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E ora al posto della scheda il gratta e vinci

Italicum Il patto Berlusconi-Renzi sulla legge elettorale resiste, anche se ci sono stati 101 franchi tiratori (Stavolta non tutti del Pd. Neanche l’altra). Ma resiste, senza altrettanto clamore, anche il patto […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 13 marzo 2014

Il patto Berlusconi-Renzi sulla legge elettorale resiste, anche se ci sono stati 101 franchi tiratori (Stavolta non tutti del Pd. Neanche l’altra). Ma resiste, senza altrettanto clamore, anche il patto Berlusconi-Alfano (Nuovo Centrodestra e Forza Italia si sono divisi solo perché così prendono più voti. Tanto che anche nel Pd c’è chi vorrebbe dividersi in un partito di centro e uno di destra), grazie al quale tornano le contestate «candidature multiple» che consentono ai diversamente berlusconiani di candidarsi in otto collegi diversi per essere sicuri della rielezione.

Bocciate le primarie obbligatorie per legge, anche dai Cinquestelle (Grillo si era già espresso ai tempi delle primarie Pd: «Non capisco perché spendere due euro per farsi prendere per il culo». Quando ci sono qui io che lo faccio gratis).

Bocciate le preferenze perché «favoriscono la corruzione», pure se non è stato eletto con le preferenze il senatore De Gregorio, che ha confessato ai magistrati di essere stato pagato da Berlusconi per silurare Prodi (il che dovrebbe bastare a rendere Berlusconi incompatibile con il Pd, che Prodi lo ha silurato gratis).

Bocciata – con grande scandalo del Pd – la parità di genere: anche dai Cinquestelle (per loro «Uno vale Una»). Approvata la soglia del 37 per cento dei voti per ottenere il 55 per cento dei seggi (ancora incerti se sostituire direttamente la scheda elettorale con un gratta e vinci, che secondo il parere dell’ufficio legislativo di Forza Italia potrebbe essere meno incostituzionale), e quelle per lasciare fuori dal parlamento i «piccoli partiti» sotto all’8 per cento e le coalizioni sotto al 12 per cento, ossia lasciare fuori dal parlamento i piccoli milioni di elettori – tipo il doppio di quelli che hanno votato Renzi alle primarie – senza che la cosa scandalizzi il Pd, favore alla parità di genere «per garantire la rappresentanza» delle donne. Incappando in un’altra, vistosa, contraddizione: giusto volere le quote rosa in un paese all’80esimo posto su 135 nella classifica delle nazioni con meno discriminazioni di genere e al 101esimo posto per partecipazione delle donne alla vita lavorativa (ci avviciniamo allo Yemen: un altro po’ e vinciamo il Burqa di legno), ma non ci si può nascondere dietro alla parità al governo (dove le donne sono meno di un terzo, se conti i sottosegretari) se tra queste c’è alla Sanità una donna favorevole alla Legge 40 (che poi, se sei contraria alla fecondazione eterologa, come puoi essere favorevole alla nascita del governo Pd-Ncd?).

Non bastano le quote rosa in un paese dove – con voto favorevole del Pd – viene approvato il congedo parentale obbligatorio come in Svezia, solo che lì viene richiesto ai neo-papà di accudire il neonato per due mesi, qui per un giorno (di più, pensò Monti, un neonato non può restare con lo stesso pannolino). O dove le donne sono costrette agli aborti clandestini perché l’80 per cento dei medici, in ossequio al Vaticano, sono obiettori di coscienza.

Fortuna che questo Papa è un rivoluzionario: il suo consigliere, cardinale Walter Kasper, vuole dare l’ostia ai divorziati. Già pronto lo slogan: «Comunione e Liberazione».

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