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Due Stati o uno? Israeliani divisi, palestinesi disperati

Due Stati o uno? Israeliani divisi, palestinesi disperatiSoldati israeliani al checkpoint di Qalandiya, Ramallah – LaPresse

Israele/Palestina Dopo l'incontro tra Trump e Netanyahu, un sondaggio dice che il 55% dei cittadini di Israele resta ancorato alla prima soluzione. I coloni: annettere senza uguaglianza. Abu Mazen nel mirino per l’incapacità di reagire nomina per la prima volta un suo vice dentro Fatah

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 18 febbraio 2017
Michele GiorgioGERUSALEMME

Il caos è enorme dopo l’uscita di Donald Trump che due giorni fa, di fatto, ha mandato in pensione il principio dei Due Stati per Israele e Palestina. Si dice tutto e il contrario di tutto in seno all’amministrazione.

L’ambasciatrice al Palazzo di Vetro, Nikki Haley, ha fatto retromarcia: gli Usa «sostengono la soluzione dei Due Stati ma servono idee fresche», ha detto. A Washington David Friedman, amico e finanziatore dei coloni israeliani in Cisgiordania, ha mostrato un volto insolitamente moderato, affermando di essere dalla parte dei Due Stati, per guadagnarsi l’approvazione del Senato alla sua nomina.

«La soluzione dei Due Stati, se fosse raggiunta, rappresenterebbe un beneficio enorme per israeliani e palestinesi», ha detto, scusandosi per la retorica delle sue affermazioni in campagna elettorale e promettendo toni più pacati.

Si alza un muro contro la “svolta” annunciata da Trump. Fioccano le critiche al presidente americano che si è sbarazzato in mezzo minuto del principio fondante di due decenni di diplomazia statunitense in Medio Oriente per aprirsi, ha spiegato, a qualsiasi soluzione di pace che sarà decisa dalle parti. Naturalmente il tycoon intende accettare solo quelle che saranno gradite a Israele.

I diretti interessanti invece ci ragionano sopra. «È salita al 36% la percentuale dei palestinesi dei Territori occupati che guardano alla creazione di uno Stato unico democratico (per ebrei e arabi, ndr). È un dato significativo, perché di pari passo cala il sostegno ai Due Stati graditi oggi solo dal 44% dei palestinesi intervistati».

Rispondendo alle nostre domande Hamada Jaber, analista del Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah, ieri sottolineava l’importanza dei dati emersi dal sondaggio svolto, tra israeliani e palestinesi, dal suo istituto assieme al centro Tami Steinmetz for Peace Research di Tel Aviv, e pubblicato due giorni fa.

Quei risultati indicano, ha aggiunto Jaber, «un netto spostamento nella direzione dello Stato unico, anche se l’appoggio a questa soluzione resta basso tra gli israeliani, il 19%». Secondo l’analista, «mentre la diplomazia è in panne e si mostra litigiosa, i leader politici farebbero meglio ad informarsi su ciò che pensano palestinesi e israeliani».

La soluzione a Due Stati «appare irrealizzabile ad un numero crescente di persone. Oggi il 55% degli israeliani e appena il 44% dei palestinesi hanno fiducia in quella formula, lo scorso giugno erano rispettivamente il 59% e il 51%. Inoltre l’80% degli israeliani e il 72% dei palestinesi non crede che sarà fondato uno Stato palestinese nei prossimi cinque anni».

L’idea di Stato unico per molti israeliani non coincide con quella dei palestinesi. Questi ultimi immaginano due popolazioni con eguali diritti. Invece per la destra al potere in Israele, o gran parte di essa, lo Stato unico esiste già e il governo dovrebbe proclamare l’annessione della Cisgiordania, senza – suggerisce il 46% di coloni – garantire diritti ai palestinesi.

Interessante la posizione espressa, prima dell’incontro tra Trump e Netanyahu, dal capo dello Stato di Israele Reuven Rivlin. Pur essendo un dirigente del Likud, il partito di maggioranza, Rivlin ha proposto l’annessione della Cisgiordania a Israele garantendo allo stesso tempo pieni diritti politici ai palestinesi.

Non è chiaro cosa intenda. Potrebbe essere uno sviluppo della sua idea dei “due parlamenti”, uno per gli ebrei e l’altro per i palestinesi, proposta qualche anno fa.

Allora era finito sotto il tiro di israeliani e palestinesi. I primi perché contrari ad “assorbire” anche i palestinesi oltre alla terra (il vero obiettivo), i secondi perché il progetto potrebbe nascondere un’apartheid di fatto.

Ai vertici dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) l’idea dello Stato unico resta un tabù. Al massimo viene agitata come una minaccia, per spaventare i leader politici israeliani ancorati all’idea sionista di Israele quale Stato solo degli ebrei.

Al presidente Abu Mazen in queste ore trema la terra sotto ai piedi. L’Anp è stata costituita nel 1994 per costruire le fondamenta dello Stato palestinese che però non è mai nato e ora è messo in discussione da Trump e Netanyahu.

Di fronte all’instabilità politica frutto dell’incertezza, Abu Mazen ha accettato la nomina a suo vice nel partito Fatah di Mahmoud al Aloul, l’ex governatore di Nablus che si candida a prendere il suo posto.

L’incarico ad al Aloul – per la prima volta in decenni – segnala la debolezza del presidente e infligge un colpo alle ambizioni di Marwan Barghouti, il leader più popolare di Fatah (in carcere in Israele) che aveva ottenuto il maggior numero di voti al recente congresso del partito.

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