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Edili in piazza: otto mesi dopo nulla è cambiato

Edili in piazza: otto mesi dopo nulla è cambiatoUn operaio iscritto alla Fillea Cgil durante uno sciopero

Settore Costruzioni Domani in cento città. Il 15 marzo lo sciopero per chiedere di riaprire i cantieri

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 14 novembre 2019

Il 2020 potrà essere per il settore delle costruzioni l’anno del ritorno in piena recessione o l’anno dell’avvio di una svolta: dipenderà dalla capacità del governo di invertire una politica economica fondamentalmente passiva e subalterna che, in particolare nell’ultimo anno, ha di fatto bloccato molti cantieri, scommettendo su una deregolamentazione che ha solo, ulteriormente, ingolfato la “macchina”. Dipenderà dalla volontà delle imprese di avviare un positivo ciclo di investimenti su ricerca, innovazione, sostenibilità ambientale e dalla volontà degli enti locali e delle grandi stazioni appaltanti (Anas, Rfi, Regioni, Comuni) di qualificare la propria azione valorizzando la qualità (e non il massimo ribasso), il lavoro (rispetto del Contratto nazionale edile e lotta al dumping), la salute e sicurezza. Partendo da queste valutazioni i quadri, le delegate e i delegati che hanno partecipato ai Direttivi nazionali unitari di Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, svoltosi il 21 ottobre scorso a Roma, hanno deciso di rilanciare la piattaforma che ci portò al grande sciopero del 15 marzo scorso.

Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea Cgil

Il 15 novembre prossimo sarà quindi “giornata nazionale di mobilitazione”, per dare forza alle proposte del sindacato anche rispetto ai tavoli di confronto che si vanno aprendo e che, se segnano un positivo cambio di metodo da parte del governo, saranno giudicati in base agli atti concreti che produrranno.
Quello che serve è infatti una vera politica industriale in favore del settore delle costruzioni, per adeguare e rilanciare la nostra rete infrastrutturale, con particolare attenzione al Sud e alle opere di “Connettere l’Italia”. Serve un forte contrasto all’elusione contrattuale e al lavoro nero, l’altra faccia di un’evasione fiscale che va colpita “senza se e senza ma” in quanto riduce le capacità del nostro welfare pubblico di assicurare diritti universali, dalla scuola alla salute ai trasporti.
Serve una riforma organica dei diversi incentivi, compreso l’ultimo previsto per il recupero delle facciate, subordinandone l’erogazione alla regolarità e congruità del lavoro (e per questo occorre dare attuazione alla congruità prevista dall’articolo 105 del Codice degli Appalti). Occorre che tutte le stazioni appaltanti assumano come obbligo la corretta applicazione dei contratti nazionali e territoriali edili nei cantieri contro ogni forma di dumping, che oggi vuol dire meno salario e meno sicurezza. Vuol dire fare di Progetto Italia uno strumento per il rilancio di tutte le grandi aziende con un ruolo pro attivo di Cassa Depositi e Prestiti e delle grandi banche. Serve una riforma organica delle norme urbaniste, pensate per quanto le città si espandevano, per fare della rigenerazione urbana, del recupero, della riduzione degli sprechi energetici il futuro dell’intero settore.
Serve non tanto ridurre trasparenza e diritti nel cantiere, ma una vera riforma del controllo preventivo di legittimità rimettendo mano alla responsabilità erariale dei dirigenti e al rischio contenzioso (per ridurre il cosiddetto sciopero della firma).
Serve tornare ad assumere ingegneri, architetti, geometri prendendo noi in mano la riduzione e la qualificazione delle stazioni appaltanti, agendo sin dalla progettazione delle opere la nuova filosofia dell’economia circolare e della sostenibilità dell’intero ciclo di vita del manufatto e dei materiali.
Per questo domani 15 novembre le lavoratrici e lavoratori delle costruzioni saranno in 100 piazze, per dare voce al bisogno di un lavoro, di qualità, al servizio del Paese.
* Segretario generale Fillea Cgil

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