‘E Zezi, griot e gruppo operaio
Anniversario Il collettivo musicale di Pomigliano compie 50 anni, cantati e suonati con passione
Anniversario Il collettivo musicale di Pomigliano compie 50 anni, cantati e suonati con passione
Il Gruppo operaio ‘E Zezi nasce nel 1974 a Pomigliano d’Arco e trae il nome da «Zeza» (Lucrezia, moglie di Pulcinella), impicciona, plebea con ambizioni aristocratiche. «La Zeza» appartiene al teatro di strada, con attori tutti uomini. Con «zeziare» i napoletani indicano l’andare a zonzo di un flaneur, uno zonzeggiare da calabrone.
‘E Zezi in questo periodo festeggiano i 50 anni, suonati e cantati. Furono loro a rilanciare la musica popolare nel Mezzogiorno partendo dalla Campania Felix o, per Gioviano Pontano, Giardino delle Esperidi. In questi luoghi si è vissuto per secoli tra magia e superstizione ma secondo il ciclo eleusino del pane: seme-morte-rinascita. L’area vesuviana in cui si trova il casale di Pomigliano è ad alta concentrazione culturale: a due passi c’è Santa Anastasia la cui cattedrale, «La Madonna dell’Arco», custodisce migliaia di bellissimi ex voto e dove il lunedì in Albis si tiene la processione dei fujenti, devoti scalzi che cadono molto spesso in trance; a Somma Vesuviana si celebra la «Festa delle lucerne», a Nola quella dei Gigli; a Montevergine ha luogo il rito dei «femmenielli», residuo dei coribanti. Si annota, a margine, come elemento di un vissuto ancestrale, che Montevergine (Mons Vergilii) appartiene al complesso del Partenio e che il poeta latino era chiamato Parteniàs (verginella); a Giugliano si esegue una tammurriata col piffero che intona ritmi guerrieri romani. Questo il contesto, molto legato a riti agrari. Erano comunità ritenute «selvatiche» tant’è che nel 1600 i gesuiti decisero di inviare ad addestrarsi in loco, costiera compresa, (Las Indias de por acà), i futuri missionari destinati alle Americhe, all’India, all’Africa (Las Indias de por allà).
‘E Zezi in quanto gruppo operaio sono il prodotto di un’onda lunga.
La prima industrializzazione riguarda il trasporto su ferro a fine ottocento. Negli anni trenta si insedia l’industria meccanica e Mussolini crea un aeroporto militare. Nel ‘69 si impianta l’ Aeritalia, e, nel ’72, l’Alfasud con altre iniziative ex Casmez.
Ma cos’aveva ed ha ancora oggi di diverso Pomigliano? Un po’ di storia: dal ’67 opera la Nuova Compagnia di Canto Popolare, con le sue proposte di musica antica e colta; Einaudi edita nello stesso periodo la monumentale opera sui dialetti del Sud Italia di Rohlf; nel ‘70 le tradizioni musicali locali sono studiate da Alain Lomax, amico di Diego Carpitella; a Nola nasce nel ’70 «Il Laboratorio» di Vittorio Avella, sodale di Goffredo Fofi e saranno Vittorio Avella, Roberto De Simone, Mimmo Iodice a sottolineare, col volume Chi è devoto, l’importanza della Festa dei Gigli; nel ’77 Annabella Rossi e Roberto De Simone pubblicano Carnevale si chiamava Vincenzo; a Marigliano Leo De Berardinis esegue incursioni che cambiano il modo di fare teatro.
Si registra, cioè, l’esigenza di un arrevuoto (stravolgimento). In che senso? Con gli insediamenti industriali e le conseguenti modifiche del modo di vivere e di rapportarsi (la «fabbrica», con l’eccezione dell’Olivetti, era una fortificazione, un casale chiuso), le comunità entrano in profonda dissonanza cognitiva, vivono, ancora una volta, l’alienazione di chi non si identifica col proprio lavoro. Angelo De Falco, il mossiere de ‘E Zezi, si fa interprete di questo clima e continua, per vari aspetti, l’opera del pomiglianese Vittorio Imbriani, fondatore dell’etnografia, studioso di dialetti e fiabe popolari, si pone come antagonista della filiera orizzontale fordiana, convoca il popolo nel cerchio antico e nativo generato dall’ aunàta (adunata ma, anche, «riportare all’uno») intorno al tamburo costruito con pelle di capro, dionisiaco, e ad altri strumenti della tradizione. L’attività dei Zezi ha interessato centinaia di operatori culturali per l’autenticità del loro modo di esprimersi: l’osservare rughe su volti, fioriture, alberi, il profilo dei monti, sono già un pentagramma. Che significa, qui, «musica popolare»?
Che i sentimenti immediati (ira, bestemmia, rancore, nostalgia, liberazione…) si fondano su un altrettanto immediato grido, vibrazione, che viene trasformato in lallazione, canto, e, di bocca in bocca, patrimonio condiviso. La funzione dei Zezi è precisamente quella dei griot africani, i cantori dei villaggi. Una delle canzoni più note, ‘A Flaubert, narra lo scoppio di una fabbrica che provocò la morte di dodici operai. In essa Dario Fo intercettava un modo epico ed originario di esprimersi. Gli operai alla catena di montaggio trasformavano il rumore dei macchinari nel suono dei cimbali di una tammorra. I cinquant’anni vengono celebrati con l’uscita di un CD, Vocca d’oro – life for Gaza.
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