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«E ora nuove linee guida»

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Eterologa L’Associazione Luca Coscioni e Stefano Rodotà: «Non serve una nuova legge». Dopo la sentenza della Consulta sulla procreazione assistita si apre il dibattito sul da farsi

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 11 aprile 2014

«Caos», «Far west procreativo», «vuoto normativo»? Gli argomenti usati, tra gli altri, dalla ministra della Salute Beatrice Lorenzin per giustificare un nuovo intervento legislativo sulla fecondazione eterologa sono – per il giurista Stefano Rodotà intervenuto ieri alla conferenza stampa indetta dall’Associazione radicale Luca Coscioni – «vecchi» e «infondati». Ora che la Consulta ha bocciato un altro totem della «più ideologica delle leggi italiane da quando è nata la Repubblica, nel 1948», Rodotà avvisa invece il Pd: «Non si deve far intrappolare» sulla legge 40 con la «scusa di salvare la maggioranza». «Non c’è bisogno di alcuna legge – aggiunge il giurista – ma solo di qualche modesto ritocco: sulla questione dell’anonimato, per esempio, o sugli approfondimenti diagnostici preliminari per tutelare la salute del nascituro». In sostanza, basterebbe aggiornare le linee guida che furono emanate nel 2008 dall’allora ministra Livia Turco.

Perché, come ha spiegato ieri l’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni e regista della lunga battaglia legale che ha portato allo smantellamento della legge 40, «non si è creato alcun vuoto né normativo, né scientifico, né giuridico», mentre quelle linee guida «risultano superate sotto alcuni profili sia in riferimento all’intervento della Corte Costituzionale nel 2009 che ha cancellato il limite dei 3 embrioni producibili e l’obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti e sia in riferimento all’ultimo intervento della Consulta che ha cancellato il divieto di eterologa. Dovrà anche essere aggiornato il consenso informato che viene redatto dai ministeri della Salute e della Giustizia – ha aggiunto Gallo – sia sul numero di embrioni che sull’eterologa. Se poi, con grande onestà, la ministra Lorenzin volesse estendere alle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche la possibilità di accesso all’eterologa, oggi vietata, adotterebbe il concetto di infertilità più ampio che vige in molti Paesi europei».

Anche la presidente della commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi (Pd), auspica un intervento del governo in tal senso aspettando che il Parlamento si faccia carico «di mettere a posto la normativa», dopo che la Consulta, spiega, ha «falcidiato, secondo me giustamente, la legge 40». Per onore di cronaca, va ricordato però che l’ultimo tentativo di “aggiornare” le linee guida – che per fortuna non furono mai emanate perché bocciate dal Consiglio superiore di sanità – lo fece nel 2011 l’allora sottosegretaria Eugenia Roccella, poche ore prima della scadenza ufficiale del governo Berlusconi, ripristinando il divieto alla diagnosi preimpianto sull’embrione cancellato nel 2008 dal Tar del Lazio.

Ma forse oggi, nell’era di Papa Bergoglio – ritiene Rodotà – è più difficile sostenere quelle «argomentazioni sui valori non negoziabili» che, come ricorda l’ex garante della privacy riferendosi al centrosinistra, vennero «fatte proprie da una parte di quel mondo che dovrebbe farsi paladino dei diritti, più che della laicità, e che precludono la possibilità del dialogo». «Il ruolo che è stato esercitato nel recente passato dalla Cei è stato molto pesante – ha argomentato Rodotà – ora invece la rivoluzione di questo Papa che apre al dialogo potrebbe neutralizzare le posizioni più intransigenti». Posizione probabilmente già abbandonata da chi è oggi a capo del governo e che pure fu orgoglioso fondatore dei Teo-dem margheritini e nel 2005, da presidente della provincia di Firenze, si fece promotore dell’astensione nel referendum radicale contro la legge 40.

Come Rodotà e al contrario della ministra Lorenzin, anche Amedeo Santosuosso, bioeticista e consigliere di Corte d’Appello a Milano, pensa che la sentenza della Consulta non abbia lasciato «nessun vuoto normativo: ora il regime giuridico è perfetto». Mentre Umberto Veronesi si augura che in futuro anche le coppie omosessuali e le single possano accedere alle tecniche di Pma, limiti di accesso che, secondo l’oncologo, «verranno presto rivisti», non dal legislatore ma «dalla magistratura».

In effetti, come ricorda ancora Filomena Gallo, «entro l’anno arriveranno al vaglio della Consulta gli ultimi due divieti della legge 40: il no all’accesso alla diagnosi pre-impianto per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche e la possibilità di donare alla ricerca scientifica gli embrioni non idonei per una gravidanza». Un punto, quest’ultimo, ha detto il consigliere comunale di Milano, Marco Cappato, dell’associazione Coscioni, su cui i Radicali sono «molto determinati»: «Al Parlamento europeo – ha aggiunto – è prevista l’audizione dei comitati che hanno condotto una campagna europea per proibire la ricerca. Noi vogliamo andare, in Europa e in Italia, esattamente nella direzione opposta, smontando il divieto sulla ricerca scientifica sugli embrioni. Per questo abbiamo anche pronte azioni di disobbedienza civile».

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