Nell’agosto del 1969 Sabratha mi apparve bellissima: non caotica come Tripoli, non intimidente come Leptis Magna. Delle tre città antiche che hanno dato il nome alla Tripolitania, Sabratha era quella in cui il passato conviveva al meglio col presente: un’area archeologica estesa ma non smisurata, e accanto a essa una città non grande dove però si poteva trovare – certo, accontentandosi un po’ – tutto l’essenziale. Avevo vent’anni, e non stavo nella pelle: ero lì per cominciare il mio primo lavoro da archeologo. Sarei stato pagato come un vero professionista, anche se non ero ancora laureato (allora succedeva anche questo:...