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Ennio e gli altri, per qualche western in più

Ennio e gli altri, per qualche western in piùIl manifesto di «7 dollari sul rosso», il film del 1966 di Alberto Cardone con musiche di Francesco De Masi

Storie/Non solo Morricone, tanti i compositori nostrani che negli anni hanno frequentato il genere

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 21 agosto 2021

Quando nei cinema si sentì quello che è poi diventato il famoso «urlo del coyote» le persone rimasero spiazzate rispetto a questa incredibile novità musicale. Lo stesso Sergio Leone curioso com’era, fu inizialmente scettico. Infatti Ennio Morricone con quell’espediente sonoro e ritmico aveva reso inconfondibile quella che sarebbe divenuta la strada della scrittura musicale cinematografica e in particolare quella western. Pertanto se Il buono, il brutto, il cattivo di Leone, girato nel 1966 aveva definitivamente affermato quello che sarebbe diventato il genere western all’italiana o spaghetti western, è vero anche che prima di allora e prima di Morricone qualche cosa era accaduta. Soprattutto il distanziamento da una modalità di scrittura che era appannaggio degli Usa. Ma lo stesso Morricone sarà rivoluzionario rispetto a se stesso tanto che da Per un pugno di dollari (1964) a Per qualche dollaro in più (1965) la sua ricerca sonora andrà via via affinandosi e quindi dall’assolo di tromba, passerà a una serie di espedienti più ritmici che melodici. Proprio grazie a Morricone i temi dei tantissimi western che vennero prima ma che soprattutto verranno dopo fino ai primi anni Settanta, serviranno a coprire una parte considerevole del mercato discografico permettendo la nascita di alcune etichette discografiche che faranno a gara con la inossidabile e inattaccabile Rca. Oggi tutta la produzione di 45 giri e di 33 giri è stata oggetto di revisioni e di restauri con riversamenti in cd ma la gran parte di quel materiale rimane raro se non rarissimo con buona pace dei collezionisti nipponici e inglesi.

FITTE NEBBIE
Di Alfonso Salerno non si sa nulla se non che è stato autore di sole due colonne sonore, una delle quali fu quella per il proto western Buffalo Bill a Roma girato da Giuseppe Accatino nel 1949 e classificato più come un dramma che come un vero western. Ma è singolare come per tale lavoro il compositore sia lo stesso che aveva scritto nel 1939 le musiche di uno dei capolavori di Rouben Mamoulian ovverosia Golden Boy che in Italia fu intitolato Passione, le cui musiche sono un plot di melodismo romantico tipicamente american style. Di Salerno sappiamo ancora che scrisse le musiche per un altro drammone italiano e poi le nebbie lo hanno inghiottito. Anche se fra i ritagli di giornale si scopre che firmerà assieme ad Alberto Lazzaretti Evviva le donne, una canzone ballabile. Pertanto se dell’esordio musicale relativo al western italiano si sono perse le tracce, possiamo ben dire che dovrebbe essere notorio come Mario Nascimbene, prima di diventare il famoso compositore di peplum e di altri film d’avventura italiana, avesse scritto le musiche per un altro proto western: Una signora dell’Ovest diretto nel 1942 da Carl Koch al secolo Carlo Koch. Il film che in inglese s’intitola Girl of the Golden West è una sorta di pastiche attorno a una delle opere più geniali di Giacomo Puccini ossia La fanciulla del West. Ma a parte le ambientazioni girate in Ciociaria anche le musiche di Nascimbene non fanno nessun riferimento a una possibile ricerca adatta a un western non americano. Anche perché l’artista nasceva essenzialmente come un sinfonista adatto a drammi o a storie di profondità. Tant’è che in una rara intervista lo stesso Nascimbene, interrogato proprio sulla scrittura di questa partitura, dichiarerà che relativamente al western non aveva nessun interesse e infatti dopo Una signora dell’Ovest mollerà il genere. Da ricordare che scriverà comunque la musica per Il sogno di Zorro (1952) di Mario Soldati.

