Emmet Cohen, caledoscopio musicale
Live Il suo trio esprime una complicità assoluta, una contagiosa e condivisa gioia di suonar. Il leader è il 34enne pianista americano protagonista di due applaudite date italiane
Live Il suo trio esprime una complicità assoluta, una contagiosa e condivisa gioia di suonar. Il leader è il 34enne pianista americano protagonista di due applaudite date italiane
Il suo trio esprime una complicità assoluta, una contagiosa e condivisa gioia di suonare esaltata in un interplay totale. Il leader è il 34enne pianista americano Emmet Cohen cui si affiancano, alla pari, il contrabbassista Philip Norris e il batterista Kyle Poole. Due date italiane per il gruppo (Follonica, Officina Grey Cat, 10/5; Roma, Casa del Jazz, 12/5) per un progetto sostenuto da Toscana Produzione Musica che ha ampliato l’organico statunitense al clarinettista-sax tenorista-compositore Nico Gori (trentennale la carriera del 49enne musicista italiano, dalla musica classica al funky, con una solidissima competenza jazzistica). L’Emmet Cohen Trio, ospite Nico Gori, ha offerto al numeroso pubblico romano un recital di mainstream jazz, a livello di repertorio: un’esibizione di altissima qualità per l’originale elaborazione dei linguaggi musicali, nel pieno solco di un’idea del jazz legata alla figura di Wynton Marsalis (con cui leader e batterista hanno collaborato). Del resto Cohen, nato nel 1990, è un pianista e compositore virtuoso e poliedrico, premiato nel 2019 con l’American Pianist Award, divenuto virale durante la pandemia (con milioni di visualizzazioni) grazie ai suoi concerti casalinghi arricchiti da importanti ospiti, i “Live from Emmet’s Place”. Il pianista, soprattutto, si è esplicitamente impegnato in un passaggio di consegne tra maestri afroamericani come, tra gli altri, Benny Golson, George Coleman, Ron Carter e Jimmy Cobb e la sua generazione, suggellato dai cinque album “Masters Legacy Series” (2016-’23).
BASTA sentirlo suonare – in trio e con il ‘valoro sonoro aggiunto’ di Nico Gori – The Shadow of Your Smile, Jitterbug Waltz, The End of a Love Affair, Here’s That Rainy Day per capire il suo valore. Gli arrangiamenti sono raffinati e originali, eseguiti a memoria con un’intesa perfetta. Il trio-quartetto si muove con frequenti cambi di ritmo, tempo, velocità e volume e gli strumenti sottolineano l’importanza dello swing con improvvise figurazioni percussive. Impressionante è l’assimilazione-rielaborazione dei linguaggi pianistici di Erroll Garner, Ahmad Jamal, Oscar Peterson, Monk, Ellington, Herbie Hancock. Emmet Cohen ce li fa distintamente avvertire, magari all’interno di una sola frase. Con Norris e Poole esegue magistralmente un repertorio storicizzato; il pianista, poi, può andare in assolo mantenendo il ‘mood’ del brano oppure travolgerlo con il suo stile caratterizzato da frenetiche ottave parallele, fraseggi solistici armonizzati, trilli, ribattuti e da una velocità esecutiva strabiliante. Il bis, un Tea for Two caleidoscopico, ha visto partecipare al piano – in coppia con Emmet Cohen – lo “spettatore” Stefano Bollani e tutti e cinque i musicisti hanno mostrato classe, garbata e a tratti istrionica competizione, gioia di suonare per un pubblico plaudente e con molti giovani spettatori.
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