Lo scontro tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo è ormai acclarato. Da giorni trapelavano tensioni, la novità è che adesso dentro al Movimento 5 Stelle non lo nega nessuno. E per uno dei testacoda cui la storia del M5S ci ha abituato in questi anni, succede che colui il quale un tempo era L’Elevato, che tutto disponeva e in virtù del cui potere assoluto si teneva unita la baracca, adesso diventa una specie di garanzia del pluralismo interno, un contrappeso alle tendenze centralizzanti che vengono imputate a Conte.

LA PRESENTAZIONE del nuovo statuto, rinviata prima a domani poi alla settimana successiva, è appesa al riavvicinamento tra il nuovo leader e il co-fondatore che chiede di rimanere garante del marchio e (pare) insiste sul mantenimento del tetto dei due mandati, anche se questo tema non dovrebbe essere compreso nella carta delle regole fondamentali oggetto della consultazione degli iscritti, si spera, entro il mese prossimo.

TRA I PARLAMENTARI pochi sono disposti a credere che il nuovo leader sia davvero disposto a chiudere le trattative e farsi il proprio partito personale, magari portandosi dietro un pezzo degli eletti 5 Stelle. Se Conte dovesse rompere, lo farebbe in nome dei sondaggi che gli assegnano un consenso personale che va ben oltre quello del Movimento 5 Stelle. E abbandonerebbe definitivamente una contenitore e un sistema di regole che continua a fare acqua dal punto di vista legale. Giusto ieri, ad esempio, il collegio dei probiviri dopo aver reintegrato l’espulsa consigliera regionale sarda Carla Cuccu ha annullato anche la sospensione disciplinare, dopo che quest’ultima aveva fatto ricorso alla giustizia civile dando origine alla vicenda della mancanza di un tutore legale del M5S in questa fase di transizione.

ALLO STESSO MODO, dopo le allusioni di Davide Casaleggio dei giorni scorsi, è emersa la concreta possibilità che alcuni iscritti possano far ricorso in seguito al voto, appellandosi al fatto che lo statuto vigente fino a che non viene approvato quello elaborato da Conte indica la piattaforma Rousseau come strumento unico e ufficiale di consultazione online. Da qui discende il paradosso del Comma 22 in salsa grillina dal quale potrebbero discendere grane ulteriori: per liberarsi di Rousseau Conte avrebbe dovuto usare la piattaforma Rousseau. Difficile, insomma, pensare che Conte non sia tentato di approfittare dell’ennesimo vicolo cieco per sbarazzarsi di tutto e ripartire da un foglio bianco. La cosa in fondo non dispiacerebbe a molti eletti che in queste ore ritirano fuori la massima di Grillo sul M5S «biodegradabile», che si sarebbe dissolto senza lasciare scorie una volta esaurita la propria missione originaria.

A QUESTO PUNTO i ritardi hanno già conseguenze concrete sulle prossime elezioni amministrative: dai territori aspettano di capire che simbolo usare (che il simbolo sia destinato a cambiare è una delle certezze) e chiedono di sapere chi lavorerà dai vertici alla composizione e al vaglio delle liste elettorali, compiti che nell’era precedente del Movimento 5 Stelle venivano assolti negli uffici milanesi della piattaforma Rousseau. Le due sindache uscenti di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino, si dicono certe che si troverà un compromesso tra i due leader. «C’è un confronto in atto e troveranno una soluzione – dice Raggi – ma credo che sia molto enfatizzato dai media. Sono fiduciosa, li ho sentiti entrambi, stanno discutendo su alcuni dettagli». «Spero che si possa continuare sul percorso che è stato identificato dal M5S e che si possano sciogliere gli ultimi nodi – le fa eco Appendino – È in corso un grande cambiamento ed è normale che ci sia qualche tensione, ma auspico che si possa concludere e il nuovo movimento possa essere presentato a breve». «Il M5S sa che ha bisogno di Giuseppe Conte», è la valutazione che viene da un parlamentare che considera inevitabile un accordo. Ma non mancano quelli che sperano che l’azione di Grillo serva a ridimensionare l’atteggiamento verticistico assunto da Conte fino ad oggi. «Beppe è bravissimo a condurre le trattative, la spunterà in qualche modo», si fa sfuggire allusivo un deputato al primo mandato.