IN VOGA
Compositore fra i più prolifici del cinema italiano e non solo, Francesco De Masi è considerato in senso cronologico colui che per primo si avvicinò al genere western cercando di distaccarsi dalla scrittura monodrammatica tanto in voga in Italia per portare alcuni elementi anche folkloristici che richiamassero ambientazioni messicane. De Masi aveva iniziato molto prima di Morricone a scrivere per il cinema (era nato nel 1930). La sua prima pellicola del genere fu L’ombra di Zorro diretta nel 1962 da Joaquín Luis Romero Marchent. In questo film, tra fumi caikovskiani e alcuni riferimenti melodici di stile, De Masi inizia a imboccare la giusta strada. Il suo primo western, reperibile come documento discografico, è Il segno del coyote (Beat Records) diretto nel 1963 da Mario Caiano. Per questo film De Masi abbandona il sinfonismo romantico e introduce i primi elementi italomessicani. Per la versione spagnola le musiche furono composte da Manuel Parada. Ma il film che fa fare il salto a De Masi è I tre implacabili. Singolare è la canzone che apre e chiude la pellicola, uno dei primi tentativi, ovviamente in inglese. Ma non essendoci nessuna incisione discografica e non menzionato nei titoli, non sappiamo chi sia l’interprete. Peccato. De Masi non abbracciò mai completamente la scrittura sperimentale, in pratica rimase un sinfonista come tanti ma riuscì a distaccarsi dall’idea di scrivere alla Tiomkin così come anche lo stesso Morricone aveva fatto. Nel frattempo uno degli aspetti importanti della produzione di De Masi è legato alla produzione discografica; le sue prime colonne sonore western edite su disco furono Per un pugno nell’occhio (Cam CDR; 1965) e 7 dollari sul rosso (Cam CDR; 1966) che vide una stampa giapponese per la Seven Seas nel 1967. De Masi comunque nel 1968 segna un successo considerevole con le musiche per Quanto costa morire diretto nel 1968 da Sergio Merolle. Il suo stile è estremamente beat, in linea con la scrittura british tanto cara a John Barry. Le tinte western sono chiaramente espresse dai «chitarroni» che introducono l’omonima Quanto costa morire (Cinevox), tema del film, cantata da Raoul mentre l’intero score è pubblicato nello stesso anno sempre dalla Cinevox.

SUCCESSI
Sempre nel 1968 De Masi scrive le musiche di Quella sporca storia nel West diretto da Enzo G. Castellari. Il film ha come protagonista il prototipo di Django (dall’omomino film di Sergio Corbucci del 1966) tanto che per motivi di copyright in Italia fu cambiato il titolo mentre altrove in Europa uscì come Johnny Hamlet (che è il nome che usa Andrea Giordana nel film); in Francia e in Germania si decise, invece, di procedere rispettivamente con: Django porte sa croix e Django-Die Totengräber Warten Schon. De Masi scrisse i titoli di testa per la voce dell’allora famoso Maurizio Graf e la canzone Find a Man (su testo di Alessandro Alessandroni) ottenne un discreto successo tanto che la romana Cam investì addirittura sul 33 giri con copertina ben più curata rispetto a prodotti equivalenti e che per certi versi richiamava la copertina della versione americana de Il buono, il brutto, il cattivo. Insomma un film impegnativo che permise a De Masi di scrivere anche un brano corale di estrema bellezza: In memoria. La storia del compositore è lunga e la sua impronta alla scrittura «westerniana» è fondamentale. I suoi successi furono notevoli e contribuì grandemente alla diffusione dell’idea di colonna sonora.
Ricordiamo ancora Sartana non perdona (Beat Records), Arizona Colt (Rca), Vado l’ammazzo e torno (King Universal). De Masi di sicuro è stato prolifico nel campo della musica da film ma il suo apprendistato è iniziato grazie al vero inventore della musica applicata al cinema in Italia, Angelo Francesco Lavagnino che lo tenne a battesimo come suo collaboratore, anche perché De Masi proveniva dalla scuola di Achille Longo, suo zio. Inoltre Lavagnino aveva scritto la musica di un proto western come Il bandolero stanco, diretto nel 1952 da Fernando Cerchio.

