Emergenza in Campania: ospedali infettati e Covid center prefabbricati vuoti o mai finiti
Piano regionale I medici di base si sono ritrovati ad affrontare il virus senza dispositivi di protezione e senza linee guida
Piano regionale I medici di base si sono ritrovati ad affrontare il virus senza dispositivi di protezione e senza linee guida
Un nuovo reparto di rianimazione e terapia intensiva con 13 posti letto è stato attivato ieri all’ospedale di Boscotrecase, in provincia di Napoli. La regione Campania ha dato l’annuncio: «Complessivamente sono 116,5 milioni di euro investiti nei nosocomi dell’Asl Napoli 3 Sud». La rincorsa a strutturare la rete sanitaria in vista di una possibile ripresa in autunno della pandemia non procede però senza intoppi.
I 5S AD APRILE hanno presentato un’interrogazione per chiedere i criteri con cui si sta affrontando l’emergenza. Tre ospedali, infatti, sono stati trasformati in Covid Hospital (Boscotrecase e, a Napoli, il Loreto Mare e il Cotugno). Nei due policlinici partenopei sono state sospese la quasi totalità delle attività istituzionali e in altri ospedali alcuni reparti sono stati svuotati. A fronte quindi della possibilità di utilizzare, ad esempio, le palazzine del policlinico oppure gli ospedali napoletani recentemente dismessi (con grandi polemiche) per i malati Covid, la regione ha deciso di acquistare tre ospedali in moduli prefabbricati per un importo di 15,5 milioni di euro (10,3 per il complesso da sistemare nel parcheggio dell’Ospedale del Mare Napoli, 2,6 rispettivamente per Salerno e Caserta).
L’OSPEDALE DA CAMPO DI PONTICELLI prevede 72 posti letto in 3 lotti: il primo da 48 posti, gli due da 12. A oggi ne sono pronti solo 30. I ricoverati ieri erano 4, assistiti da 55 tra medici e infermieri: si tratta di personale precario con contratti in proroga o in convenzione da altre strutture, cioè quando ha finito il turno va a fare gli straordinari a Ponticelli. «A Caserta e Salerno, invece, non è partito nulla – spiegano i 5S -. A Caserta, per altro, è stato espropriato il terreno a un privato. Il bando pubblico è stato vinto dalla società veneta Med, che aveva ottenuto una grossa premialità sulla concorrenza perché si era impegnata a realizzare i tre ospedali modulari in 18 giorni, i lavori sono cominciati il 20 marzo e non sono ancora finiti».
PROBLEMI CI SONO anche al Cardarelli di Napoli, il maggior ospedale del Sud con una molteplicità di offerte terapeutiche. «Anche in ottemperanza delle raccomandazioni della Protezione civile nazionale – spiegano i pentastellati in un’interrogazione che presenteranno venerdì – sarebbe dovuto rimanere escluso dalla rete Covid. Per essere preservato e continuare ad assolvere la sua funzione di Hub per tutte le emergenze. Invece la regione ha allestito due interi padiglioni dedicati all’assistenza dei pazienti Covid, investendo milioni di euro per tale scopo e contraendo l’offerta ospedaliera medica, chirurgica e specialistica di tutti i reparti». Così è successo l’inevitabile: l’8 maggio presso la Seconda Medicina è scoppiato l’ennesimo focolaio che ha coinvolto 8 persone, tra sanitari e pazienti. Il reparto era appena stato riaperto, dopo un precedente contagio.
DOPO IL NUOVO CLUSTER, «i 5 pazienti risultati positivi al tampone sono stati allocati presso l’Oculistica, senza renderne edotto il personale di assistenza, peraltro non equipaggiato con adeguati dispositivi di protezione; tutti gli altri pazienti della Seconda Medicina sono stati incautamente dimessi senza essere stati sottoposti a tampone». Il risultato è che dall’11 maggio il 118 non riesce a smistare le chiamate a causa delle interdizioni nei Pronto soccorso per esigenze di sanificazione o sovrafollamento. «La regione investe milioni per realizzare Covid center prefabbricati che risultano vuoti, mentre i pazienti Covid continuano a essere sparpagliati in tutti gli altri ospedali della Campania, contagiando operatori sanitari e pazienti ricoverati per altre patologie», il commento della capogruppo regionale M5S Valeria Ciarambino.
MENTRE LA CORTE DEI CONTI ha avviato un’indagine sull’accordo tra la regione e le cliniche private per curare i pazienti affetti dal virus (700 euro per ogni giornata di degenza in terapia sub intensiva e 1.200 per la terapia intensiva), il responsabile nazionale Giovani del sindacato Anaao, Pierino Di Silverio, fa il punto sulla medicina territoriale in Campania: «Il piano è stato varato solo nel 2019. La regione ha dimenticato questo comparto, con lo scoppio dell’emergenza si è ragionato alla giornata. Nella prima fase si è pensato agli ospedali ma nel frattempo soffriva il territorio. I medici di base si sono ritrovati senza dpi, senza direttive, senza linee guida. Palazzo Santa Lucia ha fatto un’ordinanza in cui si dice che dal 4 maggio si riaprono gli ambulatori: le direttive alle Asl, da attuare in 6 giorni, sono le stesse che le aziende avrebbero già dovuto mettere in atto nella fase precedente senza riuscirci. Infatti il 4 maggio la maggior parte degli ambulatori non ha riaperto. Dai medici di base, poi, si pretendevano le visite domiciliari senza dispositivi di protezione, solo ora la regione ha capito che serve la telemedicina».
VENIVAMO GIÀ DA UNA CONDIZIONE DISASTROSA, spiega Di Silverio: «A inizio pandemia in Campania c’era almeno il 20% di personale in meno; tra 2,8 e i 3,2 posti letto per mille abitanti, una delle medie più basse d’Italia, quando il minimo è 3,7». E poi ci sono i test: «La regione ha acquistato i sierologici non validati dal ministero, perché danno un’alta percentuale di falsi positivi, e li ha utilizzati anche in sostituzione dei tamponi. I reagenti sono sempre di meno, i dpi scarseggiano, se vado in ospedale non so se troverò l’ambulatori aperto o se c’è ancora il percorso Covid. I sanitari sono in burnout».
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