Economia

E anche la Germania precipita

E anche la Germania precipitaFrancoforte, protesta davanti la sede della Bce – Reuters

La crisi Pil -0,2%, negativo come quello italiano. Per il Paese di Angela Merkel è un duro colpo, ma non è certo in recessione come noi. La Francia, a crescita zero, chiede alla Ue più flessibilità. Matteo Renzi in piena «grandeur»: «Con le riforme l'Italia trainerà l'Europa fuori dalla crisi»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 15 agosto 2014

E così questa volta un voto basso in pagella l’ha avuto pure lei, la cancelliera Angela Merkel, con la sua Germania che è improvvisamente scivolata in crescita negativa. Un -0,2% nel secondo trimestre del 2014, stessa perdita che aveva segnato il nostro Pil qualche giorno fa, decretando per l’Italia la recessione. Ma la Germania non è certo inguaiata come noi, seppure in questa occasione abbia incassato, in pieno, i colpi della crisi.

I dati economici della locomotiva europea hanno addirittura superato, in negativo, previsioni già fosche: gli analisti si aspettavano infatti un -0,1%. Mentre dall’altro lato anche la Francia ha segnato una cattiva performance (registrando crescita zero), ed essendo il Paese guidato da Hollande messo parecchio peggio – almeno sul fronte dei conti pubblici – il suo governo ha subito chiesto maggiore flessibilità alla Ue.

La Francia, come noi, è in una situazione più difficile rispetto alla Germania: è al secondo trimestre consecutivo con crescita piatta, quando invece si aspettava un +0.1%. Il primo trimestre tedesco è stato ben diverso: è vero che l’aumento del Pil ieri è stato rivisto dallo 0,8% allo 0,7%, ma sempre di crescita si tratta.

La reazione più rilevante, quindi, è stata quella dei francesi: il governo ha preso atto del fatto che il paese è in stagnazione, tanto che il ministro delle Finanze Michel Sapin, in un’intervista al quotidiano Le Monde, ha corretto le stime per il 2014. Non un aggiustamento ma una revisione pesante, che vede la crescita fermarsi allo 0,5%, dimezzata rispetto al precedente obiettivo, che dava il prodotto interno lordo in rialzo dell’1%.

Ed ecco quindi le difficoltà per far tornare sui giusti binari il deficit, e la conseguente richiesta di Parigi alla Ue: l’esecutivo ammette che quest’anno il deficit supererà il 4% del Pil, sforando il target del 3,8%, già in deroga alle regole Ue.

Il ministro francese si appella a Bruxelles perché agisca «con fermezza e chiarezza adattando le sue decisioni alle circostanze profondamente particolari ed eccezionali». Sapin chiede di «adattare il ritmo di riduzione del disavanzo pubblico all’attuale situazione economica». La Francia lamenta pure un euro troppo forte, che danneggia l’export, e inoltre anche a Parigi, come a Roma, si teme la spirale deflattiva. La disoccupazione, infine, resta elevata: oltre il 10%, e per i giovani superiore al 22%.

Quindi il governo chiede che si riveda la road-map per tornare sotto il 3% nel rapporto deficit-Pil, cosa che sarebbe dovuta avvenire entro il 2015 (dopo un 2013 chiuso con un rosso del 4,3%). Le regole Ue, secondo Sapin, concedono margini di flessibilità in situazioni di difficoltà, come quelle attuali. Però il ministro detta anche una ricetta interna per tenere a bada i conti pubblici, fatta di riforme e spending review, con tagli da 50 miliardi. Su tutto una promessa: per far quadrare il bilancio non ci sarà un aumento delle tasse.

Sembra di sentire il governo italiano, a cui la flessibilità chiesta dai francesi fa molto comodo: anche se il premier Matteo Renzi ha sempre ripetuto che non intende varcare la fatidica soglia del deficit al 3%, facendone quasi un punto di onore.

Ma Renzi, ieri dal suo tour che lo ha portato nel Sud Italia, ha infatti utilizzato a suo vantaggio i dati tedeschi e francesi. Soprattutto quelli relativi al paese guidato da Merkel: «Per settimane abbiamo sentito parlare di scenari inquietanti sull’Italia perché abbiamo fatto -0,2%. Oggi è arrivato il dato che anche la Germania fa meno 0,2 – ha commentato il premier – Io farei a cambio volentieri, in termini di dimensioni economiche, con la situazione della Germania che è certamente più forte della nostra. Non è la percentuale dello “0 virgola” che mi preoccupa, l’ho sempre detto, ma a preoccuparmi è il clima di rassegnazione che c’è nella classe dirigente che dice “tanto le cose non cambieranno maì”».

Quindi un momento di grandeur: «Oggi l’Italia è nelle condizioni, facendo le riforme che deve, di essere guida in Europa e trascinare l’eurozona fuori dalla crisi».

Infine il premier ha aggiunto: «Se l’Istat, anziché dare i dati 9 giorni fa, li avesse dati oggi come hanno fatto tutti gli altri, avrebbe visto che la Germania ha fatto -0,2, esattamente come noi, e che il Giappone ha fatto -1,7, nove volte peggio di noi. Questo che cosa vuol dire, il noto principio mal comune mezzo gaudio? Tutt’altro. È l’idea di fondo, che se stai a lamentarti con il mondo, prendi a schiaffi l’aria ma non risolvi i problemi».

Per la cronaca va segnalato che a parte i paesi già citati, altri al contrario crescono: se l’intera Eurozona, in un preoccupante trend in frenata scende dal +0,3% di fine 2013, al +0,2% d’inizio 2014, e infine allo zero del trimestre primaverile, dall’altro lato va benissimo il Portogallo (+0,6% e 0,8% annuale).

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