IL MAESTRO
Genovese nobile, persona modesta, Lavagnino è stato grande compositore. I suoi studi di composizione gli permisero di usare la musica applicata al cinema con una estrema duttilità. Per questo è stato davvero il maestro di tutti i maestri della musica da film. Gli americani lo seguivano e lo copiavano. Non a caso Orson Welles per il suo Otello lo chiamò senza esitare. Fu eccezionale. E fu veramente colui che riuscì a dare alla commedia di Cerchio Il bandolero stanco, una forma che si avvicinasse all’idea di Messico. E le canzoni erano quelle di Renato Rascel su testo di Leo Chiosso. Ora di questo film esistono due 78 giri che riportano i brani Gaucho appassionato e La castagnetas con l’orchestra diretta da Gorni Kramer (su Odeon). Ma ascoltando lo score del film si capisce che Lavagnino non volle sottrarsi a quella buffa operazione di western italiano. Peccato non esistano registrazioni della colonna sonora. Ma il maestro fu eccezionale anche per aver consentito a De Masi di individuare la giusta dimensione per lavorare nel mondo del western. Infine, nel 1963 dopo tanti peplum, storici e avventurosi, si era accostato al western firmando le musiche de L’invincibile cavaliere mascherato diretto da Umberto Lenzi dove mette subito in campo le atmosfere Spanish sound con tromba, chitarroni e flauto per un film che non è un western tout court ma vi si avvicina; allo stesso modo in Zorro contro Maciste, sempre di Lenzi, riuscirà a rendere una sequela di umori sonori caraibici. Nel 1964 scriverà le musiche di Sfida a Rio Bravo (Gdm) di Tullio Demicheli, dove utilizza il fischio come strumento su un ritmo da «cavalcata» con tanto di armonica e esercito di trombe. Perfetto. E Morricone non aveva ancora inventato il «coyote».
Fortuna che di questo film, vero caposaldo del western sound, esiste un cd in cui sono state raccolte le musiche ascoltate sullo schermo. Di grande rilievo anche 5000 dollari sull’asso diretto da Alfonso Belcazar, primo grande successo di Lavagnino, con quel pezzo nei titoli di testa, Gambling Man cantato da Don Powell, in cui recupera il fischio come strumento. La Cam detentrice dei diritti d’incisione subito sforna un 45 giri con il tema ma nella versione strumentale. Il colpo grosso se lo aggiudica la Ricordi che pubblicherà il singolo della canzone. Di getto vennero subito dopo Solo contro tutti (The Son of Jesse James) di Antonio del Amo, I due sergenti del Generale Custer (Digitmovies) di Giorgio Simonelli, L’ultimo dei Mohicani di Mateo Cano, Viva Gringo di Georg Marischka (un western ambientato in Perù che sembra un peplum). Ma è con Johnny West il mancino (Saimel Bandas Sonoras), diretto da Gianfranco Parolini, che Lavagnino mette a fuoco un ulteriore successo discografico; infatti la MGM pubblica un 45 giri con la canzone del film affidata alla voce di Katyna Ranieri che oltre a essere una magnifica interprete era anche la moglie del collega Riz Ortolani. Sempre nel 1965 Lavagnino firma altri due western: Mani di pistolero di Marchent e L’uomo che viene da Canyon City di Alfonso Balcazar. The Wilder Brothers sono, invece, gli interpreti di un’altra hit di Lavagnino, Golden Gun, dal film L’uomo dalla pistola d’oro sempre diretto da Balcazar. Si pensa che di quel brano venne stampato un 45 giri ma non vi sono tracce; l’intera colonna sonora, incluso il brano, è stata comunque stampata su cd dalla Gdm Music. Tra le tante colonne sonore di Lavagnino vanno menzionati film come: Gli uomini dal passo pesante, 4 dollari di vendetta, Dio non paga il sabato (Gdm; il tema cantato da Roberto Matano, The Price of Gold, è uscito su Det Recording), Sapevano solo uccidere, Requiem per un gringo (Cinevox), Una pistola per cento bare, Uno straniero a Paso Bravo (Cinevox), Gli specialisti (EVB), Oggi a me, domani a te (Digitmovies), Vendetta per vendetta (Gdm Music), T’ammazzo, raccomandati a Dio (Gdm Music).

FUORI I NOMI
Luis Enriquez Bacalov non ha firmato molti western ma certamente è da ricordare Sugar Colt (1966) di Franco Giraldi dove il suo tratto è già ben chiaro fra flauti e chitarre (Parade/Zafiro). E ancora Lo chiamavano mezzogiorno (1973) (General Music). Ma i suoi capolavori sono Django (1966) di Sergio Corbucci (Intermezzo/General Music) e Quién Sabe? (1966) di Damiano Damiani (Parade). Importante anche Riz Ortolani autore molto ricercato che si accosta al western ma che non sarà un autore di western. Tranne che per I giorni dell’ira di Tonino Valeri (1966) (Rca), per l’americanissimo The Glory Guys (1965, in italiano Doringo!) di Arnold Laven (United Artist) e il suo capolavoro di genere: Requiescant (Penta Music) di Carlo Lizzani, tra le cose più riuscite in ambito western. E ancora Carlo Rustichelli, compositore raffinatissimo e colto, che non disdegnò il western tanto che nel 1964 firmerà le musiche de I cavalieri della vendetta (Cam), Buffalo Bill (L’eroe del Far West) (Cam), nel 1968 L’uomo, l’orgoglio, la vendetta (Cam), I quattro dell’Ave Maria (Cinevox) e Vado, vedo e sparo (Cinevox). Ma il vero segno lo lascerà con Un minuto per pregare un istante per morire (Rca) in cui profonde tutta la sua idea di melodramma in un western che grazie alle sue musiche diventa epico. Tanti altri scriveranno per i western: da Piero Piccioni (Minnesota Clay, Cam; Quel caldo, maledetto giorno di fuoco, Beat Records) a Carlo Savina (I tre del colorado, Beat Records; Pochi dollari per Django, Parade); da Armando Trovajoli (I lunghi giorni della vendetta, Intermezzo/General Music) a Piero Umiliani (I figli di Django, Gdm; I due figli di Ringo, 10 bianchi uccisi da un piccolo indiano, Cometa); da Gianni Ferrio (il protowestern Un dollaro di fifa, Digitmovies; Un dollaro bucato, Phoenix; Massacro al Grand Canyon, Cam; Per pochi dollari ancora, Cam) a Bruno Nicolai (100.000 dollari per Ringo, Edipan; Django spara per primo, Intermezzo; Corri uomo, corri, Cam), da Franco Micalizzi (Lo chiamavano Trinità…, Ariete) agli Oliver Onions (…Continuavano a Chiamarlo Trinità, Rca) ecc. Una nota curiosa: gli unici compositori che non hanno mai scritto per il western sono stati Fiorenzo Carpi e Nino Rota.

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