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È il giorno di Orlando. Ma «la base» si muove e il Pd perde altri pezzi

È il giorno di Orlando. Ma «la base» si muove e il Pd perde altri pezziIl ministro Andrea Orlando – LaPresse

Democrack Oggi il ministro annuncia la corsa nel più combattivo circolo di Roma Errani dà l’addio al partito, ma resta commissario alla ricostruzione. Emiliano già a muso duro contro i due avversari A giorni l’esordio di piazza della «nuova cosa»

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 23 febbraio 2017

Sarà il giorno di Andrea Orlando. Stando a un tam tam cresciuto nelle ultime ore, l’occasione sarà questo pomeriggio alle 18 in un incontro al popoloso e combattivo circolo Pd Marconi, quello degli «indomabili» non precisamente renziani. Per il ministro la stretta sui tempi è stata obbligatoria. La commissione congressuale ha ingranato la quarta e per venerdì avrà già pronta la data delle primarie, con ogni probabilità il 9 aprile, e il regolamento. I militanti avranno tempo fino al 28 febbraio per tesserarsi, ma chi non vorrà farlo potrà comunque votare alle primarie, come ricorda in queste ore il candidato Michele Emiliano. Ma soprattutto Orlando deve battere sul tempo l’avvio della scissione degli ex Pd: deve tamponare la vena aperta sul fianco sinistro del partito. Da cui cominciano a uscire non solo i dirigenti di area ex ds – la sua base congressuale di elezione – ma anche militanti e interi circoli.

Ieri mattina una nuova riunione fra bersaniani e ex Sel ha sancito la road map delle due scissioni parallele e convergenti: venerdì, al massimo sabato la presentazione dei nuovi gruppi. Alla camera siederanno alla sinistra della presidente Boldrini, sopra gli scranni di Sinistra italiana, alla quale resteranno 13-14 deputati. Per reagire allo smacco, c’è chi ipotizza la riunione fra Si, civatiani e ex M5s (che siedono nel misto); ma da Possibile arriva una smentita.

Quanto al nuovo gruppo, ancora non c’è una decisione sul nome. Al ’dalemiano’ «Uguaglianza e libertà» i bersaniani rilanciano con una sigla che faccia riferimento più diretto al «centrosinistra», per indicare tutto lo spettro politico in cui si vuole pescare consenso. Resta ancora qualche nodo da sciogliere: nel nuovo gruppo le componenti dovranno stringere un gentemen’s agreement sui voti al governo: gli ex Sel hanno alle spalle quattro anni di opposizione, e per cambiare atteggiamento verificheranno se ci sono «fatti nuovi» nell’agenda sociale del premier Gentiloni.

Anche se con il passare delle ore torna in auge la possibilità di votare presto, anzi prestissimo. L’elezione del nuovo segretario Pd già il 9 aprile autorizza più di un sospetto sulle intenzioni di Renzi: voler precipitare il voto a giugno. L’ex segretario sfrutterebbe il traino della campagna per la gazebata. Non a caso proprio nella direzione della ricerca dell’incidente parlamentare oggi i dem di tutte le parrocchie leggevano le parole del reggente Matteo Orfini sulla Stampa: da dove ha chiesto di fermare le privatizzazioni e di mettere la fiducia sulla legge per lo ius soli. L’iniziativa ha fatto insospettire Forza Italia e imbufalire Ncd.

L’ipotesi di voto anticipato, smentita dal capogruppo Ettore Rosato («Non è sul tavolo») è considerata verosimile anche dagli scissionisti Pd, che proprio sulla durata del governo avevano chiesto garanzie a Renzi, senza riceverne. La nuova ’cosa’ potrebbe pesarsi subito in una campagna elettorale. «Stiamo ricevendo tantissime telefonate e in molte località, dove si andrà al voto in primavera, in tanti sono pronti a presentare già nuove liste», spiega un bersaniano di rango. Sabato gli ex Sel riuniranno a Roma i dirigenti per mettere subito in moto la macchina della loro base. Altrettanto faranno gli ex Pd la prossima settimana. Ma molti i militanti dem hanno già cominciato a organizzare autonomamente la propria uscita dal partito (dal Nazareno fioccano smentite). E dall’Emilia Romagna arriva una defezione di peso: Vasco Errani annuncerà il suo addio sabato a Ravenna. Manterrà però la carica di commissario alla ricostruzione post-terremoto. Da Palazzo Chigi si fa sapere che «la stima» resta e che nessuno chiederà le sue dimissioni da un incarico ancora ben lontano dall’essere portato a termine.

La preoccupazione è quella di evitare la sensazione di un’operazione solo di palazzo, spostando i riflettori, quelli che resteranno accesi, sui territori. Fra dieci giorni, al massimo fra due settimane, un evento ’di popolo’ segnerà l’esordio di piazza del nuovo partito-movimento.

In parlamento però i numeri ancora ballano: sono dati in uscita dai 18 ai 23 deputati, almeno in questo primo scaglione, in testa naturalmente gli ex segretari Bersani e Epifani, l’ex capogruppo Speranza, l’ex responsabile organizzazione Nico Stumpo, l’ex responsabile delle donne dem Roberta Agostini. Restano invece nel Pd il bersanianissimo Andrea Giorgis e forse anche il giovane Enzo Lattuca. Che si siederanno insieme ai 17 ex Sel di Campo progressista più tre deputati provenienti dal misto. Al senato invece gli uscenti sono 12. Lì non ci sono vendoliani in uscita: Uras e Stefano, anche loro vicini a Pisapia non sono mai entrati in Sel e siedono nel misto.

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