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Enzo Cosimi, la scommessa dell’arte dopo la pandemia è il rapporto coi corpi

Enzo Cosimi, la scommessa dell’arte dopo la pandemia è il rapporto coi corpiEnzo Cosimi

Intervista Il suo «Coefore Rock&Roll» sarà proposto oggi, 11 novembre, in streaming dal Vascello di Roma. «Ma lo spettacolo dal vivo non può essere sostituito, il pubblico ha ancora molta voglia di teatro»

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 11 novembre 2020

Un’estetica all’avanguardia, spesso attratta dall’eccessivo e dal marginale, unita alla capacità di lavorare con danzatori dal diverso background spaziando da Roberto Bolle ad alcuni senzatetto nel recente progetto La bellezza ti stupirà. Enzo Cosimi è un coreografo fondamentale per il panorama contemporaneo italiano, il suo ultimo lavoro Coefore Rock&Roll, una reinterpretazione dell’Orestea di Eschilo – seconda tappa di un percorso iniziato lo scorso anno con Agamennone – Glitter in my tears – è andato in scena al Romaeuropa festival l’ultimo giorno di apertura dei teatri. Vedrà ora una nuova versione in diretta streaming dal Teatro Vascello, visibile gratuitamente fino a stasera, mercoledì 11 novembre.

«Coefore Rock&Roll» è stata presentata al Romaeuropa come una performance site-specific. Ha subito dei cambiamenti in virtù della trasmissione streaming?
Sarà molto strano portarla sul palco senza spettatori. Lo spettacolo dal vivo ha una forza non sostituibile. Mi piacerebbe in futuro dare vita a un progetto a partire dal digitale, che non sia però la semplice ripresa di uno spettacolo, questi sono dei palliativi che non rappresentano una soluzione. I rapporti con i corpi a causa della pandemia si sono completamente modificati, sarà interessante verificare nei prossimi anni come tutto questo verrà sviluppato creativamente. Naturalmente anche per le Coefore ho lavorato sul distanziamento, gli interpreti non si toccano mai ed è stato un grande limite.

A proposito di spazi, il libro che ti ha dedicato Maria Paola Zedda prende spunto da dieci fotografie di interni domestici.
È il secondo libro monografico, a cui insieme a Maria Paola abbiamo dato un taglio particolare. È una lunga intervista imperniata su dieci oggetti presenti nella mia casa, oggetti significativi che hanno avuto un’importanza per la mia formazione artistica e di vita. Di fatto si tratta di un racconto di cui sono molto orgoglioso.

Nei tuoi lavori si fondono diversi linguaggi, hai delle priorità nel processo creativo?
Le mie opere nascono sempre da un pensiero totalizzante. Già da alcuni anni il mio approccio è multidimensionale e multidisciplinare, lavorando sul visivo, sul testo e sul suono. Dedicandomi a questa trilogia sull’Orestea, insieme ai danzatori e alle danzatrici partiamo dal testo raccogliendo suggestioni da Eschilo ma anche da esperienze personali e da altri saggi. Così viene a crearsi una partitura. Coefore l’ho costruito insieme a Maria Paola Zedda ed è sin dall’inizio stata pensata come una performance. Conoscevo la dj Lady Maru e l’ho scelta perché volevo qualcuno della scena underground che proponesse musica elettronica dal vivo. C’è poi Alice Raffaelli che lavora con me da molti anni, le luci sono di Gianni Staropoli, anche lui un collaboratore di lunga data.

Qual è il tuo pensiero in merito alla chiusura dei teatri?
Non dico nulla di nuovo ma è evidente come teatri e cinema fossero i luoghi più sicuri, con distanziamento e misurazione della temperatura. Inoltre il pubblico aveva molta voglia di teatro, da quando abbiamo ricominciato a lavorare a giugno siamo stati in diverse città ed è stato sempre sold out. Forse il cinema ne sta risentendo di più e questo è un problema serio per le sale, mi sembra però che il teatro sia in una condizione diversa proprio perché lo spettacolo dal vivo non è sostituibile. Siamo stati molto fortunati a riuscire a portare in scena Coefore, è stato un momento commovente. In un certo modo, è stato lo spettacolo giusto per terminare il festival anzitempo.

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