Due per mille ai partiti, gli elettori in base al reddito
I dati Il ministero dell'economia rende pubbliche le cifre dell'ultima forma di finanziamento pubblico diretto prevista per partiti e i movimenti politici che accettano le regole di trasparenza. La sinistra va meglio nei Caf che nelle urne
I dati Il ministero dell'economia rende pubbliche le cifre dell'ultima forma di finanziamento pubblico diretto prevista per partiti e i movimenti politici che accettano le regole di trasparenza. La sinistra va meglio nei Caf che nelle urne
Al Pd 7 milioni, a Fratelli d’Italia 720mila euro, a Forza Italia 637mila, a Rifondazione comunista 550mila. Il ministero dell’economia ha diffuso i dati di quel che resta del finanziamento pubblico ai partiti, il due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche che i contribuenti da quattro anni possono scegliere di devolvere a partiti e movimenti politici. Non a tutti, solo a quelli che nel rispetto della legge del 2013 (governo Letta) accettano di comunicare alla Commissione per la trasparenza statuto e bilanci. I 5 Stelle per questo non ci sono e non accedono a questo finanziamento (ma a quello ai gruppi parlamentari, il più grande). E la Lega? Il partito di Salvini nelle dichiarazioni del 2018 (anno di imposta 2017) si è piazzato secondo dopo il Pd, con circa tre milioni di finanziamento mettendo insieme la vecchia veste di Lega Nord e quella nuova di Lega per Salvini. Per aver riscosso un finanziamento pubblico che non le spettava, il partito deve allo stato 49 milioni e li sta restituendo in 480 rate.
I contribuenti che hanno scelto di indicare un partito al quale devolvere il 2 per mille sono stati poco più di un milione (1.089.817) su oltre 40 milioni di (40.872.080), in calo dell’11% rispetto al 2017. Dal momento che l’anno scorso si è votato solo qualche mese prima (marzo) della stagione delle dichiarazioni dei redditi (maggio-giugno) è interessante verificare se c’è corrispondenza tra il consenso espresso nelle urne e quello davanti al centro di assistenza fiscale, non sempre è così. Il Pd se la cava decisamente meglio nelle dichiarazioni dei redditi (ha avuto il 45% circa di opzioni) che nelle urne (18,76% dei voti). Forza Italia clamorosamente peggio, 14% di voti a marzo e 3,6% di contribuenti a giugno. Oltre a un diverso tipo di militanza, i dati suggeriscono anche differenti relazioni con gli obblighi fiscali. La Lega per Salvini premier ha ricevuto esattamente la stessa percentuale di contributi che di voti: 17%, ma può aggiungere un 7,5% di contributi alla vecchia Lega Nord. Anche Fratelli d’Italia è stabile, 4,35% di voti e 5% di contribuenti a favore (percentuali riferite al complesso di quanti hanno indicato l’opzione). La sinistra va meglio nei caf che nei seggi: il 6,2% di contribuenti ha scelto di aiutare uno tra Mdp, Sinistra italiana e Possibile, mentre Leu il 4 marzo si è fermata al 3,39%. Ancora meglio Rifondazione comunista che alle elezioni in quanto tale non c’era ma può attribuirsi una parte dell’1,13% andato a Potere al popolo: ha raccolto quasi il 5% delle opzioni a favore.
Da questi dati si può risalire al contribuente-elettore tipo. Attraverso l’aliquota media e l’imposta media, risulta che i contribuenti con il reddito più alto sono quei pochi che hanno destinato il contributo a Forza Italia (circa 33mila euro di reddito imponibile), seguiti dai tanti che hanno indicato il Pd (28mila euro imponibili), e poi dai sostenitori di Leu (25mila). Ultimi, con un reddito imponibile medio più basso, i supporter della Lega (22mila). L’unico partito che concentra in tre regioni più del 60% di contribuenti a favore: Piemonte, Lombardia e Veneto.
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