Non si ferma l’avanzata dei combattenti kurdi peshmerga e dell’esercito regolare iracheno, aiutati dai raid degli Stati uniti nel Nord dell’Iraq e dall’invio di armi ai kurdi da parte dell’Unione europea. Esercito regolare, milizie sciite e kurdi combattenti hanno lanciato ieri l’offensiva per riconquistare Tikrit, città che sorge a 180 chilometri a nord di Baghdad, dall’11 giugno scorso nelle mani delle milizie radicali.
Tikrit è la città natale dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein, condannato a morte e impiccato il 30 dicembre 2006. Le forze sunnite leali a Hussein avevano lasciato l’esercito regolare con l’avvio dell’avanzata dei miliziani radicali dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) per combattere tra le fila dei jihadisti. Sul fronte siriano invece, l’aviazione di Damasco prosegue i suoi raid contro l’Isil ad Aleppo e Raqqa, capoluogo settentrionale siriano, conquistato dai jihadisti un anno fa.

Soldati e peshmerga avrebbero ripreso per alcune ore il centro di Tikrit, mettendo in fuga alcuni jihadisti. Tuttavia, la loro avanzata avrebbe trovato la resistenza degli islamisti radicali a sud di Tikrit. I miliziani dell’Isil avrebbero lanciato un fuoco di mitragliatrici e mortai che ha costretto le forze regolari ad arretrare, mentre le truppe che avanzavano verso Tikrit da ovest sono state fermate da mine e cecchini. Alcuni testimoni, sostengono che i radicali controllano ancora saldamente il centro della città.

Ieri mattina la strada che conduce alla diga di Mosul, sul fiume Tigri, appariva colma di detriti e ciarpame in seguito ai raid dello scorso lunedì. I kurdi hanno preso il controllo della diga, conquistata due settimane prima dai jihadisti dell’Isil. Dopo i combattimenti di Mosul, i peshmerga hanno tentato l’avanzata verso la cittadina di Wanna, 25 chilometri a sud. Mentre nella provincia meridionale di Al Anbar continuano i combattimenti tra l’esercito di Baghdad e le forze jihadiste. Il generale Atta ha inoltre ammesso che le truppe governative hanno respinto un tentativo dell’Isil di conquistare la città di Haditha, sull’Eufrate, grazie al sostegno di clan tribali locali. I miliziani dell’Isil avrebbero posizionato mine lungo la strada che conduce a Baghdad, mentre alcuni combattenti kurdi sono stati colpiti dal fuoco di cecchini.

Il presidente degli Stati uniti, Barack Obama, ha confermato che raid Usa avevano colpito le zone circostanti la diga di Mosul, controllate dai miliziani. Per Obama, la riconquista della diga è stato «un primo passo essenziale» per combattere i militanti estremisti e costruire una coalizione internazionale per far fronte alla crisi umanitaria. Il ministro della Difesa britannico, Michael Fallon, ha confermato un utilizzo più ampio dei jet della Raf, avviando un impegno che potrebbe durare «mesi», superando la natura umanitaria della missione.

D’altra parte, l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) ha lanciato ieri un ponte aereo di quattro giorni per raggiungere mezzo milione di profughi costretti alla fuga per l’aggravarsi della crisi in Iraq. Tende e prodotti stanno per essere consegnati alla popolazione di Erbil. I primi aiuti arriveranno con un ponte aereo attraverso la Giordania (Aqaba), altre derrate saranno distribuite via terra dalla Turchia e via mare dall’Iran e Dubai. Secondo l’Unhcr, sono 1,2 milioni gli iracheni costretti a lasciare le proprie case dal 2014: 500 mila per i combattimenti nella regione di Anbar e 600 mila per il conflitto che coinvolge le città di Mosul e Sinjar. Migliaia di bambini sono tra i 12 mila rifugiati iracheni che hanno trovato alloggio in un campo in Siria, dopo aver attraversato il confine tra i due paesi.

Ma anche sul fronte kurdo cresce la tensione. Un manifestante è morto e due sono rimasti feriti in scontri con le forze di sicurezza turche scoppiati nella provincia kurda di Diyarbakir, nel sud-est del paese. Gli scontri si sono registrati mentre veniva rimossa una statua di Mahsum Korkmaz, uno dei fondatori del Pkk. La statua di Korkmaz, morto in combattimento nel 1986, era stata eretta lo scorso anno in un cimitero di miliziani del Pkk nel distretto di Lice. Nei giorni scorsi l’ufficio del governatore di Diyarbakir ha ordinato la demolizione della statua, scatenando la reazione dei kurdi turchi.