Alias

Eleanor Davis, il futuro non promette bene

Eleanor Davis, il futuro non promette beneEleanor Davis

Intervista Fumettista militante, con il suo nuovo graphic arriva al cuore delle lotte

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 1 agosto 2020

Collasso del sistema capitalistico, profonda crisi sociale, cambiamento climatico, adesso la pandemia tra le controindicazioni della globalizzazione: dire che il futuro non promette bene non è sicuramente originale, ma in pochi si prendono la responsabilità di opporsi e combattere personalmente contro questa tendenza. La fumettista statunitense Eleanor Davis nel suo nuovo libro, uscito per Rizzoli Lizard, intreccia ispirazione autobiografica-il proprio desiderio di maternità e l‘attivismo politico- in una trama di finzione che ci porta al centro delle lotte del suo collettivo e della personale battaglia volta a costruire un mondo più accogliente per il figlio che desidera avere. Una storia che ambientata in un futuro non troppo lontano, riflette le storture di un presente mai liberatosi dalle macchie dal passato nella rivendicazione dell’uguaglianza sociale e dell’accesso ai diritti.

Hai iniziato a lavorare su «Il futuro non promette bene» poco dopo l’elezione di Donald Trump. È stato più un atto di resistenza o una specie di esorcismo personale?
Direi che è stata una scelta molto personale. Dopo l’elezione di Trump sono diventata politicamente molto attiva, ma sento che il mio lavoro artistico è qualcosa di completamente personale, che manca di quell’obiettivo più ampio che coinvolge le forme di resistenza.

Nel libro affronti due battaglie: una personale e l’altra collettiva. Hai costruito la storia intorno a due poli opposti o cerchi di suggerire che l’istanza collettiva ha bisogno di un nostro cambiamento intimo?
Volevo raccontare la storia di una coppia nella quale entrambi sentono cadere a pezzi improvvisamente la propria vita, sia nell’aspetto personale che in quello collettivo. Per ogni individuo coinvolto in un gruppo che si batte per lo stesso obiettivo una perdita collettiva è anche una perdita personale; è questo il caso di Hannah e dei suoi amici.

Come ti è venuto in mente di rappresentare Zuckerberg come il prossimo presidente degli Stati Uniti? Ha qualcosa a che fare con il potere del controllo? Che relazione ha il personaggio di Tyler con questo aspetto?
L’ho scelto perché credevo che fosse un’idea sia divertente che realistica, oltre che davvero spaventosa.
Tra l’ubiquità di celebrità che si convertono in personaggi politici incompetenti e Facebook che ha il controllo sulla percezione della realtà di buona parte degli americani, è stato semplice immaginare Zuckerberg presidente. Immagino anche un futuro dove i moderati abbracciano una tendenza liberal-fascista in risposta a Trump. Non è chiaro nel libro-così come non lo è per me che ne sono l’autrice- quanto la paranoia di Tyler a proposito di Zuckerberg e Facebook sia giustificata. È possibile che possa essere completamente legittima.

Hannah e i suoi compagni devono rivedere le loro posizioni per evitare il carcere. Molte esperienze collettive terminano in questo modo, ma è anche una specie di climax nel libro, un punto di rottura…
È probabilmente la parte più dolorosa del libro, un colpo al cuore. Hannah perde tutta la sua comunità in un istante.

La polizia è la materializzazione del potere (o dell’abuso dello stesso) e controllo; in questo senso il tuo libro anticipa l’ondata di rabbia scatenata dalla morte brutale di George Floyd. Colpisce il personaggio dello «sbirro ok»: lo disegneresti anche oggi?
Credo che oggi più che mai sia importante mostrare «sbirri ok». I mostri non esistono; esistono persone comuni che compiono atti mostruosi. Se pensiamo che un agente di polizia possa essere gentile, divertente, e amare la propria famiglia e che non possa anche essere usato dallo stato come brutale strumento di oppressione, non potremmo mai batterci davvero contro quella stessa oppressione.

A proposito dell’aspetto grafico, l’uso di un bianco e nero affilato e drastico nelle scene degli scontri suggerisce una divisione simile tra il bene e il male; lo stesso b/n si ammorbidisce nelle immagini finali del bambino. Consideri la maternità come qualcosa di più complesso, che rompe le certezze e le convinzioni?
È un’osservazione interessante! Credo che ogni essere umano sia complesso e pieno di insicurezze e un bambino appena nato- completamente umano eppure del tutto non formato nella sua recente esistenza-sia la summa di questa complessità e incertezza che ci caratterizza.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento