Al ministro dell’Istruzione, il leghista Giuseppe Valditara, era sfuggito qualche mese dopo essersi insediato: «Il mio obiettivo – aveva detto a gennaio scorso – è quello di elaborare ipotesi volte a favorire la sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, nella consapevolezza che ci vorrà un approccio particolarmente innovativo per attrarre al sistema d’istruzione risorse sempre maggiori, in grado di elevare la dignità del personale scolastico e la qualità della nostra offerta formativa». Non aveva usato la locuzione esplicita «gabbie salariali» ma il giro di parole usato allora nel commentare l’impossibile costo degli affitti per gli insegnanti non riusciva a nascondere il concetto che così era stato inteso. Le opposizioni e i sindacati si misero subito sul piede di guerra e a Valditara toccò passare altri mesi a negare di averlo anche solo pensato.

Ma l’intenzione del governo c’era e così quello che non poteva essere detto esplicitamente di giorno un anno fa, viene oggi fatto passare di notte: un odg è stato infilato nell’aspra discussione sul salario minimo di martedì scorso alla Camera e poi, nottetempo, approvato. La proposta del leghista Andrea Giaccone, passata con il parere favorevole del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, in rappresentanza del governo, parla chiaramente di inserire una «quota variabile» di stipendio per i dipendenti pubblici, in particolare nel settore dell’istruzione, calcolata sul luogo di attività. «Niente di nuovo sotto il sole – attacca la Flc Cgil – significa reintrodurre le gabbie salariali in un Paese che avrebbe bisogno di superare i divari territoriali che lo affliggono». «Invece di aumentare gli stipendi trovando le risorse per il rinnovo del contratto 2022-24 – nota il sindacato – il governo pensa evidentemente a come abbassarli».

A preoccupare di più è il combinato disposto con una eventuale autonomia differenziata. Per il dem Marco Sarracino «è un colpo alla coesione e all’unità nazionale, che si aggiunge allo scellerato progetto di autonomia differenziata». Di «ennesimo schiaffo al Sud, dopo il ridimensionamento della rete scolastica e le autonomie» parlano anche le deputate e i deputati 5S in commissione Istruzione alla Camera, definendo l’odg «un’ultima ciliegia avvelenata». «Le gabbie salariali sono un insulto per migliaia di insegnanti – dice Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi Sinistra – smascherano il sentimento antimeridionalista latente di questo governo». E se al governo «si sono accorti che lo stipendio da insegnante non è sufficiente a sostenere i costi della vita che aumentano» allora «gli insegnanti vanno pagati di più in tutta Italia». Mentre la segretaria del Pd, Elly Schlein accusa: «Il governo mette nero su bianco che un insegnante al Sud debba prendere di meno rispetto a un insegnante al Nord». Persino Iv, con Davide Faraone, attacca: «La Lega, per ragioni di propaganda, non si fa problemi a produrre danni incalcolabili nella vita di centinaia di migliaia di persone».

«Polemiche pretestuose», «demagogia», rispondono dalla Lega con il senatore Romeo che prova a spiegare che «il principio della parità retributiva non viene meno» perché si parla di «trattamenti economici accessori». È vero che un odg ha un valore principalmente indicativo e non è una legge ma intanto la porta è stata aperta, il messaggio mandato, l’eventualità di gabbie salariali sdoganata. E l’argomento che al sud si debba essere pagati di meno comincia ad essere sempre meno inaccettabile.