In questa prima giornata internazionale Zero rifiuti, decisa dall’Onu, il bicchiere della consapevolezza è mezzo pieno, quello dei fatti è mezzo vuoto. E viceversa.

L’UMANITA’ PRODUCE 2,24 miliardi tonnellate di rifiuti solidi (per non parlare di quelli industriali a monte). Nel 2050, con questo trend, si arriverà a 3,88 miliardi di tonnellate. Ogni anno, poi, si perdono oltre 930 milioni di tonnellate di cibo (con emissioni di gas serra in discarica). L’altro scandalo è l’esportazione di rifiuti «da riciclare». Quelli che non finiscono in mare. La giornata intende «promuovere modelli di produzione e consumo sostenibili con l’allungamento del ciclo di vita, per contrastare le crisi planetarie; i prodotti devono essere durevoli e richiedere meno materiali e di minore impatto, anche nei trasporti».

DAL CENTRO DI RICERCA Rifiuti Zero a Capannori, il suo fondatore Rossano Ercolini, decenni di esperienza in materia (la giornata del 30 marzo è frutto anche della «lobby» internazionale dei movimenti Zero Waste) riassume: «Rifiuti zero o spreco zero significa allinearsi con la natura, che non produce scarti. Ridurre, riparare, riusare sono assolutamente preferibili al pur positivo riciclo». Nei «Dieci passi verso rifiuti zero», la riduzione (con le buone pratiche individuali e collettive) si intreccia alle strutture per il riuso e la riparazione e ai centri di ricerca e progettazione per la chiusura del ciclo.

SPIA DELL’INSOSTENIBILITA’ di sistema, i rifiuti fanno danni anche a monte: nessun «ciclo virtuoso» può cancellare l’impronta climatica. l’impronta idrica, l’estrattivismo e la produzione di rifiuti industriali nei cicli accelerati di produzione, distribuzione, consumo di troppe cose inutili, troppe scartate, troppe avanzate, troppe subito buttate via, troppi involucri. Oltretutto, come ricordava anche su Et il merceologo Giorgio Nebbia, il riciclo ha un’impronta ecologica e climatica, genera scarti e non è un processo infinito.

ALTRO CHE PILASTRO DELL’ECONOMIA circolare. Ha scritto su il manifesto Federico M.Butera, fisico, docente e ambientalista: «Se continuiamo sulla linea del riciclo come pilastro della sostenibilità circolare e non come ultima spiaggia, non andremo lontano. Altro che new green deal, piuttosto greenwash new deal». Con i monouso «biodegradabili» come falsa soluzione.

«OCCORRE UN SALTO QUALITATIVO. Economia circolare spesso in Italia è sinonimo di riciclo. Per ridurre il prelievo di risorse in natura occorre uscire dalla logica del monouso. Oltretutto, secondo il Circularity Gap Report, l’anno scorso solo il 7,2% dei materiali è rientrato in circolo come materiale riciclato. Così l’economia circolare diventa una chimera» fa notare Giuseppe Ungherese di Greenpeace.

NORMATIVE, TECNOLOGIE, COMPORTAMENTI di singoli, comunità e imprese: la necessaria sinergia fra questi fattori deve partire da politiche di prevenzione, riduzione e riuso che vanno portate avanti dai governi. La buona volontà degli altri attori non basta. Dal 2008 la (poco rispettata) gerarchia europea nel campo dei rifiuti mette al primo posto la prevenzione, poi la preparazione per il riutilizzo e solo in seguito riciclaggio, recupero o smaltimento. Il Piano d’azione europeo per l’economia circolare (adottato nel 2020) prevede interventi volti a rendere i prodotti il più possibile durevoli, riparabili, riusabili, rifabbricabili, rigenerabili. Nella stessa direzione la recente proposta di Regolamento Ue sugli imballaggi (e il riutilizzo dei materiali potrebbe creare molto lavoro). Ed entro il 2026 in Italia verrà meno un doloroso scarto: i pulcini maschi delle ovaiole non saranno più triturati o asfissiati alla nascita grazie a un sistema di sessaggio nell’uovo.

IMPORTANTI I CIRCUITI DELLO SFUSO: nella catena Negozio leggero, oggi 30 marzo i clienti, con i loro contenitori portati da casa, sono i protagonisti, fra materie prime alimentari, prodotti d’igiene solidi, dentifrici alla spina e tant’altro. Dal canto suo, la direttiva europea Sup (sulla plastica monouso) ha vietato dal luglio 2021 diversi nefasti oggetti monouso quali piatti, tazze posate cannucce, cotton fioc, aste per palloncini (non i bicchieri). Poco ma è qualcosa.

UN ESEMPIO DELLE DIFFICOLTA’ VIENE dall’India: dal 2022 ha messo al bando 21 oggetti di plastica monouso sostituibili, fra i quali piatti, tazze, pellicole imballanti; ma nulla di fatto, per assenza di multe e controlli.

VA AVANTI INVECE IL TRATTATO GLOBALE vincolante sulla plastica, materiale eterno che per paradosso ha un uso istantaneo, getta e fuggi. Spiega ancora Giuseppe Ungherese: «Nell’individuazione di una serie di limiti planetari da non superare, il Centro sulla resilienza dell’università di Stoccolma indica le novel entities: le sostanze chimiche di sintesi. Un limite già ampiamente superato, soprattutto a causa proprio delle plastiche, derivanti dai più comuni idrocarburi. Le troviamo dovunque, per mare, in cielo, nel suolo, nell’aria e nei nostri corpi (si pensi alle micro-plastiche). Untrattato è urgente perché se gli attuali trend di consumo verranno mantenuti, entro il 2050- 2060 i volumi di plastica prodotta dovrebbero triplicare rispetto all’anno 2015. Le multinazionali dei combustibili fossili vedono in questo materiale l’ancora di salvezza per perpetuare il business, preoccupate per le quote di mercato che perderanno sui trasporti e sull’energia, stanno sorgendo nuovi impianti petrolchimici». Il trattato deve occuparsi di tutto il ciclo di vita della plastica. Vari paesi, da Europa, America latina, Africa, sembrano sostenere; altri non vogliono vincoli, altri ancora si focalizzano sui soli rifiuti, non pochi remano contro.

LA QUADRATURA DEL CERCHIO: per buona parte del modello globalizzato di consumo lo spreco di materiali è d’obbligo, la prevenzione impossibile e il pluriuso difficilissimo. Fast fashion, stoviglie monouso da asporto, elettronica consumistica, cibi trasformati non secchi (in vasetti, barattoli, vaschette e via dicendo), acqua e bevande quando non di prossimità, e-commerce, oggettistica, pile non ricaricabili eccetera. La pandemia ha aggiunto mascherine usa e getta, guanti, flaconcini di igienizzanti. E banchi a rotelle.

LUNGA VITA INVECE A SPORTA, RETINA, borraccia, sacchetti di tela e barattoli fantasy per gli acquisti sfusi, compostiera, abiti usati, pannolini lavabili, elettronica rigenerata, mobili dal giacimento del già esistente.