È il giorno della revoca, Autostrade verso il default
Fuori i Benetton Conte non teme il ricorso di Aspi: il pubblico non può farsi ricattare da chi è responsabile del disastro. Perfino Renzi attacca Meloni e Salvini: sono loro ad aver votato il rinnovo ai Benetton
Fuori i Benetton Conte non teme il ricorso di Aspi: il pubblico non può farsi ricattare da chi è responsabile del disastro. Perfino Renzi attacca Meloni e Salvini: sono loro ad aver votato il rinnovo ai Benetton
Perfino Angela Merkel è «molto curiosa di sapere come andrà il consiglio dei ministri su Autostrade». Potenza del provincialismo delle domande fatte a Giuseppe Conte nella conferenza stampa congiunta di ieri pomeriggio. Rispondendo, il presidente del consiglio ha ribadito implicitamente la sua linea per la revoca della concessione ad Aspi, sebbene abbia detto che «sarà una decisione collegiale con gli altri ministri».
NONOSTANTE UNA DIPLOMAZIA non mostrata nelle due interviste concesse il giorno precedente in cui esplicitava la volontà di liberarsi di Atlantia e dei Benetton a quasi due anni dalla strage del ponte Morandi, il presidente del consiglio ha anche già abbozzato il futuro e la linea sui ricorsi già annunciati da Aspi. «Abbiamo delle soluzioni da offrire, per cattiva manutenzione e inadempimenti la responsabilità va sul management soggetto ad azione di responsabilità, non sulla cittadinanza che deve subire il ricatto di eventuali conseguenze che avrebbero le decisioni pubbliche sul concessionario privato». Tradotto: i ricorsi non possono essere uno spauracchio per non revocare la concessione, sono gli ex manager di Aspi ad essere stati responsabili del crollo – l’ex ad Giovanni Castellucci è tra i principali indagati nell’inchiesta sul crollo che provocò 43 morti.
Quanto a cosa succederà dal momento della revoca, l’unica possibilità è la presa in carico di Anas – proprietaria delle infrastrutture – anche della loro gestione del traffico di auto. In questo senso il governo si sta preparando la possibilità di assumere direttamente parte dei 7 mila dipendenti di Aspi. Con i sindacati che chiedono al più presto un confronto con il governo e sottolineano come anche il personale di Anas sia «sottodimensionato».
Oggi dalle 11 dunque il governo dovrebbe formalizzare la decisione: «Ci sarà un’informativa al consiglio dei ministri, è una decisione che deve coinvolgere tutto il governo, tutti i ministri domani saranno nelle condizioni di conoscere i dettagli, c’è la necessità di adottare una decisione perché questa vicenda si trascina da troppo tempo», ha annunciato Conte. Difficile ipotizzare un rinvio e ancor di più un via libera all’ultima proposta di Aspi, soluzione invece caldeggiata da Italia Viva – ma ieri sera Renzi ha attaccato la destra sul rinnovo della concessione («Autostrade ha preso un sacco di soldi, dice Meloni. Vero. Sapete chi è che ha prorogato le concessioni? Il governo Berlusconi nel 2008, dove Meloni era ministro e Salvini, allora deputato, e ha pure votato a favore in commissione trasporti» – e da una parte – in verità silente – del Pd.
UNA POSSIBILE ALTERNATIVA esiste sulla formula giuridica: al posto della revoca si potrebbe utilizzare la «decadenza del contratto» che potrebbe avere ripercussioni finanziarie minori. Il decreto milleproroghe – che ha abbassato da 23 a 7 i miliardi di penale da pagare in caso di interruzione anticipata della concessione – dà a Conte la possibilità di farlo.
Ieri l’amministratore delegato di Aspi Roberto Tomasi ha voluto rendere pubblica l’ultima offerta. Una lettera di quattro pagine inviata al governo senza però rendere pubblici gli allegati che sostanziano i punti più importanti. In pratica l’unica miglioria sta nell’aumentare da 2,9 a 3,4 miliardi l’importo a proprio carico per le riduzioni tariffarie (1,5 miliardi), gli interventi di manutenzione fino al 2024 (1,2 miliardi) e la ricostruzione del viadotto sul Polcevera (700 milioni). La società però non ha accettato la proposta di manleva a fronte di danni civili che potrebbero essere richiesti da terzi al governo per le responsabilità sul crollo del Ponte Morandi.
IN PIÙ – E QUESTO È IL PUNTO dirimente – i Benetton ribadiscono di voler rimanere «soci» in Atlantia e non specificano nemmeno a quale percentuale sarebbero disposti a scendere diluendo il loro azionariato tramite aumento di capitale aperto a Cassa depositi e prestiti (Cdp) e il fondo pubblico infrastrutture (F2i) di cui fanno parte anche tutte le maggiori fondazioni bancarie.
Le parole di Conte hanno affossato in Borsa Autostrade per l’Italia: il titolo ha chiuso in calo del 15,1%. Forti gli scambi: passate di mano 12,6 milioni di azioni, contro le 3,3 milioni di venerdì.
PREPARANDOSI AL PEGGIO, Atlantia ha già convocato un consiglio di amministrazione per oggi, dopo il consiglio dei ministri, anche se si tratterebbe di una riunione non decisiva dalla quale non sono attese decisioni.
Gli analisti stimano in 19 miliardi l’«effetto default» che la revoca della concessione di Autostrade potrebbe provocare: circa 10 miliardi sono i debiti che la mancanza di risorse dovuta alla riduzione della penale prevista dal Milleproroghe avrebbe su Aspi mentre circa 9 miliardi sarebbe l’impatto a cascata sulla controllante (88%) Atlantia.
In mattinata si era fatta sentire la famiglia Benetton facendo filtrare un messaggio nel quale ricordava come «ha sempre rispettato le istituzioni: quando in passato è stata sollecitata ad entrare in diverse società (ricordando l’investimento poi saltato in Alitalia, ndr) – così come oggi». Con due di ritardo, oggi le istituzioni dovrebbero estrometterla.
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