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Energia, in arrivo il nuovo decreto da 5-7 miliardi

Energia, in arrivo  il nuovo decreto da 5-7 miliardiMario Draghi al porto di Genova – Lapresse

Drago-boll Il premier: intervento «di ampia portata», senza scostamento di bilancio. Ma gli stanziamenti «tampone» non bastano più

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 10 febbraio 2022

In visita a Genova, parlando a braccio, il premier pronuncia le parole che l’intera maggioranza aspetta di ascoltare e invoca da settimane: «Il presente oggi ci fa vedere una realtà caratterizzata dalle difficoltà che famiglie e imprese hanno per l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica. Il governo sta preparando un intervento di ampia portata nei prossimi giorni». Non è solo l’annuncio del sostegno, decisione già nota, a scatenare l’applauso di tutti i partiti di maggioranza e anche un po’ quelli di FdI. È quel «di ampia portata» che dissipa la paura di un intervento modesto, essendo Draghi deciso a non ricorrere allo scostamento di bilancio.

LO STANZIAMENTO dovrebbe essere di almeno 5 miliardi e potrebbe avvicinarsi a 7: un intervento quindi più sostanzioso rispetto a quello per le ultime due bollette. Sul non voler ricorrere allo scostamento però Draghi è fermo. Salvo ripensamenti dell’ultimo istante, di qui alla settimana prossima quando il decreto sarà varato, i fondi andranno recuperati senza aumentare il debito. Come è un mistero, al momento, per la stessa squadra governativa. Dovrebbe essere possibile ricorrere a una base avanzata dalle aste ma non si sa. Se Draghi e Franco hanno già deciso dove trovare quei 5-7 miliardi se lo sono tenuti per sé o lo hanno comunicato a pochi altri.

Qualche critica c’è. Fassina è convinto che senza lo scostamento, del quale non si nasconde le controindicazioni, non sarà possibile mettere in campo risorse adeguate all’emergenza in corso. Tajani, per Fi, esorta a ricorrere al succitato scostamento ove necessario. Ma per lo più è una corsa un po’ sgangherata, nella quale eccelle la Lega, a rivendicare il merito della decisione: «Dopo mesi di richieste e insistenze da parte della Lega finalmente ci siamo», esulta Salvini con l’aspetto esausto e scamiciato del sindacalista che ha strappato il risultato dopo notti insonni. Un bel po’ è teatro, come il flash mob organizzato di fronte a Montecitorio per reclamare appunto il nuovo sostegno ma anche l’abolizione della stretta sulla cessione del credito per il Superbonus decisa dal governo con il Sostegni 3. L’intervento contro il caro bollette lo hanno chiesto tutti e comunque il governo non avrebbe potuto evitarlo, salvo accettare una mazzata tale da abbattere la ripresa.

MENTRE BAGNAI e un gruppo di leghisti manifestavano di fronte a Montecitorio, all’interno il ministro D’Incà assicurava che tra caro energia e Pnrr non ci sono rapporti, fingendo di ignorare quel particolare rappresentato dal costo delle materie prime che tiene sveglio la notte il collega delegato alle Infrastrutture Giovannini, e che il governo è già al lavoro per garantire sostegni anche per la prossima bolletta, quella del secondo trimestre. La faccenda in realtà è un po’ più complessa e ci si avvicina il leader «congelato» del partito di D’Incà, Giuseppe Conte: «Come 5S chiediamo che la soluzione del problema del caro bollette sia strutturale».

NON È UN OPTIONAL, ma un obbligo. Fino a poco tempo fa il governo si è cullato nella speranza che il rincaro dei prezzi dell’energia dipendesse solo dalla ripresa e fosse quindi transitorio. Ora si è reso conto che i fattori che concorrono al rialzo sono molti e di diversa natura, dal quadro geopolitico alla transizione energetica. Il problema è dunque destinato a durare, forse ad aggravarsi, ma non si può pensare di affrontarlo a botte di sostegni di 5 o più miliardi ogni tre mesi. Dunque bisogna inventarsi quella strategia «strutturale» che chiede Conte. Ma non è una scelta facile, anche perché chiama in causa le diverse opzioni possibili in materia di transizione energetica. Né è un passo che si possa rinviare troppo, perché non ha torto Letta quando scrive su Twitter che «il tempismo è tutto» e che bisogna intervenire subito «per evitare che si blocchi la ripresa, chiudano aziende e si indebitino famiglie». L’intervento tempestivo non può ridursi al tampone trimestrale.

L’ALTRO PROBLEMA sul tavolo di Draghi, quello della cessione del credito, è a sua volta lontano dalla risoluzione. Lega e 5S insistono per eliminare la stretta ma Draghi, a fronte delle ciclopiche dimensioni delle truffe legate al Superbonus, che hanno già portato a sequestri per oltre 2 miliardi, non intende farlo. La soluzione potrebbe essere il ritorno alla possibilità di cedere il credito anche più volte, ma solo tra banche sotto la vigilanza di Bankitalia e tra istituti dello stesso gruppo. Sempre che Lega e 5S si accontentino.

Errata Corrige

Draghi annuncia un «intervento di ampia portata» contro il caro-bollette. In arrivo 5-7 miliardi. Ma le filiere energivore sono allo stremo e i decreti tampone non basteranno più. Letta: «Ripresa a rischio». Conte: «Servono misure strutturali». Stasera la protesta dei sindaci: città al buio

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