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È sul territorio che bisogna combattere

Covid-19 L’Organizzazione Mondiale della Sanità torna a ripetere che l’uso generalizzato delle mascherine è inutile. È evidente dunque che se si comincia a non dare ascolto agli oracoli di questa istituzione […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 10 aprile 2020

L’Organizzazione Mondiale della Sanità torna a ripetere che l’uso generalizzato delle mascherine è inutile. È evidente dunque che se si comincia a non dare ascolto agli oracoli di questa istituzione si possono compiere dei passi in avanti nella strategia di contrasto al Covid 19.

Partiamo dalle mascherine. Proviamo a immaginare che a breve potremmo averne in numero sufficiente per un uso quotidiano, anche semplicemente quelle usate in chirurgia. Ebbene, su che logica si regge l’affermazione che esse servono solo a non infettare gli altri, e dunque non a proteggere chi la porta? Se la portiamo tutti nessuno sparge il virus, chi è positivo lo tiene per sé, e limita la diffusione. Anzi la spezza. Perché sarebbe inutile portarla anche all’aperto? Se io mi trovo a passare sulla scia di un infettato, che è passato davanti a me, anche mantenendo la distanza di sicurezza, io posso respirare, mentre passo, il nugolo di virus che galleggia nell’aria, mantenuto in sospensione soprattutto dal particolotato ( come affermato da tanti scienziati inascoltati).

E in Lombardia – per stare in tema – che vanta il più alto tasso di cementificazione degli ultimi decenni, di particolato nell’aria ce n’è in abbondanza, fortunatamente calato di recente per la diminuzione del traffico veicolare. Quindi portare tutti le maschere sarebbe assai utile, e anche se il virus dovesse filtrare da mascherine chirurgiche, avrebbe un potere di diffusione evidentemente assai ridotto. Il virus rimane nei soggetti portatori e non si sparge nell’ambiente. È poco?

Alla curiosa a tesi dell ’Oms secondo cui l’uso della mascherina indurrebbe i cittadini ad abbassare la guardia, si può facilmente replicare – senza voler difendere più di tanto l’intelligenza degli italiani – che anche il distanziamento sociale potrebbe indurre le persone ad attenuare la sorveglianza, a non lavarsi le mani, ad entrare senza mascherina negli ospedali e nei luoghi chiusi dove sono stati potenziali positivi privi di mascherina.

Dopo un mese di quarantena totalitaria, i milioni di italiani che non si sono ammalati, sono evidentemente tutti sani, non hanno il virus, tranne una frazione di qualche migliaio che si infetta ogni giorno. Dunque, il 99 virgola qualcosa per cento è sano e certamente deve osservare tutte le disposizioni governative oggi in vigore. Ma allora dobbiamo chiederci: a quale tipo di strategia ubbidisce l’idea di impiegare tante energie per censire, tramite test sierologici, qualche centinaio di migliaia di guariti, senza peraltro avere la certezza assoluta della loro conseguita immunità?

Per far circolare una frazione infinitesimale di persone teoricamente immuni? Perché non inviare i sanitari presso le famiglie di tutti coloro che risultano quotidianamente positivi per fare i tamponi ai familiari e provvedere al loro isolamento?

In questo modo si capovolge la logica dominante. Non siamo tutti potenzialmente malati, siamo al contrario tutti sani, e la frazione che si ammala va soccorsa, ma senza dimenticare la sua provenienza familiare e territoriale. E lì che si combatte la lotta, sempre più nel territorio e sempre più limitatamente negli ospedali, se si vuole arginare la diffusione dei nuovi casi. Un controllo di questo tipo, con strumenti tecnologici che non mancano, potrebbe rendere meno inquietanti le prospettive future.

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