato Campus parteciperà tra gli altri José Rojas Hernandez di Norandino, Perù, le cui 7.000 famiglie contadine producono un eccellente caffè biologico di qualità arabica. Le zone di coltivazione sono state però tartassate dai cambiamenti climatici, primo fra tutti il fenomeno conosciuto come El Niño. Con grande perseveranza i soci di Norandino cercano di mitigarne le conseguenze: selezionando le varietà di piante più resistenti alle avversità, cercando di rendere più efficienti i sistemi d’irrigazione, diversificando la produzione e promuovendo, con la Ong Progreso, Proclimate e altre associazioni ambientaliste, il progetto di riforestazione della Sierra de Piura.

NELL’AMBITO DEL COSIDDETTO domestic fair trade, il marchigiano Giovanni Girolomoni – erede di Gino che ha segnato la storia del biologico in Italia – si batte per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico. Prima di tutto promuovendo le tecniche dell’agricoltura conservativa e rigenerativa, quali le rotazioni, minime lavorazioni e colture di copertura, con l’obiettivo di migliorare la fertilità dei terreni; poi con la ricerca – non speculativa – sui semi, in particolare i cosiddetti «grani antichi», che hanno una spiccata rusticità e sono quindi più resilienti ai cambiamenti climatici; infine assicurando i raccolti contro gli eventi atmosferici avversi. Ma nessuna polizza può sostituire i valori.

Così Alessandro Franceschini, vicepresidente di Altromercato: «Abbiamo iniziato tanti anni fa per una questione di giustizia. Ci ribolliva il sangue quando ci raccontavano dei coyotes che insieme alle multinazionali affamavano i produttori di caffè in Messico: 30 anni dopo, con la stessa logica, affrontiamo la crisi climatica, che colpisce in primis i più vulnerabili».

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