«Élite», sesso, tormenti e inquietudini della Generazione Z spagnola

Molto sesso – e nemmeno troppo patinato, colpi di scena degni della migliore (o peggiore…) soap opera, protagonisti seducenti e vicende che ruotano intorno al liceo Las Encinas, la scuola esclusiva frequentata dall’élite della società spagnola. Il successo di Élite – come in molti dei drama esistenziali che popolano i palinsesti tv e delle piattaforme – è tutto qui. Élite di tutte è la più longeva, arrivando in questi giorni su Netflix all’ottava e conclusiva stagione. Intrighi, rapimenti, scontri di classe e qualche elemento di critica sociale: l’odio razziale, l’omofobia perché molti dei personaggi di successo della serie hanno a che fare con l’universo Lgbtq, ma anche il bullismo la tossicodipendenza e la salute mentale fanno da sfondo all’ultima stagione. L’ironia dei primi anni si è un po’ perduta e il plot classico della serie – un omicidio iniziale che verrà risolto alla fine – suona un po’ scontato. Mentre le prime stagioni avevano personaggi ben delineati e dinamiche interessanti, i nuovi episodi soffrono di una mancanza di coerenza e sviluppo. Molti dei personaggi sembrano ripetere vecchi schemi comportamentali, senza mostrare una vera evoluzione. E anche il ritorno di alcuni protagonisti storici, come Nadia (Mina Hel Hammani), appare più come una mossa nostalgica che un contributo significativo alla trama.
Peccato perché la serie ha saputo lanciare nuovi volti che ora sono richiesti anche sui set cinematografici come Ester Esposito o la popstar messicana Danna Paula e ha messo in luce – anche prima della celebrata Euphoria – i tormenti della cosiddetta Generazione Z, ovvero i nati tra il 1997 e il 2012.