Economia

E anche Prodi firma l’appello per una nuova Bretton Woods

E anche Prodi firma l’appello per una nuova Bretton Woods

Eurozona Ben 340 economisti chiedono a Renzi una conferenza internazionale per riscrivere le regole economiche del continente

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 24 ottobre 2014

Parte dall’Italia e con la firma pesante di Romano Prodi l’appello degli economisti per una nuova Bretton Woods. Un richiamo alla storica conferenza che nel 1944 diede vita all’attuale ordine mondiale economico – la nasciata dell’Fmi, il sistema di cambi basato sul dollaro – che parte da una triste constatazione: la crisi economica che non finisce mai ha prodotto danni come e forse più della seconda guerra mondiale. E soprattutto non accenna a passare.

Ecco quindi che oltre 340 economisti italiani decidono di lanciare un appello. Lo lanciano a Matteo Renzi in quanto presidente del consiglio del paese che sta portando avanti il semestre di presidenza europeo. Un semestre che aveva l’ambizione di «mettere al centro la crescita» e che invece sta passando senza far il famoso «cambiare verso» all’Europa. Per questo «prima che sia troppo tardi», il comitato promotore formato da Leonardo Becchetti (Roma Tor Vergata), Roberto Cellini (Catania), Paolo Pini (Ferrara), Alberto Zazzaro (Politecnica delle Marche) chiede a Renzi di convocare una conferenza internazionale per costruire nuove regole per l’Eurozona adatte all’epoca della globalizzazione. Il fallimento della politica europea di austerità sta sia nel perdita di milioni di posti di lavoro e della mancata crescita – effetti collaterali per i rigoristi che l’hanno propagandata – ma soprattutto nella mancata sostenibilità dei conti pubblici, suo obiettivo primario.

L’appello parte da una premessa precisa: a violare i trattati europei non ci sono solo i paesi con un rapporto deficit-Pil superiore al 3 per cento (Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Croazia, Slovenia e Polonia) ma anche la locomotiva rigorista Germania, che viola il limite di surplus nella bilancia commerciale. Dall’Italia, che invece fa parte delle nazioni che hanno un rapporto debito/Pil in forte crescita, dovrebbe quindi partire la richiesta di «scrivere regole nuove», «senza accontentarsi di negoziare deroghe».

L’appello in versione integrale

Dopo la premessa, si va al sodo. L’appello è diviso in sette punti. Si parte dalla richiesta di «un ruolo molto più attivo della Banca centrale europea sul modello delle banche centrali di Stati Uniti e Regno Unito che si spinga fino alle politiche di acquisto di titoli pubblici e privati». Il secondo punto è quello più coagente e propone una misura schock per i rigoristi tedeschi e nord europei: si tratta del cosiddetto piano Padre (politically acceptable debt restructuring in the Eurozone) proposto dall’economista francese Charles Wyplosz che prevede «un’operazione di ristrutturazione dei debiti dei paesi membri dove la Bce ne acquista la quota eccedente il 60% convertendola in titoli senza interesse che saranno ripagati negli anni dalle risorse da signoraggio – il battere moneta – spettanti a ciascun paese. Liberando di fatto importanti risorse, producendo un formidabile stimolo alla domanda interna di tutti i paesi. Con vantaggi per tutti, Germania inclusa».

Il terzo e il quarto punto sono strettamente legati al terzo: chiedono che le risorse liberate servano per piani pubblici di modernizzazione dei paesi per infrastrutture digigati e protezioni sociali con un vero e proprio «sussidio europeo di disoccupazione».

Gli ultimi tre punti invece riguardono l’armonizzazione e il varo di una vera e propria politica fiscale europea che si basi non sul risibile bilancio comunitario – l’1 per cento del Pil totale – ma puntando al 5 per cento. Il settimo e ultimo punto propone il superamento della Commissione europea e l’elezione «democratica dei propri rappresentanti nelle istituzioni europee non più esclusivamente su base nazionale», «in maniera tale che il benessere di tutti i cittadini europei sia posto al centro del processo decisionale in sede europea».

In calce all’appello ci sono già 340 firme di economisti e accademici del calibro – oltre a Prodi – di Luciano Gallino, Innocenzo Cipolletta, Mario Baldassarri e Michele Salvati. Ora si apre un comitato di garanzia internazionale per la sottoscrizione di colleghi stranieri. L’Italia dunque prova a cambiare verso. Renzi sarà dello stesso avviso?

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento