Economia, i paletti della sinistra Pd. Fra dissenso e sottosegretari
Governo Spunta il nome di Goffredo Bettini alla cultura. Che però pensa alle europee di maggio
Governo Spunta il nome di Goffredo Bettini alla cultura. Che però pensa alle europee di maggio
«Coinvolgere la sinistra del Pd». Nel pieno delle trattative con i partiti della maggioranza, Matteo tiene bene in mente tutta la partitura del suo prossimo governo. Ieri ha incassato «l’indisponibilità» di Nichi Vendola. Ma non per questo il presidente incaricato rinuncia a immaginare che il suo sarà se non «un governo di centrosinistra», che è impossibile, almeno una sua variante. Con buona pace dell’Ncd, che infatti chiede chiarezza sul programma per non avere sorprese in corso d’opera. Ma che ormai è – spiega Renzi ai suoi – «distantissimo delle posizioni di Berlusconi».
Che si possa legittimamente definire o no «centrosinistra» – e ovviamente non si può – poco importa a Renzi. Fatto sta che sta che in queste ore sta cercando di stringere le viti con la sinistra Pd, che pure ha annunciato un documento programmatico «per la discontinuità della politica economica» che sarà presentato alla direzione di giovedì, dove il Pd discuterà, a un giorno massimo due dal voto di fiducia, del programma di governo.
Renzi e i suoi provano a lavorare a diversi livelli. Avrebbero immaginato, per esempio, di coinvolgere Goffredo Bettini al ministero della cultura, che però potrebbe essere accorpato a quello dell’Istruzione. Ma Bettini, già coordinatore della segreteria di Veltroni, cursus intellettuale scolpito per l’incarico, dopo quattro anni di lontananza dal gruppo dirigente Pd – oggi è componente della direzione, orientamento renziano ma autonomo, rapporto forte con Graziano Delrio – sarebbe orientato verso le europee, anche per misurare il suo ’Campo democratico’ con il voto. La sua area piuttosto punta su Sandro Gozi, vicepresidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa a Strasburgo, e papabile ministro per gli affari europei.
Per l’affondo a sinistra Renzi guarda anche dentro la minoranza Pd. E così ieri, rompendo le liturgie, subito prima di Sel ha incontrato Gianni Cuperlo, guida di una delle due opposizioni interne. Ufficialmente Cuperlo gli ha illustrato il documento economico con i paletti della sinistra e gli ha chiesto di conoscere «l’asse programmatico» del futuro esecutivo. «Dobbiamo negoziare un po’ di spazio con la Commissione europea per dare ossigeno agli investimenti, per ridurre le tasse e sostenere il lavoro. Siamo avvitati in una spirale in cui recessione e aumento della disoccupazione fanno aumentare anche il debito pubblico», ha spiegato in mattinata Stefano Fassina a Radio Città Futura. Stando ancora all’ufficialità, all’incontro nessuno ha fatto accenno a nomi per l’esecutivo («né richieste né offerte»). Eppure fra i renziani della cabina di regia c’è chi fa capire che nei circa quaranta fra sottosegretari e viceministri, ci saranno alcuni cuperliani (fra i ministri verrebbe invece confermato il giovane turco Andrea Orlando). E così l’area di Pippo Civati rimarrebbe definitivamente la sola all’opposizione del segretario-premier. Almeno sulla carta.
Nel frattempo però ieri con la sinistra Pd è scoppiata un’altra grana. Durante le consultazioni è spuntata l’ipotesi che metà del gruppo Gal (Grandi autonomie e libertà) potrebbe sostenere l’esecutivo, un tesoretto di quattro o cinque voti sempre utili al senato. Fra loro Vincenzo D’Anna, considerato vicino a Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario berlusconiano accusato di aver agevolato il clan dei Casalesi. Alla notizia, è scattato il muro del bersaniano Nico Stumpo:«Se ci fosse il suo sostegno cambierebbe la natura criminogena del governo». E Civati, ancora indeciso sul la fiducia: «Si verifica quello che avevo detto. Il nuovo hashtag è #cosentinostaisereno».
Infine, ancora sul lato sinistro ma stavolta oltre il perimetro del Pd, Sel conferma il suo no. Ma il partito di Vendola vive il tormento delle europee. Ieri il deputato Gianni Melilla ha incontrato il socialdemocratico tedesco Schulz, in visita a Roma, e annunciato il voto pro Pse in dissenso dal partito. Poi, bacchettato dal capogruppo Gennaro Migliore, ha corretto il tiro. Ma a Montecitorio ben 19 su 37 deputati di Sel ’soffrono’ l’appoggio al leader della sinistra greca Tsipras. E la linea del malumore interno, pure seppellita ai voti nell’assemblea di sabato, passa anche per il «no» a Renzi.
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