Antonio Latella torna dopo qualche anno a un suo personaggio icastico, sempre a Napoli, non più nella saletta tempio della sperimentazione ma nel massimo luogo della scena napoletana, il teatro Mercadante (dove tra qualche mese lo spettacolo tornerà nella programmazione dello stabile). Ma a commissionargli lo spettacolo è stavolta il direttore stesso del Campania festival, Ruggero Cappuccio, che è anche autore della riscrittura del capolavoro di Cervantes, il notissimo e amatissimo Don Chisciotte. La «commissione» in qualche modo si sente: questo Circus Don Chisciotte si dilata infatti sull’intero spazio della storica istituzione, dal palcoscenico alla platea intera, lasciando agli spettatori la sola possibilità di affacciarsi dai palchetti, sforzandosi di rintracciare nelle loro parole una chiave più «potente» con cui inquadrare la contesa tra il cavaliere della Mancha e il suo astutissimo e filosofeggiante servitore.

È INNANZITUTTO una prova di bravura dei due interpreti, il Cavaliere Michelangelo Dalisi e il servitore Marco Cacciola, che si muovono in uno scenario evocativo quanto algido (al più malinconico). Sull’intero parterre infatti vengono fatti accomodare (e alla fine fatti cortesemente uscire) una ventina di figuranti, di cui non viene indicata funzione alcuna, se non appunto quella di «spettatori». Muti, siedono per tutto il tempo imperturbabili, ciascuno davanti a uno schermo: video, tv, computer delle più varie fogge e tipologie, diversificati solo per lo stile assai vario delle sedute su cui si posano, dalla squadrata sedia da ufficio alla più rococò delle poltrone. La imperturbabile fissità (o famelica «indifferenza») di tutti quei figuranti certo contribuisce a far risaltare lo sforzo dei due personaggi, duellanti a parole che come una guaina arrivano spesso a ottundere lo spettatore, che su quella realtà (e su quel mondo) si affaccia dall’alto.Una prova di bravura dei due interpreti, il Cavaliere Michelangelo Dalisi e il servitore Marco Cacciola, che si muovono in uno scenario evocativo quanto algido

LA AMBIENTAZIONE è da sempre fondamentale nel teatro di Latella: dalla tavolata su cui apparecchiare un Pilade di Pasolini alla passerella su cui far sfilare le violenze del Querelle palermitano di Fassbinder, fino alle otto ore di Hamlet ai piedi del pubblico la scorsa stagione al Piccolo. Qui il duello più acre è tra le ragioni e le furie del pensiero dei due eroi cervanteschi e l’abulìa sottomessa dei monitordipendenti seduti e muti. Una bella domanda per il teatro oggi, e sulla sua funzione. Da meditare e riflettere, prima che qualcuno, in questo Circus, ci accompagni più o meno gentilmente alla porta.