Emma Stone, la magnifica creatura
Cinema In sala «Povere creature!» di Yorgos Lanthimos, Leone d’oro a Venezia, in corsa agli Oscar con 11 nomination. Un film che lotta corpo a corpo con lo spettatore contro tutte le sue aspettative
Cinema In sala «Povere creature!» di Yorgos Lanthimos, Leone d’oro a Venezia, in corsa agli Oscar con 11 nomination. Un film che lotta corpo a corpo con lo spettatore contro tutte le sue aspettative
Cominciamo dal titolo del premiatissimo film di Yorgos Lanthimos, Leone d’oro a Venezia, due Golden Globes e undici nomination agli Oscar, Poor Things, quel modo di dire anglosassone che contiene pochissima pietà, parecchia condiscendenza e molto più distacco. Povere creature! acquista nella versione italiana anche un pleonastico accento esclamativo. Le creature del film sono gli esperimenti messi in atto su esseri viventi dal dottor Godwin Baxter, lui stesso oggetto di sperimentazione da parte del padre tanto da renderlo simile a un Frankenstein dal corpo cucito e manipolato, ma anche tanto esperto da renderlo un luminare della chirurgia.
INVECE delle nebbiose e cupe atmosfere notturne alla Body Snatcher di Robert Wise siamo in un fastoso e coloratissimo set che pesca a piene mani nelle creazioni di tutti i settori di maestranze, fotografia, scenografia, costumi e trucco, nella tecnologia ottica che enfatizza, distorce, arrotonda lo schermo e produce meraviglia. Scoprendo una serie di scene che offrono incantesimi alla Meliès degli anni tremila. E su piani diversi si aggiunge il divertimento che provoca per la quantità di citazioni e di letture più o meno psicanalitiche.
Ma centrale e travolgente è la comparsa in scena di Bella, la creatura confezionata assemblando due cadaveri, la madre suicida ripescata nel fiume e il feto che portava in grembo (non la prima donna Frankenstein della storia del cinema, Elsa Lanchester lo era già stata nel ’35).
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Il mondo imperfetto di Yorgos LanthimosIl ritmo inarrestabile del film, concentrato dapprima su linguaggio e comportamento scatenato (tanto lavoro per nulla ha fatto Emma Stone, in Italia il film è doppiato) da infante dalle sembianze di ragazza, poi si trasforma in adolescente curiosa che vuole evadere e trasgredire dal divieto di uscire, scopre le pulsioni sessuali e a questo punto gli si è già affiancato uno dei modelli maschili della storia, lo studente scelto dal padre per tenerla d’occhio e annotare tutti i suoi progressi.
Al padre (Willem Dafoe con tutto il suo retaggio di personaggi intensi e martoriati nel profondo), che contiene la parola God nel nome, dal volto ricucito e, si scoprirà più avanti, anche da una serie di altri importanti organi manipolati, si contrappone Belle. La bella e la bestia, la bella che avanza nella vita senza freni alla sua curiosità e la «bestia» dalla severa mente scientifica ma dai sentimenti affettuosi.
La libertà con la quale Belle prende le sue decisioni di vita sono quelle che più entusiasmano il pubblico: l’attività sessuale una volta scoperta, è la strada maestra che seguirà insieme al corteggiatore scelto subito come amante (Mark Ruffalo) che la porta in giro per il mondo da scoprire con insaziabile ingordigia. Per poi essere allontanato, quando si mostra geloso, un gesto inaudito che lo porta alla follia.
Belle elabora in maniera sempre più complessa i suoi pensieri, ma si potrebbe dire che l’impianto di base resta sempre quello del cinema tradizionale, si finisce anche qui nella casa di appuntamenti dove lei esercita scoprendo una sicura fonte di guadagno. In questo non c’è tanta differenza tra l’indifferenza della Belle de jour di Bunuel, la bambola meccanica di Casanova nell’universo felliniano e la creatura di Lanthimos che incontra con supremo disinteresse tutte le possibili sottospecie di clienti concludendo una girandola sessuale espressa nel film fin dalle prime pulsioni, come sfogliare un catalogo caro ai registi mediterranei.
CERTO Lanthimos non propone un oggetto di tutto riposo, è un film che lotta corpo a corpo con lo spettatore, l’ironia come arma principale nei confronti di luoghi comuni, certezze, aspettative, teorie scientifiche dell’epoca illuminista, indagini e impegno sociale ottocentesco, credenze pedagogiche, certezze religiose e anche femminismo, perché la sua protagonista è una macchina da guerra più che una semplice donna.
La tremenda vendetta che mette in atto la protagonista alla fine potrebbe anche svelare che non si tratta di film sulla finalmente raggiunta totale libertà femminile, ma bisognerebbe ricordare che il cervello che muove quella bambola meccanica è pur sempre un cervello maschile, quello del feto ancora vivo di un bambino impiantato nella sua testa. Ma anche questo è lasciato nel dubbio.
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