Emmanuel Carrère, altre vite dietro l’angolo: un gioco futile e fascinoso
Scrittori francesi Fin dalla sua tesi di laurea, rielaborata e pubblicata nel 1986, lo scrittore francese si lasciò attrarre dalla possibilità di esibire storie bugiarde: «Ucronia», da Adelphi. Emmanuel Carrère sarà a Mantova per presentare la sua opera giovanile, ai cui temi fondamentali è rimasto fedele per buona parte della sua produzione romanzesca
Scrittori francesi Fin dalla sua tesi di laurea, rielaborata e pubblicata nel 1986, lo scrittore francese si lasciò attrarre dalla possibilità di esibire storie bugiarde: «Ucronia», da Adelphi. Emmanuel Carrère sarà a Mantova per presentare la sua opera giovanile, ai cui temi fondamentali è rimasto fedele per buona parte della sua produzione romanzesca
Nei paesi di lingua inglese l’ucronia viene indicata come una storia alternativa, alludendo a quella forma di narrativa ambientata in un mondo più o meno diverso dal nostro a causa di una deviazione dal corso reale della storia. Nel Complotto contro l’America, per esempio, Philip Roth racconta che a vincere le presidenziali del 1940 non fu Roosevelt bensì Charles Lindbergh, e questo avrebbe portato gli Stati Uniti ad avvicinarsi alla Germania nazista; in Italia, Contro-Passato prossimo, di Guido Morselli, attribuisce la vittoria nella Prima guerra mondiale all’Impero Austro-Ungarico e a quello tedesco. È una varietà del fantastico, questa, spesso praticata da autori di fantascienza, il campione dei quali, Philip K. Dick, in L’uomo nell’alto castello (anche noto come La svastica sul sole) evocava nel 1962 un’America sconfitta dall’Asse e spartita tra il Reich tedesco e l’impero giapponese, immagine anamorfica del mondo spartito tra Usa e Urss durante la guerra fredda.
La storia alternativa è anche l’argomento di Ucronia (traduzione di Federica di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, Adelphi, pp. 160, € 14,00) opera giovanile di Emmanuel Carrère (e rielaborazione della sua tesi di laurea), uscita in Francia nel 1986 col titolo Lo stretto di Bering: è un saggio che riflette sul genere e ne esplora alcuni esempi (tra i quali il romanzo di Dick, cui viene attribuita una posizione nichilista da lasciare tuttavia perplessi), oggi riproposto in una pregevole e accurata traduzione.
Carrère ripesca testi semidimenticati, come Napoleone apocrifo, di Louis Napoléon Geoffroy-Chateau, dove si immagina un Bonaparte vincitore a Waterloo e conquistatore dell’intero pianeta, oppure Ucronia, ben più sofisticato esperimento mentale del filosofo Charles Renouvier, nel quale si immagina una storia dell’Occidente dove il cristianesimo non riesce a imporsi sulla religione pagana classica; per arrivare infine al singolarissimo Liaisons du monde di Léon Bopp, opera dalle dimensioni colossali, nata negli anni Trenta come prefigurazione fantapolitica di una Francia sovietica, poi continuata come storia alternativa man mano che le previsioni dell’autore venivano smentite dai fatti, e scritta in presa diretta sugli eventi storici, dallo scoppio della Seconda guerra mondiale all’occupazione della Francia, via via fino al 1944.
Per chi ami la narrativa ucronica, l’interesse dello scritto di Carrère sta soprattutto nella sua parte archeologica, che riporta alla luce testi pressoché assenti dal dibattito accademico, orientato prevalentemente verso la produzione in lingua inglese e, più limitatamente, italiana. L’elaborazione teorica dello scrittore francese risente della mancanza, al tempo in cui vi lavorò, di alcuni classici del genere, come Anniversario fatale di Ward Moore, e sembra non tenere sufficientemente in conto la dimensione politica delle scritture ucroniche, esemplificata in Italia dalla «Trilogia di Occidente» di Mario Farneti (una apologia del fascismo), o dalla ben più sofisticata e persuasiva «Epopea fantastorica italiana» di Enrico Brizzi, che immaginando Mussolini non scendere in campo al fianco di Hitler, nel 1940, e dunque schierarsi dalla parte dei vincitori, propone una ironica decostruzione del fascismo prima e del berlusconismo poi.
Se lo si legge tra le righe, il saggio di Carrère consente peraltro di riconsiderare la sua successiva attività di scrittore: per quanto risulti chiara l’attitudine sminuente del valore letterario dell’ucronia, per lui «soltanto un gioco mentale», che non funziona né in quanto «specchio laterale della storia», né in quanto «metodo obliquo per penetrarne gli arcani», e pur non perdendo occasione per mettere in evidenza i limiti di questo gioco, i suoi paradossi, le sue assurdità, Carrère sembra in realtà molto attratto dall’immaginazione ucronica, e per quanto tenti di resistere al suo fascino, l’attenzione con la quale dimostra di avere letto i testi di cui parla lo tradisce.
Un passo, in particolare, sembra rivelatore: «Alla fin fine poco ci importa dell’esito di una certa battaglia: l’immaginazione dell’ucronista non ha niente di meglio da offrirci della storia reale. Ci affascinano di più il romanzo della sua mente, i suoi inciampi lungo il percorso, i suoi dubbi o la sua determinazione».
Sette anni dopo, in Io sono vivo e voi siete morti, lo scrittore francese si dedicherà alla storia di Philip K. Dick, da una prospettiva ucronica a bassa intensità: di tanto in tanto inserisce infatti episodi abilmente inventati, o deformati, fedeli allo spirito dell’universo dickiano, ma brillantemente infedeli ai fatti bruti.
Del resto, I baffi, romanzo uscito nello stesso anno di Ucronia, fa partire la storia da un minuscolo dettaglio ucronico: credendo di sorprendere la moglie e gli amici, il protagonista si taglia i baffi, ma si accorgerà che tutti, intorno a lui, sono convintissimi del fatto che lui quei baffi non li abbia mai avuti. Rispetto alle storie alternative inventate da Renouvier o Bopp qui è in ballo un nonnulla, ma anche questa minima discrepanza tra la storia personale del protagonista e quella che gli oppongono le persone intorno sarà sufficiente a scardinare la sua vita.
E non è forse un ucronista anche Jean-Claude Romand, il personaggio reale che ha ispirato L’avversario? Per diciassette anni racconta a moglie, figli, parenti e amici la sua storia di medico di successo, nonché ricercatore dell’Oms, ma la realtà è che aveva abbandonato gli studi già alla fine del secondo anno di università: più che l’ucronia, cioè la splendida carriera mai avvenuta del medico menzognero, quel che sembra affascinare Carrère è tuttavia la mente di colui che l’ha inventata.
In effetti, non è azzardato leggere come alimentata dal motore segreto dell’ucronia buona parte della narrativa di Carrère, almeno fino a Limonov, ritratto di un personaggio la cui vita è stata segnata dal crollo dell’Unione sovietica, e che sembra da quel momento essersi sforzato di far tornare indietro la storia, cancellandone il corso reale per sostituirlo con uno alternativo. Per quanto minore, dunque, il testo di Ucronia prefigura già almeno una delle strade imboccate da Carrère, fornendoci una torcia per illuminare aspetti e tensioni in ombra dei suoi libri più popolari. E magari un giorno scopriremo anche una qualche versione alternativa a quella che immaginavamo sulle strategie di scrittura che ha adottato.
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