Eileen, ritratto di donna fra noir, sensualità e emancipazione
Al cinema Il film tratto dal romanzo di Ottessa Moshfegh, anche cosceneggiatrice, insieme a Luke Goebel, per la regia di William Oldroyd. L'incontro fatale tra due donne in una cittadina nel nulla. Protagoniste Anne Hathaway e Thomasin McKenzie
Al cinema Il film tratto dal romanzo di Ottessa Moshfegh, anche cosceneggiatrice, insieme a Luke Goebel, per la regia di William Oldroyd. L'incontro fatale tra due donne in una cittadina nel nulla. Protagoniste Anne Hathaway e Thomasin McKenzie
Eileen – ancora in sala, da cercare, vale la visione – racconta una donna, è il ritratto magnetico anche se a volte disturbante di una figura femminile sprezzante, cinica, implacabile nel giudizio sui difetti altrui eppure anche romantica, sognatrice, che fantastica di vivere in quella città senza nome nel New England dove ha passato tutta la sua esistenza storie d’amore sensuali e eroticissime mentre verso il sesso ha molte fobie. Orfana giovanissima di madre, nessuna amicizia, un padre alcolizzato, Eileen lavora nell’amministrazione del carcere minorile. Qualcosa cambia all’improvviso quando arriva la nuova psicologa, si chiama Rebecca Saint John, è bionda platinata, colta, misteriosa, una perfetta femme fatale. All’origine del film c’è il romanzo di Ottessa Moshfegh, pubblicato nel 2015, l’autrice ne è produttrice e firma la sceneggiatura insieme al marito Luke Goebel, mentre la regia è di William Oldroyd. A dare vita a Eileen è Thomasin McKenzie, e nei panni di Rebecca c’è Anne Hathaway, il loro incontro è attrazione, manipolazione, desiderio ma quel legame queer – che c’è – provoca soprattutto un’accettazione di sé attraverso l’altro, come se il personaggio di Eileen in questa relazione – che intuiamo destinata al tragico – con Rebecca si scoprisse all’improvviso per la prima v olta, lontana dai condizionamenti di famiglia e sensi di colpa.
IN QUESTO senso Eileen convoca i codici del noir per rivederli spostando le tensioni su un femminile che ha una cifra collettiva e interroga attraverso le sue due protagoniste altre figure che fanno parte o che sono state in passato nella loro vita. Oldroyd aveva già lavorato nel suo Lady Macbeth (2016)su una storia di donne che in realtà desolate rifiutano i ruoli assegnati loro dall’epoca e dai luoghi che abitano. Eppure c’è ancora qualcosa di diverso. Che film è allora Eileen? Un oggetto strano, forse non del tutto riuscito ma che trae la sua forza nel modo in cui si avventura in queste figure femminili assumendo il genere per modificarne le traiettorie, e prima ancora le motivazioni. È questa la caratteristica di Moshfegh che è scrittrice giovane e attivissima – in Italia la pubblica Feltrinelli tranne Eileen uscito per Mondadori – con una vasta produzione letteraria e cinematografica – la Onniscient Production fondata insieme al marito trasforma in film i suoi romanzi, ora Andrew Haigh sta girando un film da McGlue, il suo libro di esordio, Margot Robbie ha opzionato i diritti di Il mio anno di riposo e di oblio i cui personaggi di giovani donne sono spesso grovigli di irrequietezza che cercano come qui un loro spazio di emancipazione.
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