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Economia circolare, esperienze per uscire dal tunnel

Economia circolare, esperienze per uscire dal tunnel – Reuters

Crisi Per rilanciare l’economia ci vuole innovazione. E va abbandonato il ciclo lineare di produzione. Riuso degli elettrodomestici, riciclo dei rifiuti, mobilità sostenibile e sharing economy

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 13 maggio 2015

Chi pensa di poter rilanciare l’economia continuando con le stesse modalità di prima si sbaglia di grosso. Non si esce dalla crisi aspettando che accada qualcosa, come se dovesse «passà a’ nuttata», per dirla con Edoardo. Bisogna individuare nuove strade facendo leva sulle risorse profonde del nostro Paese: un patrimonio enorme fatto di ambiente, qualità, creatività, bellezza e, soprattutto di ingegno.

A tal proposito vorrei citare l’esempio di Camerata Picena dove vecchie lavatrici, frigoriferi, lavastoviglie dismesse invece di andare in discarica vengono recuperati e rimessi in commercio con tanto di garanzia per gli acquirenti, e dove ha appena aperto il primo outlet per elettrodomestici usati. Nei suoi capannoni si smontano, aggiustano e rimontano motori di lavatrici, serpentine di frigoriferi e cestelli di lavastoviglie in grado di funzionare ancora per anni. E’ un’attività simile a quella delle molte imprese che recuperano materia prima “seconda” dai Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche). Le apparecchiature elettroniche celano al loro interno miniere preziose di materie prime estratte da prodotti e non dal sottosuolo. In questo modo materiali e componenti destinati una volta alla discarica, tornano nel ciclo della produzione.

Il progetto viene portato avanti da un’azienda dell’anconetano (la Agp) ed è sostenuto da Legambiente. «Second Life», il nome già dice tutto, nasce per promuovere il riutilizzo dei prodotti usati prolungandone il loro ciclo di vita e sostenere la cultura del riuso. Una iniziativa importante e concreta che guarda con occhio attento alle esperienze di economia circolare in Italia. Quello che una volta veniva fatto dai “rigattieri” oggi assume una configurazione industriale che prende a modello l’economia della condivisione e del riuso. Possiamo dire, come affermano i suoi stessi dirigenti, che è un’impresa «figlia della crisi», un’azienda che nasce dalle difficoltà di questi anni durissimi decidendo di percorrere la strada dell’innovazione e della qualità, riuscendo a superare gli ostacoli scommettendo sul futuro.

Dalla linearità (produzione – uso – scarto) si passa alla circolarità (produzione – riciclo – riuso). Quello che fino ad oggi sembrava valere per gli elementi di base – carta, vetro, metallo etc. – adesso si estende sia alle materie prime “seconde” e alla componentistica. Si esplora una nuova frontiera dell’economia che sarà sempre più importante per dare qualità alla società, competitività alle imprese e lavoro.

Quando si parla di rifiuti il pensiero corre ai cumuli di spazzatura che si accatastano nelle strade delle grandi città, ai disastri della Terra dei fuochi o alle mille disfunzioni del ciclo di smaltimento. Eppure l’Italia è terra di contraddizioni con situazioni che vanno dalla crisi drammatica della Sicilia ad esperienze di eccellenza. Basti pensare che Milano è la prima metropoli europea, insieme a Vienna, per raccolta differenziata e medaglia d’oro mondiale fra le grandi città per numero di persone servite dalla raccolta dell’organico. Sono centinaia i piccoli e medi comuni sparsi dal nord al sud dove la differenziata è oltre il 70%.

L’obiettivo “rifiuti zero” è ormai una possibilità tecnologica ed economica concreta in grado di dare forza e competitività alla nostra economia e non solo un orizzonte culturale. La corretta gestione dei rifiuti va considerata come un settore strategico per la tutela dell’ambiente, ma anche per ripensare in chiave circolare la nostra economia. Lo abbiamo detto di recente presentando «Waste End», una report realizzato da Symbola e Kinexia, con una serie di proposte per abbattere, in cinque anni, due terzi dei rifiuti avviati a discarica, raddoppiare la raccolta differenziata, aumentare il numero di impianti di compostaggio e di preparazione al riciclo e per ridurre il numero delle discariche e degli inceneritori.

Da un nuovo approccio al problema non arriva solo una risposta di carattere ambientale ma anche di carattere economico, un contributo alla ripartenza dell’economia. Nel settore del riutilizzo si genererebbero fino a 10.500 nuovi occupati. Lo sviluppo del riciclo determinerebbe una crescita di 12.000 occupati rispetto alla situazione attuale. Il valore della produzione nell’industria di preparazione passerebbe da 1,6 miliardi attuali a 2,9 miliardi. E anche la manifattura riceverebbe una potente spinta dalla sistematica disponibilità di materia prima seconda.

All’economia circolare si affiancano le tante esperienze di sharing economy che stanno diventando parte delle nostre abitudini di vita quotidiana. Se qualcuno mi avesse detto qualche anno fa che a Milano ci sarebbero state trentamila persone ad usare il car sharing sarei stato dubbioso. Adesso sono centoventimila. Nessuno lo immaginava. I ciclisti di Roma si stanno organizzando per promuovere e sostenere il Grab, il grande raccordo anulare ciclabile. Un anello che si dovrebbe connettere con le altre piste che convergono verso il centro della capitale. Una risposta di mobilità sostenibile alle strade intasate dal traffico e al anche al caro-carburante ma, soprattutto, una straordinaria occasione per un suggestivo tour fra le bellezze di Roma.

Riuso di elettrodomestici, piste ciclabili, nuovo approccio al ciclo dei rifiuti, sono processi che stanno prendendo sempre più spazio nella nostra economia, dettati dalla crisi e dalla necessità, ma anche dalla voglia di cambiamento. Occasioni di nuovi stili di vita e allo stesso tempo di sviluppo e occupazione. Per questo possiamo dire che, per il nostro Paese, quello della green economy non solo è una strada obbligata, ma anche conveniente per tutti: per l’economia, per l’occupazione, per l’ambiente e per la qualità della vita dei cittadini. Perché il nostro Paese ha le energie per farcela, per superare uno dei suoi momenti più difficili dal dopoguerra e tornare ad avere fiducia nel futuro. L’importante è che l’Italia faccia l’Italia.

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