Edilizia in ripresa, ma 150 mila operai sono «fuori contratto»
Lo studio Fillea Cgil - Fondazione Di Vittorio Settore in crescita grazie agli incentivi sulle ristrutturazioni, ma spesso vengono applicati accordi collettivi di altre categorie per fare dumping. Allarme malattie professionali: in sei anni sono aumentate del 21%
Lo studio Fillea Cgil - Fondazione Di Vittorio Settore in crescita grazie agli incentivi sulle ristrutturazioni, ma spesso vengono applicati accordi collettivi di altre categorie per fare dumping. Allarme malattie professionali: in sei anni sono aumentate del 21%
Nel settore delle costruzioni, «nonostante l’aumento delle ore lavorate, permane una quota importante di lavoro nero e grigio». A evidenziare questo problema è il II Rapporto sull’andamento delle costruzioni di Fillea Cgil e Fondazione Di Vittorio in cui si parla di una vera e propria «fuga dal contratto nazionale edile» con una stima approssimativa «che individua in 150 mila i lavoratori dipendenti a cui si applicano altri contratti anche se questi dichiarano di svolgere mansioni tipiche dell’edilizia».
Il nodo è emerso valutando la discrasia tra le rilevazioni Istat e quelle del sistema bilaterale edile, che testimonia «come questa fuga sia importante, sia sotto forma di universo del lavoro autonomo, sia da un punto di vista di non applicazione del contratto nazionale edile». Per contrastare questo fenomeno e il dumping conseguente nell’applicazione dei diversi contratti, la Fillea, unitariamente con Filca e Feneal, ha lanciato nel febbraio scorso una proposta di legge dal titolo «Stesso lavoro, stesso contratto». «Si tratta di un impegno importante, su cui come Cnel possiamo cominciare subito a ragionare sopra», ha dichiarato il presidente del Cnel, Tiziano Treu, durante la presentazione del rapporto aggiungendo che «per arrivare a un decreto c’è un mucchio di lavoro da fare e serve un forte consenso, ma siamo a disposizione visto che questa è una delle attività del Cnel».
Il rapporto ha fatto il punto anche su salute e sicurezza nel settore: il comparto delle costruzioni è da sempre caratterizzato da uno dei più alti indici di infortuni gravi e mortali, ma negli ultimi anni si è registrato anche un aumento delle malattie professionali «cresciute del 21,2% (+8.209 patologie denunciate) nel periodo che va dal 2011 al 2016».
Queste tendenze – spiega lo studio – sono probabilmente frutto di più fattori: «Una maggiore azione del sindacato e del patronato in materia – e l’emersione, quindi, di più episodi – l’invecchiamento relativo della popolazione (anche alla luce delle riforme previdenziali e dell’allungamento dei tempi per andare in pensione) e i rischi che alcune innovazioni di prodotto o processo tendono ad accrescere. Primo fra tutti il rischio chimico, dovuto al forte incremento nell’impiego di materie di sintesi e di origine nanotecnologica».
Infine, alcuni numeri sullo sviluppo del settore edilizio: la ripresa è «timida, lenta, contraddittoria», una «ripresina». Il comparto ha rappresentato nel 2017 il 9,6% del Pil, con circa 1 milione e 300 mila occupati e il 46% di tutti gli investimenti in conto capitale del Paese. Hanno funzionato bene gli incentivi per le ristrutturazioni: la quota di ristrutturazioni attivate dagli incentivi è passata dal 16% del 2007 (9 miliardi) al 40,7% del 2016 (28 miliardi), investimenti che hanno attivato mediamente 270 mila posti di lavoro. Dal 2013, con il variare degli incentivi, l’impatto è stato ancora maggiore: 400 mila posti nel 2016.
L’edilizia è da sempre un «volano» per l’intera economia: 1 miliardo di euro investito nelle costruzioni ha una ricaduta sul sistema economico per 3,5 miliardi, con 50 mila posti di lavoro incluso l’indotto.
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