Sul fronte del porto di Civitavecchia grossa è la confusione, ma la situazione è tutt’altro che eccellente. Dopo la presa di posizione del sindaco Antonio Cozzolino, l’ipotesi che il molo Amerigo Vespucci del secondo porto turistico europeo (dopo quello di Barcellona) ospiti un hotspot, cioè una struttura per distinguere i migranti economici dai richiedenti asilo, è stata avversata dalle variegate destre sovraniste.

Domenica da queste parti è venuta Giorgia Meloni. Ieri è stata la volta del leghista Matteo Salvini. Nella propaganda xenofoba si generalizza, si disegnano scenari apocalittici, navi di disperati trainate da Lampedusa alla costa laziale, barconi alla deriva che gettano l’ancora nelle acque del Tirreno. Lo scenario immaginifico è lontano dalla realtà ma rischia di fare proseliti. «Non resteremo inermi a guardare la sostituzione etnica del popolo italiano», dicono ad esempio evocando paranoie razziste quelli di Gioventù Identitaria, che ieri hanno (molto simbolicamente) bloccato il porto con uno striscione. Salvini ha manifestato assieme a CasaPound, in città, a tre chilometri dal molo che dovrebbe ospitare i migranti. Ad accoglierlo, un presidio antirazzista.

«Il governo, ha preso brutti provvedimenti limitando garanzie costituzionali, calpesta tanti principi di umanità, va cercando accordi per non far proseguire i disgraziati che hanno iniziato il viaggio della disperazione, va denigrando le Ong, ha scritto una bruttissima pagina sullo ius soli – dice Roberto Sanzolini, presidente dell’Arci di Civitavecchia – Ma se deciderà per l’hotspot nel nostro porto, facciamo che questo non diventi la ‘isola delle Lacrime’, ma la porta d’accesso di un paese civile».
Si organizzano anche i portuali. «Questa è una città solidale e antirazzista» spiega Enrico Luciani, che è presidente della Compagnia lavoratori portuali, è stato consigliere regionale di Rifondazione ed è storicamente la voce dei cantieri navali. «Siamo andati a parlare con Meloni, per chiederle che alternativa proponesse – racconta Luciani – Lei ci ha detto che bisogna bloccare le navi dei migranti, una proposta irricevibile».

I portuali dicono che la banchina 28, quella che solitamente ospita le operazioni d’imbarco della automobili che dalla Fiat di Melfi vengono portate oltreoceano, a Baltimora, è una landa di cemento desolata, che oltre che produrre un danno economico ai traffici già in crisi non è adatta a ospitare centinaia di uomini e donne. Quel luogo con ogni probabilità è stato scelto dal ministero dell’interno perché facilmente controllabile. Si propone un’alternativa: allestire l’area del cantiere navale Privilege, che si trova proprio davanti allo spazio attualmente sotto l’occhio del ciclone. È un sito con capannoni, mense e sanitari, che racconta un pezzo di città e della crisi di questi anni: fino a qualche anno fa ospitava un’azienda affondata da una tempesta di reati fiscali e raggiri economici, con tanto di sottrazioni indebite, arresti per gli amministratori e prestiti allegri di banca Etruria, Montepaschi e Banca Marche. «Se dobbiamo ospitare delle persone, dobbiamo farlo nelle migliori condizioni», annuisce Patrizio Scilipoti, consigliere comunale per l’Mdp. Tra chi semina allarme chi è in cerca di faticose vie d’uscita, si registra il silenzio del Pd locale, praticamente assente dal dibattito pubblico.

La macchina burocratica intanto pare procedere come se tutto sia stato già scritto. L’atto ufficiale che ha dato il via alle operazioni per la realizzazione del quinto hotspot italiano risalirebbe allo scorso 13 luglio, dunque saremmo a qualche giorno prima delle visita di prefettura e questura con le autorità locali e quelle portuali che che ha scatenato l’allarme. Circola anche il testo di un’ordinanza del presidente dell’Autorità portuale, Francesco Maria di Majo, che autorizza all’allestimento di un cantiere «per i lavori di manutenzione della banchina 28. Tali lavori saranno eseguiti dalla Sportello riparazioni e costruzioni navali». Nel documento non ci sono scadenze e specifiche d’intervento: si parla genericamente di attività di «manutenzione ordinaria e straordinaria» che procederanno «fino a fine lavori».